di Alessandro Caruso
Roma – Il lockdown rigoroso e intransigente, nei Paesi in cui è stato adottato, ha evitato che circa 3,1 milioni di persone in Europa morissero per il coronavirus. Parola di Seth Flaxman, del Dipartimento di matematica all’Imperial College di Londra. E di fronte a questa constatazione tutto il resto cade in secondo piano. Della serie: “Meglio dover risolvere una crisi economica che fare il conto dei morti”. Il risultato di cui parla Flaxman è quello dello studio fatto da un gruppo di ricercatori del prestigioso College britannico, che ha voluto quantificare i benefici del lockdown nei Paesi europei. In realtà la statistica a cui si è arrivati può essere utile ai governi proprio per gestire la ripresa economica in sicurezza, calibrando con un margine minimo di approssimazione il rischio di contagio nei prossimi mesi in cui dovremo “convivere con il virus”.
Ma andiamo con ordine. L’equipe guidata da Flaxman ha analizzato i dati provenienti da 11 paesi in Europa, tra cui Regno Unito, Spagna, Italia, Germania e Belgio, fino al 4 maggio 2020 e ha stimato che fino a quella data tra i 12 e 15 milioni (al 3,2% al 4% della popolazione) di individui in questi paesi siano stati infettati da SARS-CoV-2. Per arrivare a questa conclusione è stato fatto un meticoloso calcolo tenendo conto di alcuni fondamentali indicatori: innanzitutto il “numero di riproduzione”, cioè il numero medio di casi che una persona infetta può causare; e poi il numero dei contagi totali, paese per paese, e il numero di decessi.
Seguendo la curva epidemica sin dall’inizio fino a quando è iniziato il lockdown nei primi paesi europei, ai primi di marzo, arrivando ai primi di maggio, quando si è concluso, si è potuto confrontare il numero di decessi registrati con i decessi in assenza di misure di lockdown, previsti dal modello matematico alla base dello studio, ed è risultato che grazie alle misure anticontagio sono stati evitati circa 3,1 milioni di decessi. «Misurare l’efficacia di questi interventi è importante, dato il loro impatto economico e sociale, e può indicare quale linea di condotta è necessaria per mantenere il controllo», hanno sottolineato i ricercatori inglesi.
A corroborare questo dato è arrivato anche un altro studio, condotto dai ricercatori dell’University of California e pubblicato sulla rivista Nature, questa volta relativo ai contagi. Si è dimostrato, infatti, come il lockdown abbia permesso di evitare 62 milioni di contagi da Coronavirus in sei paesi, tra cui l’Italia. La ricerca ha esaminato la situazione in Cina, Stati Uniti, Francia, Italia, Iran e Corea del Sud. Soprattutto negli Usa, le restrizioni hanno impedito 60 milioni di contagi. Tuttavia, poiché la maggior parte delle persone infettate non viene testata, il numero effettivo di positivi evitati secondo gli esperti di Berkeley è molto più elevato, addirittura pari a circa 530 milioni nei sei paesi.
E c’è di più. Allo studio dell’Imperial College si è sovrapposto quello del Crimedim, il Research center in emergency and disaster medicine dell’Università del Piemonte Orientale (Novara) che si è focalizzato sul caso italiano basandosi sui dati forniti dalla Protezione civile. La conclusione è stata che se il lockdown fosse stato introdotto il 2 marzo, anziché il 9, si sarebbero potuti evitare circa 126mila contagi, 70mila ricoveri e 13mila morti. Insomma, la velocità, quando si parla di epidemie, è fondamentale. E in previsione di un’eventuale seconda ondata, queste constatazione potrebbero essere preziose per poter gestire l’emergenza con maggiore preparazione.
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