Draghi, Renzi e l’Italia che sarà: Occasione storica per rilanciare l’economia e ridare dignità alla politica

L’ex Presidente della Bce in dirittura d’arrivo. Ora programmi e ministri. Ma è già tempo per un primo bilancio

di Guido Talarico

Mario Draghi sembra andare spedito verso l’ottenimento di una larga maggioranza. I colloqui con i partiti indicano questa direzione. Ora ci sarà da lavorare sul programma e sui ministri, ma la strada sembra tracciata. E già tempo dunque di fare un primo bilancio di questa crisi. La storia, quella con la “s” maiuscola, dirà poi se Matteo Renzi ha fatto bene a staccare la spina al Governo Conte. Con l’aiuto del tempo, che rende più serene le visioni e più efficaci le analisi, capiremo dove stava la verità, cosa fosse meglio per il Paese, chi da questa crisi ne è uscito vincitore e chi vinto. Di certo già sappiamo che la storia la fanno i cattivi. Quindi, quando andremo a rianalizzare queste giornate, non potremo che cominciare dall’ex sindaco di Firenze. Partiremo dunque dalle dimissioni dei ministri di Italia Viva, dalle accuse e dalle offese volate ogni dove, dalle trattative sopra e sottobanco per animare la pattuglia di “costruttori”. Poi arriveremo all’epilogo drammatico con le dimissioni di Conte (“stai sereno” due), all’esplorazione vana di Fico ed infine alla constatazione dell’incapacità di questo Parlamento di darsi una maggioranza stabile.

Karl Marx diceva che “i fenomeni storici accadono sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa”. Noi queste due fasi ce le siamo vissute tutte in pochi giorni, sia nella fase tragica della cacciata di Conte, sia nella fase farsesca andata in scena in parlamento. L’analisi storica che faremo più in là, e sempre col dovuto distacco, non potrà però che ripartire anche da qualche domanda: dove erano gli altri protagonisti di questa fase?  Nel momento in cui Renzi ha avviato il suo gioco, gli altri leader stavano facendo le cose per bene? Il Governo stava dando le risposte che un Paese in stato di guerra attendeva? “La storia – diceva Konrad Adenauer – è la somma totale delle cose che avrebbero potuto essere evitate”.

DRAGHI AL GOVERNO OPPORTUNITA’ IMPERDIBILE PER IL PAESE

In attesa di arrivare a poter dare un giudizio sereno, appunto di tipo storico, qualche prima riflessione però può già essere fatta. La prima constatazione fattibile è che già ora si possono dire alcuni grazie a Matteo Renzi. Intanto grazie per averci dato Mario Draghi. Era il fuoriclasse che tutti ci ammiravano ed invidiavano ma che noi, incredibilmente, lasciavamo ancora seduto neppure in panchina ma in tribuna. Come se l’Argentina di Maradona, il Brasile di Pelé o la Francia di Zidane durante la fase finale dei campionati del mondo si fossero dimenticati di convocare in squadra i propri campioni. Già da queste prime battute, anche chi lo conosceva poco può vedere di che pasta è fatto l’ex Presidente della Banca Europea. Draghi parla un italiano diverso. Non ha la dialettica della propaganda perché non ha nulla da vendere, lui parla la lingua della competenza che serve per fare, per costruire, per risolvere. Il suo è l’italiano forbito di chi ha avuto una formazione adeguata, il linguaggio argomentante di chi la storia economica d’Italia e d’Europa prima l’ha studiata e poi l’ha fatta. Se oggi l’Italia ha sulla tolda di comando il suo capitano migliore lo si deve a Renzi e al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che pur avendo capito tutto sin dall’inizio, ha prima doverosamente espletato i riti che la costituzione repubblicana prevede in caso di crisi e poi, con coraggio e rapidità, ha dato il mandato all’uomo migliore.

Ma anche l’ex Premier Giuseppe Conte dovrebbe ringraziare Renzi. È vero, il toscano gli ha levato di mano l’ambito giocattolo e questo, si sa, fa male. Ma è questa repentina defenestrazione che ha consentito a Conte di prendere la leadership dei 5 Stelle, un movimento che ormai, dopo aver governato con tutto il parlamento, langue in uno stato di grave crisi d’identità. Il suo discorso del predellino di berlusconiana memoria, fatto col tavolino di fianco a Palazzo Chigi, è divenuto un magistrale coming-out politico. La trasformazione da tecnico a politico. “Amici del Movimento, ci sono e ci sarò”, ha detto Conte in quella che poteva anche apparire come una minaccia mentre invece era una promessa. Come a dire: “esco da Palazzo Chigi ma mi piazzo ufficialmente alla testa del Movimento”. Il che è un bene. L’uscita dell’ex premier è stata un momento di chiarezza politica, ma anche di legittimo incasso dei crediti acquisiti sul campo. Conte è stato nel complesso un buon Presidente del Consiglio. Partito come tecnico di mediazione tra Di Maio e Salvini, è diventato nei fatti uno dei più accreditati (e preparati) esponenti dei 5 Stelle. Renzi dunque nella sostanza gli ha fatto perdere la Presidenza del Consiglio ma gli ha dato la possibilità di accomodarsi da subito nella cabina di comando del movimento, come è giusto che fosse, assicurandosi così un futuro.

