Elezioni a Taiwan. Una partita a scacchi ad alto rischio tra Washington e Pechino

Il 13 gennaio si vota a Taiwan. Ventitre milioni di taiwanesi sono chiamati alle urne per decidere democraticamente se seguire il modello proposto da Pechino “un Paese, due Sistemi” già applicato ad Hong Kong, oppure seguire la linea di Washington a favore dell’indipendenza. I candidati sono tre: Lai, indipendentista, Hou, nazionalista e Ko, popolare. La pressione politica è molto forte da tutte le sponde ma a seconda delle scelte potrebbe essere comunque “Guerra”.

La premier in carica Tsai Ing-wen di orientamento indipendentista ha già espletato i due mandati previsti dalla legge e non può ricandidarsi. Alla successione di Tsai, si presenta l’attuale vicepresidente William Lai Ching-te, del partito democraticoprogressista (DPP), indipendentista convinto, segue la linea consigliata da Washington.

All’opposizione, il sindaco in carica di Nuova Taipei, Hou Yu-ih del partito Kuomintang (KMT) su posizioni
pro-Cina, è il preferito da Pechino, propone la strada dell’unificazione con la Repubblica Popolare. Infine Ko Wen-je, ex chirurgo, ex sindaco di Taipei, fondatore nel 2019 del partito popolare di Taiwan (TPP), si definisce “accidentale”: “non si può continuare a dire no alla Cina, ma non si può essere obbedienti al grande vicino” queste le sue idee. Insomma, un presidente che sappia stare in mezzo.

Ko ha raccolto le preferenze dei giovani, attaccando gli altri due partiti ha fatto un inaspettato balzo in avanti nei sondaggi.
Le intenzioni di voto nei sondaggi prima del blackout elettorale davano Lai al 35% , Hou al 29% e Ko al 24% (Corriere della Sera  3/01/2024) Chi arriva primo, non importa con quale percentuale, viene eletto. La competizione è aperta ma la popolazione non crede ai sondaggi che ritiene falsati dalle pressioni politiche esterne. I sondaggi dicono che la maggioranza dei taiwanesi è favorevole a mantenere lo status quo con Pechino, “Un Paese due Sistemi ” e “Una indipendenza di fatto”, (corriere.it- 09.01.2024) ma anche salvaguardare la leadership tecnologica e la sicurezza economica dell’isola.

Ben più complesse sono le relazioni internazionali dove, dietro la semplice volontà dei cittadini di mantenere lo status quo (mantenere cioè un sistema di diritto democratico) si cela la competizione strategica tra due potenze “Cina e America”. Quale il terreno di scontro?! La produzione e la commercializzazione di microchip avanzati e le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale.

Taiwan detiene il più grande sistema industriale per la produzione di chip al mondo. Detiene il 60% del mercato dei semiconduttori con il 90% del mercato dei microchip più avanzati. In un mondo altamente tecnologico i microchip sono ovunque, qualsiasi oggetto elettronico funziona grazie ai microchip e una interruzione di produzione, in caso di guerra, farebbe tornare indietro il mondo di cento anni. Taiwan detiene il primato di fonderie di chip, l’equipaggiamento per la manifattura e il preziosissimo Knowhow e rappresenta uno snodo fondamentale della tecnologia globale, gli attori locali desiderano continuare ad esserlo.

Per questo è importante avere una politica interna che adattandosi ad un mondo che cambia rapidamente non deve per forza di cose politicizzare ogni mossa. La Cina è il principale partner di Taiwan sia per le importazioni che per le esportazioni, con circuiti integrati al centro degli interscambi. Secondo l’International Trade Administration di Taiwan, la Repubblica Popolare Cinese ha importato 29 miliardi di dollari di semiconduttori tra gennaio e agosto 2023 assemblati poi sul suolo cinese dalle grandi multinazionali. Il gigante hi-tech cinese Huawei è il principale esecutore di sfida
all’egemonia tecnologica americana.

In base alla categorizzazione per località di produzione la Cina raggiunge il 29% del mercato mondiale,
Taiwan il 43% e gli Stati Uniti si attestano all’11%. Gli Stati Uniti hanno, attraverso la legge delle US Foreign Direct Product Rules (Fdpr), attuato un sistema di restrizioni per l’export dei semiconduttori da parte di Taiwan ma poi sono stati costretti ad allentarle poiché multinazionali americane come la Apple senza la fornitura dei semiconduttori rallentavano le loro quote di produzione.La sicurezza economica e l’autonomia di Taiwan sono sempre più al centro del dibattito politico internazionale, e non è a caso che le elezioni di un Paese così piccolo possa destare così grande interesse
per l’economia e la politica dell’Occidente.