Ddl Cibersicurezza, proposti quattro emendamenti per scongiurare la crisi diplomatica con Israele

Nel testo licenziato dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, infatti, era prevista una via preferenziale negli appalti solo per “le proposte o offerte che utilizzino tecnologie di cybersicurezza italiane, di Paesi dell’Unione europea o membri della Nato” e com’è noto Israele non fa parte della Nato

Un disegno di legge sulla cybersicurezza prevede restrizioni sull’uso di tecnologie provenienti da Israele, uno dei leader mondiali nel settore. Il provvedimento è stato annunciato dal governo tre mesi fa e ora è’ in discussione alla Camera. Si sarebbe potuta innescare anche una crisi diplomatica tra Italia e Israele, se non fossero stati presentati quattro emendamenti per includere i prodotti delle aziende israeliane nelle preferenze per l’approvvigionamento di beni e servizi informatici. Nel testo licenziato dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, infatti, era prevista una via preferenziale negli appalti solo per “le proposte o offerte che utilizzino tecnologie di cybersicurezza italiane, di Paesi dell’Unione europea o membri della Nato”. Israele non fa parte della Nato, ma nelle intenzioni la modifica mirava principalmente a escludere Russia e Cina dal settore. Tuttavia, i rapporti tra Italia e Israele sembrano essere stati messi in salvo: almeno uno dei quattro emendamenti – due della maggioranza e due dell’opposizione – sarà approvato. Il disegno di legge, firmato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro della Giustizia Carlo Nodio, dovrebbe essere approvato prima del G7 di metà giugno in Puglia.

Le accuse di censura della magistratura

Evitata la crisi diplomatica, si prevedono comunque polemiche durante l’approvazione del disegno di legge. Sebbene il testo sia condiviso anche dalle opposizioni, alcuni elementi sono stati criticati come tentativi di censura della magistratura. Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Partito Democratico, ha affermato che una parte del provvedimento sarebbe «un mezzo per controllare le indagini delle procure». La critica è rivolta a un emendamento del deputato di Azione Enrico Costa, approvato con il parere favorevole del governo, che prevede verifiche sul rispetto delle prescrizioni di sicurezza durante le ispezioni negli uffici giudiziari. Andrea Casu del Pd si chiede come sia possibile «garantire più sicurezza senza ulteriori risorse finanziarie. Significa che le risorse verranno tolte da altri settori. È un paradosso: i Comuni dovranno ridurre i fondi per gli asili nido per la cybersicurezza? Occorrono risorse adeguate. Abbiamo fatto delle proposte, finora respinte dal governo: evitare di finanziare queste misure è preoccupante e problematico».

I limiti per le indagini dei magistrati

Il Movimento 5 Stelle ha sollevato ulteriori preoccupazioni. In discussione generale, il deputato Pasqualino Penza ha sottolineato la mancanza di fondi correlati al disegno di legge. «Non si può affrontare questo provvedimento senza un investimento adeguato. L’Italia investe solo lo 0,12% del Pil in cybersicurezza, mentre gli USA lo 0,34% e il Regno Unito lo 0,29%. Siamo sempre in coda». Dal Senato, la grillina Sabrina Licheri ha denunciato la limitazione delle capacità investigative dei magistrati. «Le notizie recenti dall’indagine ligure ci impongono cautela e attenzione sui possibili intrecci tra politica e interessi privati. L’emergere dei fatti è stato possibile grazie alle intercettazioni e all’uso dei trojan. E oggi, alla Camera, sarà presentato un ordine del giorno per vietare l’uso dei trojan nelle indagini per corruzione. È inaccettabile, si rischia di impedire alla magistratura di svolgere il suo lavoro. Questo governo dimostra ancora una volta di voler subordinare un organo dello Stato ai propri interessi, minando l’indipendenza garantita dalla nostra Costituzione».

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