Black Lives Matter: storia di movimento che sta cambiando la lotta al razzismo

di Gaia Stanzani

Roma  – Black Lives Matter è diventato uno slogan contro il razzismo che troneggia a livello globale sulle testate giornalistiche e sui social media. Ma il movimento risale a molto prima della morte di George Floyd, e precisamente al 2013.  Come indicato in una lettera postata sul sito web di Black Lives Matter scritta dal Co-fondatore Patrisse Khan-Cullors, il movimento è nato digitalmente con l’hashtag #blacklivesmatter. Patrisse Khan-Cullors creò l’hashtag in reazione all’archiviazione del seguente atto di violenza razziale: George Zimmerman, un uomo bianco che aveva sparato e ucciso Trayvon Martin, un ragazzo di colore di 17 anni, fu assolto.

Il moviment fondato da tre donne di colore: Patrisse Khan-Cullors, Alizia Garza e Opal Tometi nasce di fatto dall’unione di un sentimento femminista ed antirazzista. Come evidenziato da Aleem Maqbool in un suo articolo per la BBC, il movimento si basa sulla nozione di Ella Baker di leadership collettiva che alimenta un “attivismo collettivo di massa” e non un attivismo guidato da un leader singolo come Martin Luther King. Infatti, il sito web Black Lives Matter pone l’accento su una dimensione inclusiva e globale. Il movimento ha raggiunto il suo apice di notorietà negli ultimi mesi, in un momento di crisi e vulnerabilità globali che hanno posto in evidenza una ingiustizia sociale preesistente, scatenando così il disagio sociale. In un suo articolo sul Financial Times, Charlie Brinkhurst-Cuff sostiene che la disparità razziale nel tasso di mortalità Covid-19 e nelle condizioni di quarantena nel Regno Unito, ha evidenziato l’ineguaglianza razziale  nel paese di cui hanno parlato i social media.

Il recente isolamento globale ha attivato una crescita esponenziale dell’uso dei social media e dell’uso di internet. Proprio per questo motivo, il video della morte di George Floyd si è diffuso con estrema rapidità, provocando profonda indignazione e ponendo alla ribalta la tematica della brutalità della polizia, scatenando proteste in tutta Europa non soltanto in nome di George Floyd ma anche di Breonna Taylor, Eric Garner e Michael Brown. Il movimento è stato così battezzato da Larry Buchanan, Quoctrung Bui e Jugal K. Patel in un loro articolo per il New York Times “il più grande movimento nella storia degli USA” : negli Stati Uniti hanno aderito alle proteste anti razziste legate alla morte di George Floyd, fra i 15 ed i 26 milioni di persone.

Come evidenziato dal New York Times, la motivazione di questa adesione esorbitante non è unicamente dovuta alla presenza del movimento nei social media ma anche all’appoggio pubblico di grandi organizzazioni quali N.F.L e NASCAR. Come indicato da Ryan Tarinelli nel suo articolo per il New York Journal, l’obiettivo del movimento di portare avanti una concreta riforma legislativa e strutturale sta progressivamente avanzando grazie all’abrogazione di una legge che secretava gli archivi disciplinari della polizia e ad una serie di altre riforme nel settore attivate dalle proteste.

Tuttavia, secondo alcuni, la portata digitale globale e la divulgazione mediatica del movimento hanno dato luogo ad una problematica banalizzazione della ingiustizia razziale, perdendo così di vista gli obiettivi posti dal sito web del Black Lives Matter, ovvero il definanziamento della polizia e una riforma legislativa equa. Il timore da parte di alcuni è che il movimento diventi un fenomeno di tendenza, similmente al movimento Hollywoodiano “time’s up”, con un effetto mainstreaming di una tematica razziale importante ove un cambiamento reale viene schiacciato dall’attivismo spettacolare delle celebrità e da marchi che commercializzano l’anti razzismo.

Un esempio al riguardo – come citato da BBC News –  è l’iniziativa dei Washington Red Skins di cambiare il loro nome spinti dai loro sponsor, fra i quali Pepsi e Fedex. In un suo articolo per il The Guardian, Nosheen Iqbal sottolinea proprio questo aspetto, asserendo che iniziative come Black out Tuesday e decisioni di marketing razzialmente inclusive prese in nome di Black Lives Matter distolgono l’attenzione dal focus del movimento; allontanandosi da questioni reali e presenti quali l’atteggiamento di parte della polizia contro gli uomini di colore, atteggiamento che ha portato a fermare e perquisire il 30% dei giovani uomini di colore nel Regno Unito durante il lockdown.

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