Crisi di governo, si allontana l’ipotesi di un Draghi Bis. Conte: “Impossibile condividere responsabilità diretta di governo”

di Corinna Pindaro

La possibilità di un  Draghi Bis appare sempre più lontana. I partiti avrebbero dovuto utilizzare questi giorni per cercare di trovare una composizione alla crisi ma, invece, sembra chiaro che le differenze si acuiscono sempre di più e la possibilità di elezioni anticipate appare, ad oggi, la più plausibile.

Nel dettaglio, Lega e Fdi hanno apertamente escluso la possibilità di continuare a governare accanto al Movimento. Entrambi i partiti si dicono pronti ad ascoltare con attenzione quanto il premier avrà da dire in aula e convergono sulla necessità di agire “in difesa dell’interesse degli italiani con serietà e coerenza”. “Draghi è la nostra garanzia a livello internazionale, ha tenuto una posizione ineccepibile e deve rimanere”, è  stato l’appello lanciato da  Pier Ferdinando Casini.

Tra i partiti che, senza dubbio, auspicano una continuità al governo Draghi vi è il Pd che ritiene la maggioranza di governo non dovrebbe mutare e si augura che Draghi possa cambiare idea sulle dimissioni. Il segretario dei dem, Enrico Letta, ha parlato di “un forte appello alle forze politiche che hanno sorretto, con grandi risultati positivi, il cammino del governo Draghi, perché questo cammino non si interrompa e venga rilanciato a partire da mercoledì con un nuovo voto di fiducia, che stabilisca un percorso di 9 mesi importante per completare tutte le riforme. Questo è l’impegno che stiamo mettendo da qui a mercoledì: non si interrompa questo lavoro importante per il Paese e per l’Europa, il lavoro del governo Draghi che ci vede convintamente impegnati. Sono sicuro ci siano le condizioni per continuare”.

La scelta di Draghi appare, però, definitiva ai più. Peraltro l’ipotesi di un Draghi Bis, con una maggioranza di governo diversa rispetto a quella che lo ha retto finora e senza il M5s, è stata nettamente esclusa dallo stesso presidente del Consiglio che ha esplicitamente affermato che senza il Movimento non è disposto a governare.

Nessun pressing, nessuna opera di convincimento invece da parte di Italia Viva. Il leader, Matteo Renzi, ha ribadito: “Se Draghi non vuole restare, si va a votare. Noi stiamo facendo un appello alla responsabilità che vale anche per Draghi, affinché resti. Non so come andrà a finire, so per certo che dobbiamo prepararci alle elezioni. Un altro governo totalmente inedito è inaccettabile”.

Duri i commenti del ministro degli esteri, Luigi Di Maio: “Se il governo cade mercoledì, Mario Draghi resta in carica per gli affari correnti e questo ”non è un grande affare per lui. Il governo non avrà i poteri per aiutare famiglie e imprese che nel pieno dell’autunno caldo andranno in difficoltà. Draghi dovrà andare ai tavoli europei senza i poteri per risolvere i problemi”.

Intanto, nonostante la mossa di Giuseppe Conte e del M5s di non votare in senato la fiducia al Dl Aiuti e innescare la crisi di governo è stata criticata in ogni dove, il leader del M5s non sembra dare segni di cedimento. E’ apparso in un video in diretta Facebook in cui ha spiegato la linea del partito, emersa dopo un Consiglio nazionale di cinque ore.  Dalle parole di Conte trapela l’intenzione di andare verso un appoggio esterno all’esecutivo da quel riferimento all’indisponibilità di “condividere una responsabilità diretta di governo” senza le risposte “non pervenute” di Mario Draghi ai temi posti nell’ultimo incontro a Palazzo Chigi.

Senza “risposte chiare” il Movimento5 Stelle non potrà più “condividere una responsabilità diretta di governo”. Anzi, si sentirà “libero” di votare “su quello che serve al Paese, senza alcuna contropartita politica”. È il Movimento che ha “subito un ricatto”, va all’attacco Conte, che richiama lo stesso presidente del Consiglio alle sue responsabilità. Perché “con spirito costruttivo abbiamo invitato Draghi a confrontarsi” ricevendo in cambio “generiche aperture” ma le risposte, sulle urgenze del Paese, restano ancora “non pervenute”.

“Tutte le nostre richieste” per modificare alcune norme del dl Aiuti”, (inceneritore di Roma, superbonus, reddito di cittadinanza), “sono state respinte, la nostra posizione, chiara, l’ho spiegata io stesso per tempo a Draghi”, una posizione che “nulla aveva a che vedere con la fiducia”, ma è stata una reazione “a una totale chiusura” verso le richieste del Movimento 5 stelle “che ha rasentato l’umiliazione politica” ha detto il leader pentastellato.

“Al Senato non abbiamo partecipato alla votazione, consapevoli del significato, e abbiamo provato a circoscrivere al minimo il significato politico della nostra linearità e coerenza, non era una votazione contraria” alla fiducia. “Ritenevamo giusto, alla luce della forzatura che è stata operata nei nostri confronti e principi, che non fosse attribuito a questa non partecipazione al voto il significato di un voto contrario alla fiducia. Ma la nostra mancata partecipazione è stata intesa come elemento di rottura del patto di fiducia. Draghi ne ha tratto le conseguenze che ha ritenuto”, ha aggiunto Conte.

Si infrangono così le speranze di quella corrente più moderata e governista all’interno dei pentastellati che potrebbe condurre ad un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Sembra, infatti, che siano circa una 30ina i deputati pronti a lasciare il Movimento per collocarsi nel gruppo misto. Si tratta, quindi, di una situazione complessa da gestire per l’avvocato che, in queste ore, si è riunito proprio con i Parlamentari che hanno palesato posizioni di dissenso in relazione alla sua strategia.

Alla fine la strategia di Conte rischia, quindi, di rivelarsi del tutto fallimentare. Non soltanto ha determinato la crisi di governo facendo precipitare l’Italia in una pagina nera della storia repubblicana ma potrebbe anche aver contribuito in maniera determinante al definitivo tramonto dei pentastellati.

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