Elezioni 25 settembre: scontri nel centrosinistra, nel centrodestra si cerca di dar vita ad una coalizione forte

di Carlo Longo

Dopo la crisi di governo è già entrata nel vivo la campagna elettorale, non mancano le prime scintille e gli scontri tra i partiti. In primo luogo il M5s, dopo aver innescato la fine del governo Draghi, deve prima di ogni altra cosa risolvere i dissidi al suo interno.

Per i pentastellati ha preso la parola il garante del Movimento, Beppe Grillo, che in un video sul suo blog ha sottolineato: “Sono tutti contro di noi ma abbiamo di fronte qualcosa di straordinario”. Nel suo discorso Grillo non ha mancato di fare battute sul commiato del presidente Draghi alla Camera prima di salire al Quirinale a confermare le sue dimissioni.  “Ho un cuore che pulsa…altro che il cuore dei banchieri… ho un cuore da ragioniere”, ha detto Grillo spiegando che gli avvenimenti che hanno colpito il Movimento nelle ultime settimane, a partire dalla scissione,  hanno disorientato la dirigenza del partito.

“Il Movimento ….non lo so se è disintegrato, se è molecolare o quantico. Non lo so. Ma una cosa la so: ho guardato il Parlamento mentre Draghi parlava e non era Draghi che mi ha sconcertato ma la visione del Parlamento, una visione vecchia di gente che sta lì da 30-40 anni. Anche noi cominciavamo a essere dentro quella visione, siamo il gruppo parlamentare più giovane, ma cominciavamo a non distinguere più. Questo mi ha fatto riflettere, quel Parlamento lì non se lo merita nessuno figuriamoci Draghi. Non lo merita nemmeno l’ultimo degli italiani”, ha incalzato Grillo.

Beppe Grillo ha deciso di esprimersi in relazione alla decisione di Luigi Di Maio di lasciare il Movimento. “C’è gente che entra in politica per diventare una cartelletta. ‘Giggigino a cartelletta’ adesso è là che aspetta di archiviarsi in qualche ministero della Nato”, ha detto il garante.

Non si è fatta attendere la replica di Di Maio. “Per quanto mi riguarda il Movimento non c’è più. Ho contribuito a fondarlo e costruirlo e a torto o ragione era nato per andare al governo e cambiare le cose, non sfasciare i governi per complicare le cose. Se vogliamo davvero costruire un’area di unità nazionale che guardi all’obiettivo di mettere a posto questo Paese, con una prospettiva, una visione, una programmazione, non posso rispondere tramite le interviste o le repliche all’uno o all’altro tweet. Io vorrei cercare di unire come stanno facendo tanti altri. Se ci riusciamo bene. Se non ci riusciamo allora vorrà dire che gli elettori prenderanno atto anche di questo”, ha fatto sapere Di Maio.

In realtà, però, la decisione del Movimento di innescare la crisi di governo lo ha allontanato irreversibilmente dal partito alleato, il Pd. “Mai più con il M5S. Conte ha commesso un errore imperdonabile. Non ha saputo scegliere fra destra e sinistra e ha finito per fare un grande favore alla destra estrema”, ha dichiarato il vicesegretario dei dem Giuseppe Provenzano che ha sottolineato quanto, peraltro, “a disconoscere il valore dell’alleanza è stato lui” Giuseppe Conte, “quando ha ripetuto più volte che il M5S è l’unica forza politica a porre temi sociali”. Ma secondo Provenzano: “l’agenda sociale è nostra e non la deleghiamo a nessuno”.

“Dai Dem parole arroganti”, ha risposto il leader dei 5 Stelle Conte  aggiungendo: “Nè con loro nè con Renzi”.

Rinunciando al campo largo, però, il Pd sta correndo il grande rischio di determinare un’assoluta vittoria della destra. Sul punto è intervenuto il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che ha affermato:  “se questo è il disegno”, Letta rischia di essere il segretario di un partito che lascia per la prima volta la maggioranza assoluta alla più estrema destra del panorama europeo. Non capisco la scelta dem. Magari prendono il 25%, ma lasciano alla Meloni e a Salvini la possibilità di cambiare la costituzione da soli. Se davvero fosse così, auguri”, ha evidenziato Renzi.

Clima di tenore opposto si respira nel centrodestra, dove i partiti cercano di dare vita ad una solida coalizione. Giorgia Meloni, la leader di Fdi, è andata a trovare Silvio Berlusconi a Villa Grande. La Meloni vuole evitare i conflitti interni: “Avremo tutti contro, smettiamo di litigare. “Governa chi vince alle urne”, ha reso noto mentre ha frenato sulle promesse elettorali: “Il programma della coalizione sia realistico”.

Cauto il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani. “Il centrodestra deve ancora decidere con quale modalità definire il proprio candidato premier. Ogni partito, dentro la coalizione, correrà per sé, non avremo bisogno di annunciare subito un candidato premier comune. Per quanto riguarda la scelta finale sul nome per Palazzo Chigi, se ne parlerà in un momento futuro. A cominciare dal vertice in programma la prossima settimana”, ha spiegato Tajani che ha aggiunto, “Dobbiamo giocare ancora la partita e vincerla. Poi si vedrà chi alzerà la coppa. Tutto dipenderà dai risultati alle urne”.

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