Corno d’Africa: ONG strumentalizzate, Etiopia ed Eritrea le portano in tribunale

di Robert Crowe

Gli stati che vengono accusati senza nessuna prova dovrebbero portare le Organizzazioni Non Governative (ONG) che vengono usate, anche loro malgrado, come strumenti di indebite pressioni davanti ad un tribunale internazionale e perseguirle per la loro opera di sovversione. Usare la buona fede degli iscritti e il loro status di organizzazioni Internazionali riconosciute per attuare campagne politiche destabilizzanti ordite da minoranze infiltrate che quasi sempre tramano nell’ombra non può più essere tollerato. E’ una questione di credibilità e di chiarezza che riguarda l’intero sistema delle ONG. E’ questa nei fatti la posizione di Etiopia ed Eritrea, che, comunemente, si accingono a chiedere una Commissione d’inchiesta internazionale che indaghi su quanto accaduto negli ultimi mesi nel Corno d’Africa.

Il caso di Amnesty utilizzata strumentalmente per destabilizzare l’Eritrea è considerato da tutti eclatante. Ci sono stati vari episodi accaduti negli ultimi decenni che hanno visto questa organizzazione utilizzata in modo strumentare, quasi sempre dalla minoranza etnica tigrina, al fine di promuovere un cambio di regime in un paese considerato non gestibile. Il caso emblematico fu quando furono addirittura trovate delle comunicazioni da parte di funzionari Amnesty dell’ufficio di Nairobi che istruivano dei loro membri di andare in Eritrea come turisti ma con l’obiettivo segreto ‘’di creare le premesse per una Primavera Araba in Eritrea’’, cioè di sovvertire il governo in carica. E’ noto che i servizi internazionali usano la copertura delle ONG per portare avanti i loro obiettivi strategici. Un danno grave questo sia per la credibilità delle ONG, la maggior parte delle quali opera realmente per fini umanitari, e i paesi vittime di queste campagne di discredito.

L’ultimo rapporto sui massacri di Axum pubblicato e diffuso con grande copertura mediatica e senza nessuna verifica dei fatti è basato su testimonianze di membri del partito Tplf (Tigray People Liberation Front) che è stato sconfitto prima politicamente dal Primo Ministro in carica in Etiopia, il premio Nobel per la Pace Abiy Ahmed, e poi militarmente dall’esercito etiope dopo aver programmato la distruzione dello stato etiope ed essersi reso colpevole di orribili crimini. Crimini pubblicamente dimostrati come il terribile massacro di Mai Kadra anch’esso programmato per accusare truppe altrui.

Chi segue le vicende etiopiche e ha fatto negli ultimi mesi un minimo di ricerca sui social e sui siti della diaspora di questo paese del Corno d’Africa ben conosce la campagna mediatica di disinformazione organizzata anche con l’uso di “troll” (i sabotatori professionali del web) per dipingere gli etiopici e gli eritrei come criminali assassini e i tigrini del Tplf come vittime innocenti bisognosi di protezione. Un falso allarmismo messo in atto addirittura prima dell’intervento dell’esercito etiopico nel Tigrai. Menzogne costruite a tavolino per ribaltare una realtà storica documentata da accordi di pace, da pubblici interventi del Presidente Abiy, e da decenni di prevaricazioni che i tigrini, una comunità tutt’ora in possesso di ingenti patrimoni sottratti all’Etiopia e alle organizzazioni internazionali, hanno perpetrato contro gli Oromo e contro gli Amara, le più grandi etnie etiopiche, e contro l’Eritrea.

Campagne ordite da strutture che operano dall’estero come ad esempio Digital Woyane, un gruppo di attivisti tigrini che – come rivelato da diverse fonti etiopi e eritree – diffondono molte notizie false e attaccano sui social chiunque cerchi di presentare una narrativa diversa dalla loro. Come è stato nel caso delle accuse sulla strage di Axum definite dal governo di Asmara “assurde e infamanti”. Un’attività di disinformazione, come viene definita dal Ministro dell’Informazione eritreo, che “va smascherata al più presto come quelle precedenti per evitare che un popolo conosciuto nella regione per il suo grande senso civico e per il suo altruismo venga infangato impunemente da forze che cercano di modificare il quadro geopolitico attuale del Corno d’Africa”. A questo proposito l’Eritrea, in una nota rilanciata in Italia dall’Ansa, ha respinto categoricamente quella che definisce le assurde accuse mosse contro di essa da Amnesty International. Secondo un rapporto della ONG soldati eritrei avrebbero ucciso “centinaia di civili” a novembre 2020 nel Tigrè, regione a nord dell’Etiopia. Il rapporto, sostengono in una nota congiunta il ministro dell’informazione Yemane G. Meskel e l’ambasciatore e d’Eritrea in Italia Petros Fessahazion, “si basa in gran parte sulle testimonianze di circa 31 persone dei campo profughi di Hamdayet in Sudan. E’ noto che molti in questo campo sono membri delle milizie del TPLF che sono fuggiti in Sudan dopo il loro coinvolgimento nell’orribile massacro e nella pulizia etnica di centinaia di civili ha Mai- Kadra all’inizio di novembre dello scorso anno”. Ora, la sensazione è che questa storia non finisca qui. Dopo decenni di disinformazione pare che Etiopia ed Eritrea, come dicevamo, si stiano effettivamente attivando per un’azione legale internazionale che difenda le loro ragioni e che allo stesso tempo tuteli le ONG dai tentavi di strumentalizzazione portati avanti da minoranze sconfitte dalla storia come quella tigrina. Una questione di chiarezza divenuta ormai imprescindibile.

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