Disfide: il liberal-leghista de Luca vs il liberal-grillino Conte

CREDEVO DI ESSERE LIBERALE

di Stefano de Luca*

Per troppi anni, sbagliando ho ritenuto, forse presuntuosamente, di essere un liberale. La colpa è tutta dei cattivi maestri, alla cui lettura mi sono dedicato sin da ragazzo, da Adam Smith a Hume a Stuart Mill a Keynes, da Voltaire a Montesquieu a Tocqueville, da Beccaria a Croce a Einaudi a Malagodi, da Popper a Von Mises ed Hayek, e poi a De Madariaga, Rôpke, al Mondo e riviste similari.

Ritenevo che l’espressione liberale, venisse dallo spagnolo liberal in contrapposizione a servil. Sono stato tratto in inganno, non ero liberale, forse piuttosto semplicemente un anarchico o non so cos’altro. Ho recentemente scoperto che essere liberali e moderati, significa aver partecipato sgolandosi al vaffa day, aver gridato dal sacro balcone di Palazzo Chigi che la povertà era stata abolita, attraverso un reddito di cittadinanza che legittimava la maggior parte dei percettori a continuare a lavorare in nero e consentiva di assumere migliaia di promoter, che si sono rivelati così bravi da aver trovato, dopo due anni, zero posti di lavoro.

Non sapevo che fosse liberale e moderato aver violato la legge e i principi costituzionali per stravolgere, utilizzando un parametro arbitrario, i vitalizi dei parlamentari delle passate legislature non più in grado di nuocere ad alcuno e tra i quali ne muore uno al giorno, attendendo una giustizia che non arriva mai.

Coerentemente con i principi liberali e moderati i pentastellati hanno imposto al Segretario Generale del Senato di impugnare la sentenza favorevole dell’organo di autodichia di quel ramo del Parlamento, mentre Fico (secco) ha impedito, dopo oltre due anni, all’omologa commissione della Camera di  pronunciarsi, anzi ha impugnato la delibera dei Questori, che, per i casi più gravi di percettori indigenti, aveva modificato il provvedimento in senso più  umanitario.

Pensavo di essere liberale perché credevo nello Stato di Diritto, nell’equilibrio dei poteri e nella legge generale, astratta e uguale per tutti. Mi sono sbagliato. Aborrivo “l’uno vale uno”, il plebiscito permanente che voleva una sorta di democrazia on line sulla piattaforma Rousseau, come il cieco giustizialismo a favore di un ordine giudiziario autoreferenziale, che dipende solo dalle proprie correnti e si giudica in casa propria, senza dover rendere conto a nessun altro potere.

Tutto questo di cui, pur coltivando la religione del dubbio, mi ritenevo sicuro, non era degno di un liberale. Commettendo un grave errore sul significato delle parole liberale e moderato, consapevolmente cercavo di ignorare che per Alitalia non esiste la legge fallimentare, per ILVA non vale il dovere di un imprenditore privato, anche straniero, di rispettare gli accordi sottoscritti. Pensavo, erroneamente, che in un’economia di mercato  valesse il principio della libera concorrenza, non il privilegio di CDP e l’arbitrio delle società pubbliche statali, regionali e locali di poter lavorare in perdita, remunerando i rispettivi consigli di amministrazione nominati dalla  politica.

Non sapevo che la nuova transizione ecologica, insegnata dal Profeta Beppe Grillo significasse lasciare che la camorra e le mafie gestissero il business dei rifiuti solidi urbani, vietando la realizzazione di impianti di smaltimento di ultima generazione e tollerando lo scempio ambientale della terra dei fuochi.

Non vado avanti perché so di rischiare che mi venga confiscata la mia bella casa con vista sul mare di Palermo e di essere deportato (sempre con vista mare) a Pianosa, a Montecristo, o, perché no, a Sant’Elena.

Non mi stupirei. Questi sono i liberali e moderati, mentre io sono soltanto un pericoloso anarchico rivoluzionario ed amico dei ricchi perché, pensate un po’, credo ancora nel mercato, nella concorrenza, nel diritto di ciascuno,  dopo che sia garantita l’uguaglianza dei punti di partenza, di poter crescere liberamente diseguali e, (udite, udite!) sognare di perseguire la felicità e persino di diventare ricchi, grazie all’ascensore sociale e al bene supremo della libertà.

Ma tutto questo è anarchia. Essere liberali e moderati è un’altra cosa! Prima o poi lo capirò anch’io, se avrò il privilegio di poter assistere ad una lectio magistralis del Prof. Giuseppi Conte.


 

* Stefano de Luca è presidente in carica del Partito Liberale Italiano. Alle elezioni politiche del 1983 viene eletto alla Camera dei deputati nella circoscrizione della Sicilia occidentale, venendo poi confermato anche alle successive elezioni del 1987 e del 1992. Nel 1992 è stato sottosegretario di stato alle finanze dal 1987 al 1994 nei governi, GoriaDe MitaAndreotti VI e VIIAmato e Ciampi.

Nel 1994 è stato eletto europarlamentare nella lista di Forza Italia per la Sicilia e Sardegna in seguito ad un accordo di ospitalità tra detto partito e i liberali dell’Unione di Centro; aderisce al gruppo europeo dei Liberali Democratici e Riformatori. Nel 1997 è stato eletto Segretario del ricostituito Partito Liberale, carica ricoperta fino al 2014, anno in cui ha assunto la carica di Presidente Nazionale del medesimo Partito.[1] Alle elezioni politiche del 2008, il PLI si è presentato autonomamente con proprie liste in tutta Italia con la candidatura a premier di Stefano de Luca.

È direttore dell’organo ufficiale del Partito Liberale Italiano, Rivoluzione Liberale. Alle elezioni politiche del 2018 è candidato al Senato della Repubblica, in regione Campania, come capolista della Lega Nord nella quota proporzionale Napoli Sud-Salerno.[2]

(da wikipedia)

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati