Elezioni 2022, nella giornata conclusiva del Forum Ambrosetti il dibattito di tutti i leader politici

di Emilia Morelli

Per l’ultima giornata del Forum Ambrosetti assistiamo al dibattito di tutti i leader politici ed il Forum è divenuto così palcoscenico per la campagna elettorale. Gli argomenti trattati hanno spaziato dalla politica interna, alla politica economica, quella energetica e la guerra in Ucraina.

L’intervento della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, si è concentrato essenzialmente sulle difficoltà sistemiche dell’economia capitalista. “Eravamo convinti che con il libero commercio senza regole avremmo ottenuto un futuro nel quale la ricchezza si distribuiva e le nazioni che erano indietro rispetto a noi per esempio sui diritti si sarebbero avvicinate al nostro modello”, ma “non è andata così”, ha esordito la leader di Fdi che è poi passata ad un’analisi delle difficoltà attuali. Secondo la Meloni “la ricchezza si è verticalizzata, si è spostata verso Oriente, i regimi e i sistemi autocratici hanno guadagnato campo nel mondo e contemporaneamente sono involuti. Ci siamo indeboliti perché non avevamo più il controllo di niente. Quando ce ne siamo accordi era troppo tardi. Quello che stiamo vivendo in questi giorni spiega uno scenario che qualcuno aveva tentato di segnalare anni fa e per questo era stato definito autarchico. Indipendenza energetica? Materie prime? Ora noi abbiamo il gas, è ovviamente è il problema più evidente, ma vogliamo parlare di semiconduttori e microchip, che abbiamo appaltato completamente all’Asia e quando è arrivata la pandemia la Cina ha privilegiato il mercato interno e noi ci siamo trovati con intere catene produttive completamente ferme? Sento Emmanuel Macron, che non è un pericoloso sovranista, parlare di autosufficienza alimentare. Noi oggi abbiamo due nazioni in guerra e da sole producono il 30% del grano mondiale, e rischiamo che questo si riversi su cento milioni di africani e quindi di rimbalzo anche da noi. Nei nostri ragionamenti – invita Meloni – dovremmo pensare anche alle nostre catene del valore. L’Unione europea nacque come Comunità economica del carbone e dell’acciaio, cioè per i problemi di materie prime e approvvigionamento energetico. Oggi si trova esposta proprio su materie prime ed energia. Ha lavorato bene? O forse non aveva così torto chi diceva che l’Europa doveva fare meno e fare meglio, occuparsi delle questioni strategiche delle quali non sempre si è occupata? Io penso che le catene del valore devono tornare nazionali quando possibile o almeno europee, e quando non possibile bisogna lavorare sul friend-shoring, cioè sulle nazioni alleate, quando non è possibile neanche questo sul near-shoring, cioè sulle nazioni vicine”. Una politica, quindi, volta a salvaguardare l’economia nazionale in quanto, ha sottolineato Giorgia Meloni, “siamo in mezzo a una guerra, e indipendentemente da quanto durerà, resterà la divisione tra blocchi”. Secondo la presidente di Fdi  dietro la guerra in Ucraina si cela l’obiettivo di una vera e propria revisione degli aspetti mondiali. “Per questo Fratelli d’Italia ha preso una posizione così chiara sul conflitto in Ucraina. Se l’Ucraina cade e l’Occidente perisce, il grande vincitore non sarà solo la Russia di Putin, ma la Cina di Xi Jinping. E chi è più debole in Occidente, segnatamente l’Europa, rischia di ritrovarsi sotto l’influenza cinese. Bisogna combattere questa battaglia. Sento ancora parlare di sanzioni sì, sanzioni no, armi sì, armi no. Pensate veramente che con la posizione italiana decidiamo il destino del conflitto in Ucraina? Se l’Italia si ritirasse, cosa farebbe il resto dell’Occidente? Non cambierebbe niente”.

