Australia, il neo premier sul Pacifico: stessi obiettivi, ma diverso approccio

La politica estera di Anthony Albanese non è diversa da quella del suo predecessore conservatore: entrambi vogliono contrastare l’ascesa cinese nel Pacifico, aumentare la spesa per la difesa ed essere membri attivi del Quad e dell’Aukus

di Marco dell’Aguzzo

Il nuovo Primo Ministro dell’AustraliaAnthony Albanese, ha detto che le isole del Pacifico hanno accolto positivamente la politica di engagement lanciata immediatamente dal suo Governo per rispondere al tentativo della Cina di espandere la propria influenza nella regione.

Dopo aver firmato un patto sulla sicurezza con le Isole Salomone, tra le preoccupazioni australiane e statunitensi, sabato scorso Pechino ha raggiunto un accordo con le Samoa per il rafforzamento dei rapporti diplomatici ed economici. Sempre sabato la Ministra degli Esteri australiana Penny Wong era alle Figi per incontrare il capo del Governo, Frank Bainimarama.

Nella sostanza, la politica estera del laburista Albanese non è diversa da quella del suo predecessore, il liberal-conservatore Scott Morrison: nonostante l’opposta collocazione politica, entrambi vogliono infatti contrastare la proiezione cinese nel Pacifico, aumentare la spesa per la difesa (sopra il 2% del Pil) ed essere membri attivi del Quad e dell’Aukus. C’è una differenza di approccio, però: mentre Morrison aveva fatto alterare le nazioni pacifiche parlando della regione come del “cortile di casa” di Canberra, Albanese propone una cooperazione tra pari. Il nuovo Primo Ministro ha detto di avere un “piano completo” per il Pacifico fatto di addestramento militare, di supporto per la sicurezza marittima, di aiuti economici e di misure di sostegno contro i cambiamenti climatici.

Ieri il quotidiano australiano Sydney Morning Herald ha scritto che oltre cento elementi dei corpi di difesa australiani andranno in Papua Nuova Guinea per tenere un’esercitazione militare e per aiutare il paese a difendersi dagli attacchi informatici, in vista delle elezioni di luglio prossimo. Durante quelle del 2017 si verificarono degli scontri, nei quali morirono oltre duecento persone; il risultato del voto, inoltre, fu molto contestato.

Michael Shoebridge, direttore del programma sulla difesa e la sicurezza all’Australian Strategic Policy Institute, ha detto al Sydney Morning Herald che è importante salvaguardare l’integrità del processo elettorale in Papua Nuova Guinea per evitare nuove violenze e contestazioni del risultato. “La Cina”, ha dichiarato, “ha un passato di interferenze cibernetiche, inclusi l’hacking e la raccolta [di dati] con mezzi tecnici e digitali”.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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