Corno d’Africa: l’Europa in mano ai lobbisti? La strana parabola dell’ambasciatore Rondos

Alexander Rondos

di Ennio Bassi

Chi è Alexander Rondos? Personaggio poco noto all’opinione pubblica internazionale, questo ambasciatore greco di 67 anni in realtà è una persona molto potente avendo relazioni dirette praticamente con tutte le cancellerie europee. Fino al 31 agosto del 2020 era il Rappresentante Speciale dell’Unione Europea nel Corno d’Africa mentre ora, di fatto, sembra che lavori anche come lobbista a Bruxelles. E per chi lavorerà mai oggi questo diplomatico che dal primo gennaio del 2012, cioè per otto anni, ha ininterrottamente rappresentato gli interessi europei in una delle aree più strategiche di tutta l’Africa? Dalla storica sede della Commissione Europea, cioè lo Charlemagne building, raccontano, chiedendo l’anonimato, che Rondos lavora per i Tigrini, vale a dire la minoranza etnica che per 20 anni ha dominato e governato l’Etiopia e che ora, dopo aver perduto le elezioni, trama nell’ombra per destituire il presidente eletto e Nobel per la Pace Abiy Ahmed. Si tratta cioè della stessa etnia di cui fa parte e per cui si batte segretamente l’ultimo dei tigrini in vista, vale a dire Tedros Adhanom, il potentissimo ex ministro degli esteri etiope messo al comando della Organizzazione Mondiale della Sanità dalla Cina.

Intendiamoci, fare il lobbista non è peccato ma non si può fare quando uno ricopre una carica istituzionale e usa il suo ruolo per influire negativamente sul destino di intere popolazioni per interessi privati. Il tema sul quale soffermarsi è la trasparenza e gli eventuali conflitti d’interesse. Nel caso specifico Rondos non sembra inattaccabile. A quanto riferiscono diverse fonti diplomatiche, l’ambasciatore greco ha da sempre rapporti stretti con i tigrini. Rapporti che lo hanno portato prima a convincere l’Unione Europea a bloccare i finanziamenti a sostegno di Somalia ed Etiopia, poi, grazie alle sue buone relazioni con Koen Doens, il nuovo direttore generale del Dipartimento di Cooperazione e Sviluppo (Devco), a montare un forte ostracismo all’applicazione dell’accordo trilaterale tra Etiopia, Eritrea e Somalia sottoscritto nell’agosto del 2018.

Ursula von der Leyen

Fonti ben informate spiegano che la relazione tra Rondos e il TPLF (Fronte Popolare di Liberazione del Tigray) il partito tigrino che per vent’anni ha governato l’Etiopia e di cui il Direttore dell’OMS Tedros è stato grande esponente, ha antiche radici e si basa su solide ragioni economiche. Ad ascoltare queste fonti, sembrerebbe che Rondos abbia forti interessi nel settore del petrolio, soprattutto in Kenya e in Somalia. In particolare, ci viene spiegato che Rondos sarebbe di fatto socio dell’ex Primo Ministro della Somalia, Hassan Khaire, oggi in corsa nelle prossime elezioni per la presidenza della Somalia ma con un passato nel settore petrolifero, visto che fino al 2017 è stato direttore della compagnia petrolifera britannica “Soma Oil & Gas”.

Dalle relazioni antiche con i tigrini, oggi fuori da ogni rappresentanza governativa ma non per questo in disarmo, visto le fortune accumulate negli anni, e dalle relazioni con Khaire e con i petrolieri che gravitano tra Kenya e Somalia, emerge un quadro generale conflittuale che getta non poche ombre sulle posizioni che Rondos ha contribuito a fare assumere alla Comunità Europea negli ultimi anni in Corno d’Africa. Era veramente giusto opporsi ed ostacolare il processo di pacificazione e sviluppo sottoscritto da Etiopia, Somalia ed Eritrea? Oppure questo era nell’interesse di chi faceva meglio i propri affari in un territorio povero e diviso? Qui naturalmente non si possono trarre conclusioni definitive. Ma certo la Comunità Europea farà meglio a riflettere sulla questione e a verificare chi fa che cosa e nell’interesse di chi. Finita la pandemia il Corno d’Africa diventerà ancora di più l’area di maggior interesse dell’intero continente. Lasciarla in mano agli affaristi sarebbe un crimine.

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