Covid: Appello al Ministro Speranza da parte degli italiani bloccati in Africa dal divieto di rientro

Pubblichiamo la lettera appello predisposta da alcuni degli italiani rimasti bloccati in vari paesi africani dopo il provvedimento di chiusura decretato dal titolare del dicastero della salute per timore dell’arrivo di nuove varianti Covid. Un provvedimento che penalizza  anche i dipendenti di alcune delle più importanti multinazionali italiane, a cominciare da Eni e Saipem

Caro Ministro Speranza,

Questa lettera, scritta da Italiani in Mozambico e di alcuni Paesi dell’Africa rappresenta una nostra comune riflessione, come reazione alle decisioni prese dal suo Ministero rispetto all’emergenza COVID verso i paesi in cui viviamo e in prospettiva, verso altri paesi del continente.

Vogliamo condividere con Lei queste nostre riflessioni rispetto alla sua ordinanza del giorno 26 Novembre u.s.

La comparsa della nuova variante é di fatto una preoccupazione per il Governo Italiano, che si sta adoperando con tutti gli strumenti possibili, per assicurare la migliore risposta sanitária a tutti gli italiani, per migliorare la ripresa económica e sociale del popolo italiano, ottenuta cosí duramente in questi ultimi mesi grazie alla campagna vaccinale e alle altre misure preventive.

Tuttavia la soluzione di chiudere le frontiere agli Italiani AIRE, ai viaggiatori provenienti dall’Africa, ci ha nuovamente deluso e lascia trasparire l’assenza di solidarietá estesa a tutti i cittadini italiani.
Mai come in questa pandemia é stato evidente che la salute della popolazione é il motore di tutto; noi che viviamo in Africa viviamo ogni giorno questa realtá. Concordiamo che la salute deve essere messa al primo posto, ma mai come ora é evidente che sono necessarie misure globali per porre fine alla pandemia o per lo meno controllarla.

1. la possibilità di rientro in Italia ai soli cittadini italiani residenti, come appare dall’ordinanza, risulta essere particolarmente gravosa per tutti i cittadini che, trovandosi all’estero per motivi di lavoro per più di un anno, o essendovi stabiliti da più lungo tempo ( iscritti all’AIRE) sono impediti dal rientrare in Patria. Abbiamo notato che tali limitazioni rischiano di diventare la prassi in certe decisioni e crediamo che questo crei due categorie di cittadini. Ingiustamente, perché tutti noi abbiamo legami con l’Italia, la maggior parte famiglia, molti hanno ancora interessi economici, altri esigenze lavorative o di salute. In questo particolare caso, crediamo, che la decisione di chiudere le frontiere ai cittadini che provenissero dall’Africa Australe, sia stata dettata da una cautela frettolosa e non supportata dalle risultanze scientifiche.

2. La comunicazione in Italia è sembrata, ancora una volta, incentrata sulla soluzione di problemi interni ( 7 milioni di non vaccinati) e poco rispettosa dei paesi messi in black list, e qualora la Afrofobia fosse utile per fini sanitari in Italia, di sicuro crea danni culturali e nei rapporti di amicizia che possono durare per anni. Ci riteniamo l’’anello di congiunzione’ tra l’Italia ed i Paesi nei quali, per breve o più lungo periodo, viviamo. Chiediamo una comunicazione più puntuale e basata su dati scientifici e sul parere anche delle istituzioni italiane , associazioni e società civile presenti all’estero e estere presenti in Italia ( che ci sono sembrati gli esclusi dal processo decisionale) . Il travel ban nei riguardi dei paesi della zona sud dell’Africa, sta causando effetti sia di natura economica che sociale che forse, non vengono correttamente raccontati in Italia ( dai danni all’immagine all’economia, in primis il turismo, ma anche il sentimento di “abbandono” e di “tradimento” verso l’emisfero nord, che a noi, che viviamo qui, viene palesato con stupore e indignazione) .

3. Infine, riteniamo che alcune priorità possano essere riviste e che l’emisfero nord debba concentrarsi su un “piano Marshall” finalizzato a vaccinare la popolazione Africana, non solo mettendo a disposizione i vaccini, ma anche con azioni di sostegno alla logistica, all’educazione, alla comunicazione, nell’’ambito della cooperazione allo sviluppo . In questo, le molte presenze italiane, compresa la nostra, possano essere viste, ancora una volta, come un contributo e una risorsa preziosa, e non sicuramente come una “casistica da escludere o bandire”. Chiediamo una comunicazione continua com le istituzioni italiane , associazioni e società civile presenti all’estero, e com le istituzioni sanitarie locali che sicuramente hanno un quadro della situazione epidemiológica piú completo e possono ausiliare nel prendere decisioni contestualizzate.

L’Italia é un Paese con un Sistema Sanitário solido e con tutte le risorse necessarie per poter implementare un protocollo di controllo e tracciamento di un cittadino italiano proveniente dal Mozambico o dai Paesi dell’Africa Australe, specifico per la nuova variante, come di fatto stanno facendo altri paesi Europei (test piú frequenti, vaccinazione obbligatoria per entrare in Italia per esempio).

Le auguriamo un buon lavoro e auspichiamo che questa nostra lettera sia presa in considerazione.

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