Cartabia: “L’eccessiva durata dei processi è una sconfitta per tutti, l’obbiettivo cruciale è ridurre i tempi della giustizia”

di Carlo Longo

“L’anno della giustizia 2021 è stato guidato in larga misura dai due fattori di contesto che hanno dominato in tutto il sistema paese: la pandemia; la pianificazione PNRR e la sua prima attuazione. Due elementi che da un lato hanno posto continui imprevisti, sfide e problemi, ma dall’altro hanno anche offerto una serie di opportunità e di spinte al cambiamento”, con queste parole la ministra  della Giustizia, Marta Cartabia, ha introdotto la relazione sull’amministrazione della giustizia in Aula al Senato.  Durante la relazione la ministra ha ripercorso sutti i provvedimenti che sono stati emanati durante l’ultimo anno.

Anzitutto Cartabia ha contestualizzato gli interventi effettuati sottolineando: “mentre l’emergenza sanitaria premeva, con tutte le sue imperiose criticità, abbiamo messo a punto progetti e riforme strutturali a lungo termine, connessi agli obiettivi e alle opportunità offerte dal piano nazionale di ripresa e resilienza, in modo da avviare il nostro sistema giustizia verso le grandi linee di modernizzazione concordate con le istituzioni europee”.

Uno, se non il principale, problema della giustizia italiana attiene all’eccessiva durata dei processi. In proposito la ministra ha dichiarato: “l’azione del Ministero è stata determinata verso un obiettivo cruciale: riportare i tempi della giustizia verso la ragionevolezza come prevede la Costituzione e l’UE. I processi irragionevolmente lunghi rappresentano un vulnus per tutti”. Per questo” l’azione del Ministero della giustizia è stata orientata con determinazione verso un obiettivo che ho ritenuto cruciale: riportare i tempi della giustizia entro limiti di ragionevolezza”. L’obiettivo è stato perseguito tenendo conto “delle necessarie risorse umane, materiali, strumentali, per permettere alle procure e ai giudici lo svolgimento della loro altissima funzione”.

L’eccessiva durata dei processi, come evidenziato da Marta Cartabia, si ripercuote negativamente su tutte le persone coivolte. In particolare l’effetto distorsivo di una sentenza che interviene trascorso molto tempo dai fatti rappresenta una sconfitta per tutti: “per gli indagati e per gli imputati, che subiscono oltre il necessario la pena del processo e il connesso effetto di stigmatizzazione sociale. Per i condannati, che si trovano a dover eseguire una pena a distanza di tempo, quando ben possono essere persone diverse da quelle che hanno commesso il reato. Per gli innocenti, che hanno ingiustamente subito oltre misura il peso di un processo che può aver distrutto relazioni personali e professionali. E soprattutto per le vittime e per la società, che non ottengono in tempi ragionevoli un accertamento di fatti ed eventuali responsabilità, come è doveroso in un sistema di giustizia che aspiri ad assicurare la necessaria coesione sociale”, ha dichiarato la guardasigilli.

A fronte della consapevolezza che ai principi enunciati debbano fare seguito azioni concrete la ministra della Giustizia ha aggiunto: “C’è carenza di spazi adeguati e risorse umane. I grandi e nobili principi costituzionali e europei hanno bisogno di solido realismo e di pragmatica concretezza per non ridursi a vuota retorica. I grandi principi hanno bisogno di risorse, spazi, strumenti informatici funzionanti e edifici agibili. Sembrano cose scontare ma non lo sono nel nostro sistema attuale. Il ministero sta agendo in questo senso in continuità con l’operato del ministero precedente. Spettano al Ministero l’organizzazione e il mantenimento dei servizi per la giustizia”.

La ministra si è, poi, soffermata sull’importante ruolo del Pnrr. “Abbiamo messo a punto progetti e riforme strutturali connesse agli obiettivi del Pnrr, in modo da avviare il sistema verso le grandi linee di modernizzazione delle linee europee: l’obiettivo è arrivare entro 5 anni a un abbattimento del 40% dei tempi per il processo civile e del 25% di quello penale. Siamo avanti con gli obiettivi fissati per il 2021. All’Italia non si chiedono interventi ‘tampone’ destinati a esaurirsi nell’orizzonte temporale del Piano, ma uno sforzo preordinato ad un miglioramento definitivo. Del resto, sappiamo bene che la modernizzazione e l’efficienza del sistema giudiziario incidono direttamente sulla solidità economica del Paese: tra gli studi, uno recente di Banca d’Italia stima che la riduzione della durata dei processi di circa il 15% porti all’ aumento di almeno mezzo punto percentuale del Pil. E inoltre la maggiore efficienza del sistema giudiziario stimola gli investimenti interni ed esterni e indirettamente migliora le condizioni di finanziamento per famiglie e imprese. Anche questa la posta in gioco, dunque”.

