Cina, ok all’uso dei militari per la difesa degli interessi all’estero

Xi Jinping firma una norma che da oggi permetterà l’intervento militare in contesti non prettamente bellici allo scopo di “mantenere l’ordine sociale”. Si aspettano reazioni da parte degli Stati Uniti

di Matteo Meloni

Dopo l’incontro al meeting Shangri-La di Singapore tra il Segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin e il Ministro cinese Wei Fenghe, si aprono nuovi orizzonti per Washington e Pechino, che confermano il desiderio nel tenere aperto il dialogo tra le due sponde del Pacifico, ma rimanendo sulle rispettive posizioni. Tuttavia, a distanza di poche ore dall’incontro nella città-Stato del Sud-est asiatico, giunge notizia della decisione del Presidente Xi Jinping di estendere all’estero le capacità militari dell’esercito al di fuori di contesti belligeranti. Si attendono reazioni dagli Stati Uniti sulla decisione del Partito comunista cinese.

In sostanza, la Repubblica popolare potrà intervenire per “proteggere le proprietà, tutelare la sovranità nazionale, la sicurezza, lo sviluppo degli interessi e la stabilità regionale” con attività militari in tempo di pace. E lo potrà fare in base a una nuova legge, composta da 59 articoli e 6 capitoli, che entrerà in vigore nella giornata di oggi, offrendo così un piano giurisdizionale per le eventuali future azioni di Pechino, con occhio di riguardo proprio all’area del Pacifico. Recentemente, la Cina ha sottoscritto con le Isole Salomone uno storico accordo di sicurezza che permetterà al Partito comunista di inviare soldati per “mantenere l’ordine sociale”.

Proprio a riguardo è intervenuto Collin Beck, tra i diplomatici di Honiara che ha trattato con Pechino l’agreement sottoscritto nelle scorse settimane. Intervistato dal quotidiano britannico The Guardian, ha parlato di “necessità di indirizzare i pericoli per la sicurezza interna”, come la veloce crescita della popolazione che, a sua volta, porta al bisogno di maggiore supporto economico per la nazione del Pacifico. Da qui l’accordo con la Cina, che permetterà a Pechino l’invio di polizia, polizia armata, personale militare e l’implementazione di altre misure per proteggere le proprietà e la vita dei suoi abitanti, come si evince dall’accordo.

“Ma — specifica Beck, Permanent Secretary of Foreign Affairs delle Isole Salomone — a tutti i costi, non dobbiamo mai e poi mai far entrare in funzione tali misure di sicurezza”, respingendo la possibilità, circolata tra gli ambienti mediatici, che la Cina possa edificare una presenza militare permanente. Lo Stato del Pacifico è tra quelli che più patisce i cambiamenti climatici, avendo già perso ben cinque isole a causa dell’innalzamento dei mari e della continua erosione, in espansione, che ha causato la distruzione delle abitazioni di numerosi abitanti.

A questo, si aggiungono conseguenti proteste della popolazione, in un clima sociale a dir poco esplosivo, con una cronica e grave disoccupazione che vede 18mila giovani ogni anno alla ricerca di lavoro. Sono inoltre vive tensioni fortissime tra diverse comunità. “Stiamo andando verso 2.7 gradi di riscaldamento globale. Cosa significa? Che ci saranno altre isole sommerse, un impatto negativo sull’economia, sul turismo, sul mondo della pesca. Ecco perché — prosegue il diplomatico — abbiamo bisogno di più partnership, non meno”.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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