Presidenziali Guinea: Tensioni ma voto regolare. Passa Condé al primo turno col 57%

di Velia Iacovino

Tra tensioni e disordini di natura etnica, la Guinea ha votato per le elezioni presidenziali. In una consultazione condizionata da vari atti di violenza provocati dalle opposizioni ma nel complesso svoltasi regolarmente, gli elettori embrano a maggioranza avere scelto l’attuale capo di stato, l’82enne Alpha Condé. Il presidente uscente viene così confermato nella carica per la terza volta, dopo che la riforma costituzionale, approvata a larghissima maggioranza lo scorso marzo, ha portato da due a quattro i mandati presidenziali.  Al momento si tratta soltanto di proiezioni. Per il risultato definitivo occorrerà infatti attendere almeno tre giorni. Tuttavia fonti governative parlano di una vittoria netta al primo turno del Professor Condé  con il 57% dei voti.

Personaggio di grande carisma, docente di Scienze Politiche alla Sorbona, a capo del Raggruppamento del popolo guineiano,  da molti definito per il suo passato di lotta politica, di prigionia e di esilio, il Mandela dell’Africa Occidentale, Condé, che ha traghettato il paese fuori di una devastante dittatura durata decenni,  e che gode di grande stima internazionale ambisce a portare a termine il suo progetto di ricostruzione, sviluppo e rilancio dello stato al quale ha lavorato fin dal primo giorno del suo insediamento alla guida della Guinea nel dicembre del 2010 all’indomani delle prime elezioni libere nel paese in 50 anni.

Il suo avversario più forte è Dalein Diallo, classe 1952, economista, leader delle Forze democratiche della Guinea, primo ministro dal 2005 al 2006 durante il regime di Lansana Conté, incarico dal quale fu però rimosso con l’accusa di corruzione e perché’ non gradito all’entourage del dittatore.

È lui che il presidente si troverebbe a dover affrontare, se non riuscisse a ottenere il 50% dei voti al primo turno e si fosse costretti ad andare al ballottaggio. Una circostanza che la stragrande maggioranza degli analisti esclude, scommettendo su Condé, e che, come in molti avvertono, potrebbe far precipitare la Guinea in uno scenario da scongiurare di violenze e di scontri, riportando indietro di dieci anni l’orologio della storia.

L’ascesa al potere di Condé dieci anni fa ha segnato una significativa svolta democratica per il paese, la prima in 52 anni di indipendenza, anni caratterizzati da sanguinosi governi autoritari, che hanno messo in atto una repressione severa e brutale, culminata nel massacro del 28 settembre 2009, quando le truppe della giunta militare, che si era insediata al potere con un colpo di stato dopo la morte del dittatore Lansana Conté, uccisero 160 sostenitori dell’opposizione e violentarono 110 donne, che stavano partecipando a una manifestazione allo stadio nazionale della capitale Conakry contro la ventilata candidatura  del capitano Moussa Dadis Camara, leader dei golpisti, alle elezioni presidenziali.

Condé, durante i suoi anni alla presidenza, ha riformato l’esercito, rinnovandone i ranghi, si è circondato di un team di ministri esperti di economia, per dare nuovo impulso al paese, ricostruire una solida partnership con il Fondo Monetario Internazionale e regolare il settore minerario estrattivo, fondamentale per il paese, contribuendo in questo modo ad attrarre possibile investitori intorno a Simandou, il più grande giacimento di ferro del mondo non sfruttato. Il presidente ha dimostrato anche di saper gestire nel migliore dei modi sia la grave epidemia di Ebola che colpì l’Africa Occidentale tra il 2014 e il 2016, che l’emergenza Covid 19 tuttora in atto.

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