La ministra Cartabia inoltre ha parlato dell’impatto della pandemia sulla giustizia affermando che “Le emergenze si sono susseguite senza interruzione: e quest’ultima ondata di contagi ha acuito ulteriormente le criticità. Ma ogni giorno abbiamo cercato nuovi rimedi ai sempre nuovi problemi, abbiamo ricominciato, abbiamo incessantemente re-inventato il nostro modo di lavorare”. La ministra ha poi ringraziato” sentitamente magistrati, avvocati, personale amministrativo, la polizia penitenziaria e tutto il personale degli istituti penitenziari, i volontari che hanno continuato a far funzionare la macchina della giustizia e dell’esecuzione penale, con spirito di adattamento e senza sottrarsi a rischi non trascurabili”.

La guardasigilli ha continuato parlando degli interventi necessari a migliorare il sistema giudiziario. In primo luogo una riforma dell’ergastolo ostativo. “In materia di giustizia penale, tra le riforme ancora da attuare non possiamo dimenticare quella sul 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario, che so essere di prossima discussione in Commissione giustizia alla Camera: a maggio scadranno infatti i 12 mesi di tempo dati dalla Corte Costituzionale al Parlamento per intervenire sulla materia, nel rispetto dei principi costituzionali e salvaguardando le specificità e le esigenze del contrasto soprattutto alla mafia e alla criminalità organizzata in generale”. In secondo luogo la necessaria riforma del Csm. “Sono certa che nelle prossime settimane potremo progredire nella scrittura anche di questo atteso capitolo di riforma, che il Pnrr ci impegna ad approvare entro il 2022. La Camera ha già calendarizzato la discussione in aula e quella scadenza dovrà essere rispettata. Per parte mia continuerò, come ho fatto nei mesi scorsi e come ben sanno tutti coloro con cui ho avuto interlocuzioni sul tema, a dare la mia massima disponibilità per accelerare il corso di questa riforma e per sollecitarne l’esame da parte dei competenti organi del Governo”, ha dichiarato Cartabia.

La ministra è poi intervenuta sul tema dei femminicidi: “troppi i drammi che originano in ambito domestico. Troppo spesso un insufficiente coordinamento tra le autorità procedenti rende inefficace l’intervento di tutti. E riduce la possibilità di intuire e prevenire conseguenze anche fatali. Di qui l’esigenza di intervenire con una profonda riforma delle procedure e dell’organizzazione giudiziaria, innanzitutto per incrementare le garanzie processuali dei soggetti fragili e allo stesso per tutelare l’operato dei giudici minorili, su cui troppo spesso sono ricadute le carenze complessive del sistema”, ha aggiunto.

Marta Cartabia, infine, ha affrontato altri due enormi problemi che affliggono il sistema giudiziario: la violenza e il sovraffollamento delle carceri. “Se vogliamo farci carico fino in fondo dei mali del carcere, in primo luogo perché non si ripetano mai più episodi di violenza, ma più ampiamente perché la pena possa davvero conseguire la sua finalità, come prevista dalla Costituzione, occorre concepire e realizzare una strategia che operi su più livelli: gli improcrastinabili investimenti sulle strutture penitenziarie, un’accelerazione delle assunzioni del personale, una più ricca offerta formativa per il personale in servizio e la diffusione dell’uso delle tecnologie, tanto per le esigenze della sicurezza, quanto per quelle del trattamento’ dei detenuti”, ha affermato la ministra aggiungendo,  “La pandemia ha fatto da detonatore di questioni irrisolte da lungo tempo. Questi anni sono stati durissimi. Le tensioni, le paure, le incertezze, l’isolamento che tutti abbiamo sperimentato erano e sono amplificati dentro le mura del carcere. Per tutti: per chi lavora in carcere e per chi in carcere sconta la sua pena. Il primo e più grave tra tutti i problemi continua ad essere il sovraffollamento: ad oggi su 50.832 posti regolamentari, di cui 47.418 effettivi, i detenuti sono 54.329, con una percentuale di sovraffollamento del 114%. È una condizione che esaspera i rapporti tra detenuti e rende assi più gravoso il lavoro degli operatori penitenziari, a partire da quello della polizia penitenziaria, troppo spesso vittima di aggressioni. Sovraffollamento significa maggiore difficoltà a garantire la sicurezza e significa maggiore fatica a proporre attività che consentano alla pena di favorire percorsi di recupero. Con l’attuazione della legge delega in materia penale si svilupperanno le forme di esecuzione della pena diverse, alternative al carcere, soprattutto in riferimento alle pene detentive brevi”. E sulle strutture edilizie ha chiarito: “Naturalmente occorre fare molto anche per le strutture edilizie. In quest’ottica, nell’ambito dei fondi complementari al PNRR, è stata prevista la realizzazione di otto nuovi padiglioni. Nuove carceri, nuovi spazi, non può significare solo nuovi posti letto. Per il triennio 2021-2023, abbiamo anche previsto circa 381 milioni per le indispensabili ristrutturazioni e l’ampliamento degli spazi. Da mesi, mi sto adoperando molto anche sull’urgente tema della salute mentale in carcere”.

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