Armenia-Azerbaijan, sono ripresi gli scontri tra i due Paesi dopo due anni di tregua

di Emilia Morelli

 

Un conflitto di cui si sente parlare troppo poco,  nella notte di martedì 13 settembre sono riprese le ostilità tra Armenia e Azerbaijan. Il conflitto per la conquista del territorio del Nagorno-Karabakh dura da oltre trent’anni , è iniziato nel 1991 e, nonostante nel tempo vi siano state diverse interruzioni,  dopo due anni in cui pareva sopito è ripreso con la furia devastante tipica delle guerre. Questa volta, sembra, però che l’attacco dell’Azerbaijan non abbia colpito la regione contesa ma direttamente territori dello Stato armeno.

Non è chiaro cosa sia stato a riaccendere la scintilla, entrambe le parti si accusano a vicenda. Ciò che appare, invece, fuori discussione è che il numero delle vittime è drammaticamente in aumento. Soltanto nel corso del primo giorno di scontro la capitale dell’Armenia, Yerevan, conta 49 vittime mentre la capitale dell’Azerbaijan, Baku, non fornisce dati ufficiali ma conferma di aver subito perdite. Il Guardian ha riportato il comunicato del ministero della Difesa azero in cui si legge: “Diverse posizioni, rifugi, punti di rinforzo delle forze armate dell’Azerbaijan sono state sottoposte a intensi bombardamenti da parte delle unità dell’esercito armeno, con armi di vario calibro, compresi mortai. Di conseguenza abbiamo subito perdite di personale e danni alle infrastrutture militari”.

Al momento si assiste ad una situazione di forte instabilità. Il governo azero ha dichiarato che le forze armene, da tempo, avevano avviato operazioni di intelligence  e spostato le truppe nella zona di confine. L’ Armenia si è giustificata affermando che le truppe erano state spostate solo ai fini di un’esercitazione e si sono trovate a dover rispondere ad un attacco “su larga scala” da parte dell’Azerbaijan.  Il Coordinamento delle organizzazioni armene in Italia ha diffuso un comunicato stampa in cui si denuncia che “gli azeri utilizzano armi pesanti e droni da bombardamento di fabbricazione turca e israeliana e stanno mirando ad obiettivi civili e militari. Ci sono città e paesi in fiamme”. Il comunicato prosegue, inoltre, specificando che questa volta l’attacco non riguarda la regione del Nagorno-Karabakh ma è “un attacco al territorio di un Paese membro dell’Onu e del Consiglio d’Europa” e si tratta di un’aperta aggressione “da parte di un Paese dittatoriale ad uno democratico preceduto nei giorni scorsi dai consueti richiami di Baku alle provocazioni armene e l’afflusso di mezzi e uomini lungo il confine con l’Armenia”.

Il rischio, oltre alle perdite di vite umane e la devastazione, è che il conflitto degeneri rapidamente valicando i confini dei due Paesi coinvolti. L’Azerbaijan ha comunicato di aver chiesto il supporto militare russo in forza di un accordo di cooperazione tra i due Paesi e di  essersi rivolta alle Nazioni Unite e, allo stesso tempo, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha interpellato il presidente russo, Vladimir Putin, il presidente francese, Emmanuel Macron, e il segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken per discutere della situazione.

Per comprendere le ragioni del conflitto occorre tornare indietro al settembre 1991, quando dopo la caduta dell’Urss la regione del Nagorno- Karabakh ha dichiarato la propria indipendenza che però non è stata riconosciuta dall’Azerbaijan. Il mancato riconoscimento è immediatamente degenerato in conflitto militare e ha condotto alla scissione della regione. In oltre trent’anni sono stati numerosi i tentativi di conciliazione tra i due Paesi ma si sono rivelati tutti vani. Nel 2017 la regione contesa si è autoproclamata indipendente e si è definita la Repubblica dell’Artsakh,  da allora l’apice del conflitto si è avuto nel 2020 quando in una sanguinosa guerra di sei settimane hanno perso la vita 6.500 persone. La guerra sembrava terminata grazie all’intervento russo che ha mediato un cessate il fuoco. Successivamente l’Azerbaijan ha ripreso il pieno controllo della regione del Nagorno-Karabakh, ma com’è evidente è bastato poco per rimbracciare le armi. Ciò che appare, comunque, quantomeno bizzarro è che il conflitto sia riiniziato proprio quando la Russia si trova in difficoltà nella guerra in Ucraina.

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