Corsa al Quirinale: alla Scala quelle richieste di “bis” a Mattarella che potrebbero cambiare la storia

I sei minuti di standing ovation tributati dai milanesi al Capo dello Stato alla prima del teatro lirico più importante d’Italia appaiono non come un tributo alla carriera ma come un’investitura, una richiesta di restare ancora al Quirinale

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la figlia Laura (Foto di Francesco Ammendola)

di Guido Talarico

“Bene, bravo, bis”. E’ l’incitazione classica che si tributa ad un attore dopo una buona recita. Ma se arriva ad un Presidente della Repubblica alla vigilia del rinnovo della carica e se arriva non come un grido isolato ma come un’ovazione accompagnata da standing ovation nel tempio culturale della borghesia produttiva e, ancora, se queste signore e signori rimangono in piedi per sei minuti battendo le mani e appunto chiedendogli di restare, beh se tutto questo dovesse accadere il presidente uscente non potrebbe che tenerne conto. E siccome questo è quello che è accaduto alla prima della Scala, Sergio Mattarella, di fatto, si trova oggi di fronte ad una richiesta di restare ancora al Quirinale che ha una matrice popolare, indipendente dalla politica e molto qualificata. Una richiesta che va a sommarsi, come una ciliegia sulla torta, alle enormi manifestazioni di stima e di affetto che puntualmente il presidente riceve ad ogni uscita pubblica. E non sono segnali da poco.

La posizione del Presidente è nota: ha detto più volte di non volersi ricandidare, ha motivato questa sua scelta basandosi su principi giuridici già evidenziati dai suoi predecessori Segni e Leone e, a scanso di equivoci, ha già fatto sapere di avere trovato la casa dove andrà alla fine del settennato. Questa prima della Scala però potrebbe essere uno di quegli episodi che cambia il corso della storia. Perché l’ovazione che gli ha tributato il pubblico milanese non è una manovra politica, non è una sortita dei partiti, sempre di più insabbiati nella loro incapacità di dare risposte ai problemi concreti che il paese deva affrontare in anni così difficili. Né tantomeno erano applausi alla carriera. No, quelle richieste di bis indirizzate al palco reale erano invocazioni genuine di una rappresentanza qualificata del paese che chiede, per il bene della stesso, al presidente in carica di restare al Colle ancora un po’. Non era affatto un grido dall’allarme, quanto più una richiesta motivata: hai fatto al meglio il tuo mestiere, hai gestito con saggezza le varie crisi che in questi anni si sono succedute, resta ancora al tuo posto perché per l’Italia tu sei l’alternativa migliore.

Coincidenza ha voluto che questa prima della Scala fosse dedicata a Macbeth, tragedia shakespeariana tra le più note, divenuta l’archetipo delle lotte di potere. Il racconto di quanto catastrofiche possano essere le battaglie condotte solo per interessi personali e a danno degli interessi altrui. E in quell’applauso lungo sei minuti, in quei “bis” gridati a gran gola c’era anche molto di tutto questo. La maggior parte degli italiani ha trovato nel ticket Mattarella – Draghi una squadra che funziona, un duo che garantisce all’Italia una prospettiva positiva di sviluppo e che lo fa senza dover pagare dazio alle mediazioni politiche, senza dover soddisfare interessi né di parte né tantomeno personali.

Insomma, Milano ha chiesto al presidente, e quindi anche all’amministratore delegato dell’azienda Italia, di restare, almeno ancora per un po’, ciascuno al proprio posto perché è di questo che c’è bisogno. Gli applausi della Scala sono sembrati non una cortesia all’illustre ospite ma un’investitura, una di quelle richieste popolari alla quali non si può dire di no. Certo, la strada rimane ancora molto complicata, soprattutto perché la via del Quirinale procede in modo binario a quella di Palazzo Chigi e l’esito di un percorso influisce sul destino dell’altro. Vedremo nelle prossime settimane. Ciò che è certo è che l’invito dei milanesi a Sergio Mattarella potrebbe rappresentare quel tassello che mancava a cambiare il corso delle cose. Il Presidente ogni giorno di più scopre che a chiedergli di restare almeno fino al 2023  sul Colle non è un parlamento che non sa come uscirne dall’impasse ma è la maggior parte degli italiani che chiedono il meglio per il Paese.

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