Crisi di governo: Salvini e Berlusconi pronti al voto, oltre 1000 sindaci chiedono a Draghi di restare

di Emilia Morelli

Trascorrono le ore e la possibilità di elezioni anticipate appare sempre più vicina. Le dichiarazioni di Conte che è tornato a chiedere “risposte chiare” altrimenti “sarà impossibile condividere una responsabilità diretta di governo” da un lato, Lega Fdi e Forza Italia che spingono per il voto dall’altro sono tutti tasselli di un mosaico che si va delineando e che avvicina le dimissioni irrevocabili di Mario Draghi.

Inoltre, il M5s si sta sempre più consumando in una faida interna tra chi condivide la strategia ultimativa adottata da Conte e un’ala più moderata e governista che invoca una tregua tra il leader dei pentastellati e il premier in attesa dell’intervento di Draghi al Senato. Tra coloro che hanno chiesto la tregua vi è il ministro Federico D’Incà che ha sottolineato l’importanza di proseguire con le riforme necessarie a conseguire gli obiettivi del Pnrr, per i progetti collegati, per il bene del Paese. D’Incà ha posto, peraltro, l’accento sulle difficolta cui andrebbe incontro il M5s in caso di voto anticipato.

Fautori del voto anticipato sono, invece, apertamente Salvini e Berlusconi. I due si sono incontrati nella residenza estiva in Sardegna del Cavaliere. “Le nuove dichiarazioni di Giuseppe Conte – contraddistinte da ultimatum e minacce – confermano la rottura di quel “patto di fiducia” richiamato giovedì dal Presidente Mario Draghi e alla base delle sue dimissioni” hanno fatto sapere attraverso una nota congiunta il leader del Carroccio e quello di FI che prosegue, “con il consueto senso di responsabilità, hanno dunque concordato di attendere l’evoluzione della situazione politica, pronti comunque a sottoporsi anche a brevissima scadenza al giudizio dei cittadini”. I due hanno poi ribadito che “sia da escludere la possibilità di governare ulteriormente con i 5 stelle per la loro incompetenza e la loro inaffidabilità”.

A chiedere a gran voce che Draghi resti a capo del governo non solo il Pd ma anche sindaci e imprenditori. Sono stati oltre mille i sindaci che hanno firmato una lettera aperta in cui si chiede al presidente del Consiglio di restare in carica “whatever it takes”. Lo ha reso noto il primo cittadino di Torino, Stefano Lo Russo, tra i coordinatori dell’iniziativa con il sindaco di Firenze Dario Nardella insieme a quelli di Venezia, Milano, Genova, Bari, Bergamo, Pesaro, Asti, Ravenna, Roma. Nella lettera si legge: “Noi Sindaci, chiamati ogni giorno alla difficile gestione e risoluzione dei problemi che affliggono i nostri cittadini, chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo. Ora più che mai abbiamo bisogno di stabilità”.
L’iniziativa dei sindaci non è stata accolta con favore dalla leader di Fdi, Giorgia Meloni, che ha duramente criticato la lettera aperta:  “Mi chiedo se sia corretto che questi sindaci e governatori che rappresentano tutti i cittadini che amministrano, anche quelli che la pensano diversamente, usino le Istituzioni così, senza pudore, come se fossero sezioni di partito. La mancanza di regole e di buonsenso nella classe dirigente in Italia comincia a fare paura”. Alla Meloni ha  risposto il sindaco  di Firenze Nardella, facendole notare che “tra i firmatari ci sono moltissimi esponenti di centrodestra”.
L’auspicio che Draghi resti al governo non perviene solo dalle amministrazioni locali e dalle associazioni di categoria ma anche dai vertici Ue e dalla stampa internazionale. Significativo il titolo del Financial Times: “L’Italia ha ancora bisogno di Mario Draghi”. FT ha evidenziato, poi, che “la rara stabilità portata alla politica italiana da Mario Draghi non poteva durare” e “la tensione che ribolliva da mesi all’interno della coalizione di governo italiana è alla fine traboccata”. “Questa settimana sarà cruciale, e non solo per l’Italia”, ha sottolineato il FT ribadendo: “la prospettiva migliore è che Draghi continui a essere presidente del Consiglio il più a lungo possibile”.
Rimane ad osservare in silenzio il premier Mario Draghi e per il momento le cose non sembrano cambiare. Il premier, con il consueto pragmatismo che lo contraddistingue, si recherà lunedì 18 luglio in Algeria per la firma di importanti accordi.

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