Di tenore diverso l’intervento di Enrico Letta, che ha rimarcato le falle della politica ma con uno sguardo ottimista nei confronti del futuro delle imprese italiane. “Negli ultimi quindici anni c’è stata una legislatura di centrodestra, una di centrosinistra, una variegata dal punto di vista dei colori politici. Questo vuol dire che tutti noi c’eravamo, nessuno può dire che non c’era. Per questo dobbiamo fare un discorso di verità. Il voto conta, non è vero che l’agenda della realtà si imporrà a chiunque sia eletto. Chiediamolo agli inglesi, quando hanno votato per Brexit, le conseguenze dureranno per tutta la loro vita. Il futuro dell’Italia è il futuro di una grande potenza industriale. Veniamo da un periodo positivo grazie a scelte che hanno portato a prospettive di investimento importanti, come con il Pnrr. Ci sono difficoltà ma anche tanti segnali di speranza, che vengono anche e soprattutto da un mondo di imprese dinamiche e innovative che stanno cercando di guardare al mondo e hanno bisogno di una pubblica amministrazione in grado di dare risposte”.  Un passaggio, poi, il segretario del Pd lo riserva alla vicenda che ha condotto alla caduta del governo guidato da Draghi. “Il Pd è stato lineare nei confronti del governo Draghi. Quella di coloro che lo hanno fatto cadere, quindi il Movimento 5 stelle, Forza Italia, la Lega, e di Fratelli d’Italia, che coerentemente è sempre stata all’opposizione, è una responsabilità grave, rispetto alla drammaticità del momento che stiamo vivendo. Con questa legge elettorale la parte maggioritaria determina chi vince e chi perde, quindi le alleanze di governo sono necessarie, come quella che noi abbiamo costruito con Più Europa e Impegno civico, abbiamo aggiunto un’alleanza di difesa della Costituzione con Verdi e Sinistra Italiana”, ha sottolineato Enrico Letta che ha aggiunto, “Confermiamo qui le nostre alleanze internazionali noi siamo per l’Europa e l’Alleanza atlantica, sono valori che portiamo avanti anche in momenti di grande difficoltà come gli ultimi otto mesi”.

Il leader del M5s, Giuseppe Conte, è tornato invece a parlare di investimenti  “nella giusta direzione, in energia pulita, in una vera transizione ecologica. Io credo che un ritorno al passato significherebbe aumentare soltanto i costi sociali e finanziari e abbracciare la spirale recessiva”. La crisi energetica che stiamo vivendo, secondo Conte, ha messo in secondo piano il vero obiettivo che sarebbe necessario perseguire: la transizione ecologica. “Un rapporto di Deloitte ha quantificato il fallimento della sfida al contrasto dei cambiamenti climatico. Noi avremo un costo di 178 trilioni di dollari nei prossimi 50 anni. Al contrario, abbracciare questa sfida potrebbe generare 43 trilioni di dollari di benefici aggiuntivi nei prossimi cinque decenni. Il mancato investimento di oggi nella giusta direzione significa una moltiplicazione dei costi sociali incontrollati per domani”, ha detto l’ex premier che ha evidenziato: “Uno studio dell’Oxford review of economic policy ci dice che un milione di dollari speso in infrastrutture per le energie rinnovabili genera 7,5 posti di lavoro a tempo pieno. Se viene speso nelle fonti fossili, ne genera solo 2,6. Investire nel green deal triplica i posti di lavoro”.

Il segretario di Azione, Carlo Calenda, ha ribadito il chiaro intento di proseguire con quanto iniziato dall’esecutivo di Mario Draghi. “Non possiamo ricominciare come negli ultimi trent’anni. È stato chiamato l’italiano più illustre del mondo e poi è stato sfiduciato per ragioni di bassa cucina elettorale, nel momento in cui abbiamo una situazione geopolitica drammatica, l’inflazione, il caro-energia. Il nostro proposito è molto semplice: non tornare al via come al monopoli, ricominciare, con i fascisti, i comunisti, la destra, la sinistra, le promesse che non si realizzano”. Per il segretario di Azione occorre “ricominciamo dal metodo e dall’agenda di Draghi. Draghi è caduto perché in Parlamento ha detto le cose che servivano fare: il rigassificatore, cambiare il reddito di cittadinanza… È la prima volta che qualcuno dice con nettezza dei sì e di no. Noi faremo pochissime promesse. Il problema dell’Italia da 30 anni non è la mancanza di soldi, ma la mancanza di capacità di realizzare e implementare. Non c’è cultura della gestione. Io da ministro dello Sviluppo economico ho fatto tutto quello che volevo fare, a partire da Industria 4.0. L’ho fatta recuperando 12 miliardi  e mezzo di fondi non spesi. Vogliamo spezzare il bipopulismo che ha affondato l’Italia. Siamo davanti a un quadro internazionale che è molto pericoloso. Un quadro geopolitica che ridisegna anche le rotte del nostro export. Ma più si chiudono i blocchi più dobbiamo avere accesso alle democrazie liberali”.

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