ANCHE CONTE, ZINGARETTI, BERLUSCONI E SALVINI DOVREBBERO RINGRAZIARE RENZI

Ma un grazie a Renzi alla fine lo dovrà dire anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che la crisi l’ha giocata tutta in difesa dei vecchi nemici (i grillini) e a danno dei nemici più giovani (Renzi). Nonostante abbia dato l’idea di non avere toccato palla per tutta la crisi, Zingaretti ora rischia di diventare lui stesso ministro. La strategia del Pd, dettata irritualmente da un Goffredo Bettini apparso fuori forma rispetto alla sua abituale lucidità, avrebbe potuto danneggiare il segretario che invece, con uno scatto di reni, si fa per dire, ha subito detto si a Draghi e oggi è li pronto a sedersi su uno scranno governativo.

E un grazie a Renzi dovranno dirlo sin da ora anche Silvio Berlusconi, che dal buon ritiro francese è tornato idealmente in Italia (nella realtà è rimasto per cautela dove stava) in Italia per sedersi al tavolo dei vincitori, ridare centralità alla sua ormai fragile Forza Italia e ricordare a tutti che Draghi e lui sono amici di vecchia data. E in fondo la stessa cosa dovrebbe fare anche Matteo Salvini. Si, anche lui dovrebbe ringraziare il suo omonimo. Quel Renzi che 18 mesi fa lo lasciò senza governo e senza elezioni a mollo al Papeete. Lo dovrebbe ringraziare perché se Conte e Zingaretti fossero stati un po’ più lucidi, agguerriti e determinati lui al governo chissà quando ci si sarebbe potuto riaffacciare. Invece ora, grazie anche agli influssi benefici che gli procura il suo fido e più moderato consigliere, Giorgetti, potrebbe in una sola volta tornare nella stanza dei bottoni e soprattutto fare pace con l’Europa. Potrebbe cioè fare vedere che l’epoca populista e nazionalista della Lega è ormai una fase finita.

Insomma, in attesa che la grande storia sia scritta sono in tanti che sin da ora dovrebbero ringraziare Matteo Renzi. Il politico che, non dimentichiamolo, è stato l’artefice dell’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, e appunto colui che nel momento più difficile dal dopo guerra sta mettendo l’uomo migliore che abbiamo alla guida del Paese. C’è qualcuno che non dovrà ringraziare Renzi? Certamente non lo ringrazieranno tutti quelli che grazie a lui in queste ore stanno preparando gli scatoloni. Ma quelli, diciamolo, poco male. Né lo ringrazieranno i grillini “gruppettari”, quelli aizzati dal senza pace Dibattista. Neanche Giorgia Meloni, tornata a destra in beata solitudine, avrà motivi di gratitudine.

Tuttavia, forse, almeno in apparenza, quello che da tutto questo bailamme ha avuto poco da guadagnare è stato proprio il Renzi medesimo. Fare il killer dei Presidenti del consiglio (Letta e Conti) importa il pagamento di prezzi cari. La reputazione e l’affidabilità del leader di Italia Viva oggi agli occhi di molti è ai minimi. Senza contare che è assai improbabile che lui stesso vada al governo. Insomma, si potrebbe dire che l’ascesa di Draghi a Palazzo Chigi ha fatto bene a tutti, a cominciare dal Paese, ma non è detto che faccia bene ha chi l’ha voluta sin dall’inizio e provocata imbarcandosi in una dura lotta dalla quale tutti lo hanno fatto uscire come l’elemento di inaffidabilità.

LAVORARE PER UN SALTO DI QUALITA’ CHE RIDIA SPERANZA AL PAESE E FUTURO ALLA POLITICA

Sarà veramente così? Renzi pagherà un dazio personale per tutte queste sue aspre battaglie? Avrà fatto bene a mandare prima Mattarella al Quirinale e oggi Draghi a Palazzo Chigi? Lo vedremo appunto col tempo. La sensazione è che qui il gioco sia molto più grande di quello che appare a prima vista. A noi questa non sembra una semplice sfida di potere, la caduta di un governo a favore di un altro. A noi sembra che qui, nel momento più difficile per l’Italia dalla fine della Seconda Guerra mondiale, si sia cambiata la storia di un governo per cambiare definitivamente la geografia politica di una nazione. La sensazione è che da questa crisi possa nascere non solo il “Governo dei migliori” destinato a salvare il paese e ad assicurargli un futuro, ma anche un nuovo assetto politico che ridisegnerà in meglio la mappa dei partiti e i loro sistemi di alleanza.

Se questo accadrà, se Draghi, come pensiamo, saprà trovare la formula per mettere le nostre personalità migliori, anche per un breve periodo, a lavorare seriamente per il Paese, a spendere con intelligenza i soldi che mai in precedenza abbiamo avuto a disposizione. Se questa squadra per una volta sarà libera di operare svincolata dagli interessi di parte, ma concentrata su pochi semplici obiettivi condivisi. Se questo accadrà potremmo uscire veramente bene dal momento drammatico che stiamo vivendo. Questo è un paese bizantino, con ampie venature cialtronesche, ma se ci si mette, quando lavora a testa bassa è capace di tutto. Fu così negli anni 60, quando sfruttando il piano Marshall creammo gli anni del boom economico. Fu così in Spagna quando Gentile fermò Falcao e Maradona e Paolo Rossi invece non fu fermato da nessuno. La storia con la “s” maiuscola dirà se sui libri con Draghi entrerà anche Renzi. Intanto non si può non constatare che l’oggi è molto meglio di ieri e non si può non fare sentire al governo che nascerà tutto il sostegno di chi vuole che l’Italia rinasca. Nel 68 si diceva “contro i sensi vietati, le strade del possibile”. Oggi è teoricamente possibile prendere strade che fino a ieri ci erano vietate. E’ un’occasione per rilanciare la nostra economia, per ammodernare il paese, per ridare dignità alla politica. E’ un’occasione da non perdere.

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