Cile: la scommessa di una costituzione che rompe con il passato

di Annachiara Mottola di Amato

Il Cile, dopo le proteste di piazza dell’ottobre 2019, ha iniziato un processo di ripensamento complessivo del sistema politico istituzionale. Per i manifestanti, scesi per le strade della capitale contestando l’aumento dei prezzi, era difficile immaginare che si sarebbe arrivati ad una nuova Costituzione. L’ondata di dissenso che ha percorso il Paese è stata tale, infatti, da costringere l’esecutivo liberal conservatore di Sebastián Piñera a una mossa obbligata .

Il governo ha dato al popolo cileno la facoltà di scegliere , attraverso referendum,  se dotarsi o meno di una nuova Costituzione , sostituendo, in caso di esito affermativo, la Magna Carta del 1980, ereditata dall’epoca di Augusto Pinochet.  Il referendum, svoltosi il 25 ottobre 2020, il primo dell’era post-dittatoriale,  ha visto la vittoria schiacciante del fronte “Apruebo” (Approvo), con il 78% dei voti. Contestualmente il popolo cileno ha scelto l’organo incaricato a svolgere questo delicato compito, optando per l’elezione di una Assemblea Costituente. I 155 membri di questa Assemblea sono stati eletti a maggio 2021 e, da allora, il loro lavoro non si è mai fermato.

Si tratta di un compito storico a cui sono chiamati i membri dell’Assemblea Costituente cilena: la riscrittura dell’ordinamento politico istituzionale cileno, in cui è racchiusa l’essenza dello Stato.

E’ un lavoro faticoso con cui il Paese spera di voltare pagina una volta per tutte rispetto all’ingombrante passato, ma rappresenta anche una incredibile opportunità. Oggi, per uno Stato, riscrivere la propria Carta vuol dire avere la possibilità di ripensare la scala di valori, diritti, vocazioni inserendone nuovi o cambiandone la gerarchia, in base alle nuove priorità, ai nuovi conflitti, alle nuove esigenze di una società in perenne cambiamento.

Nel caso del Cile, in particolare, le questioni da affrontare sono molte, in primis la ridefinizione del rapporto tra lo Stato e i popoli indigeni che, finalmente rappresentati in seno alla Costituente con 17 seggi, spingono nella direzione di uno Stato plurinazionale e interculturale. In Cile, infatti, a differenza di altri stati del continente latino americano come Bolivia ed Ecuador, non vi è mai stato un riconoscimento a livello istituzionale dei diritti specifici, e quindi di un regime di autonomia, nei confronti dei popoli indigeni (mapuche, quechua, aymara, rapa nui). Sulla questione si è già espressa con decisione l’Assemblea Costituente approvando due articoli del nuovo testo, nel segno di un effettivo riconoscimento dei diritti dei popoli originari.

“Il Cile è uno Stato regionale, plurinazionale e interculturale composto da entità territoriali autonome, in un quadro di equità e solidarietà tra tutti, preservando l’unità e l’integrità dello Stato”- si legge in una delle norme approvate- e, ancora, “Lo Stato è organizzato territorialmente in regioni autonome, comuni autonomi, autonomie territoriali autoctone e territori speciali”. Quest’ultima norma, in particolare, modifica il sistema attuale, rigidamente unitario, che prevede 16 regioni senza autonomia.

L’approvazione di queste norme dimostra come l’asse politico della Costituente sia nettamente inclinato a sinistra e spinga per forti cambiamenti. Tuttavia, il fatto che si tratti di una delle poche decisioni importanti prese dalla Costituente finora, a pochi mesi dal mandato di scadenza dei lavori previsto per luglio 2022, lascia intravedere una strada ancora lunga e in salita. Accanto al macro tema dei diritti, rimangono da affrontare tante altre questioni: i pilastri economici della nuova Costituzione, le modifiche della struttura del Senato, le modalità del decentramento, fino al tema cruciale delle risorse, rispetto al quale si delineano diversi scenari possibili.

C’è la proposta dell’acqua come bene pubblico, sostenuta a gran voce già dal movimento di protesta del 2019, per porre fine all’attuale regime di privatizzazione delle risorse idriche. E, ancora, quella del riconoscimento di fiumi e corsi d’acqua come soggetti di diritto, strumento utile per far fronte agli effetti disastrosi di un rapporto uomo-ambiente improntato sullo sfruttamento.

Il tempo, però, è poco e, nonostante il lavoro senza sosta dei costituenti, avere un testo completo per il 4 luglio, data fissata per lo scioglimento dell’Assemblea, sembra un’utopia. E’probabile, pertanto, che si ricorra a un proroga del mandato. Il testo, una volta finita la fase di scrittura e approvazione, verrà poi sottoposto ad un referendum popolare, per cui è prevista la partecipazione obbligatoria del popolo cileno, affinché questo si esprima sulla norma fondamentale del Paese.

Anche se il processo costituente non si è ancora concluso, l’elezione a Primo Ministro di Gabriel Boric, leader di sinistra delle proteste del 2019 e le scelte progressiste nella composizione del suo Governo rendono evidente la volontà del Paese di guardare avanti in modo radicale.

Per comprendere la portata dei cambiamenti in atto in Cile sarà decisivo il testo finale della nuova Costituzione, così come il modo in cui il Governo di Boric deciderà di affrontare le numerose sfide politiche.

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati