E’ prematuro parlare di fine dell’erdoganismo, ma sicuramente il quadro attuale ne mostra un significativo rallentamento: la leadership del presidente è ora messa in discussione e contestata
Durante la serata dell’Iftar, che segna la conclusione del giorno di digiuno nel Ramadan, giungono i risultati elettorali da Ankara, Istanbul e poi Smirne. Un’ombra di colore rosso, rappresentante il partito repubblicano, infligge al presidente Erdogan e al suo partito islamo-conservatore, l’AKP, una significativa sconfitta nelle elezioni comunali di domenica, forse la più rilevante dei suoi oltre 20 anni di governo. Mentre i centri minori e medi dell’Anatolia centrale, tradizionalmente dominio dei conservatori, confermano il loro sostegno all’AKP, le principali città della Turchia – incluse Ankara, Istanbul, Smirne, Bursa e Adana – preferiscono i candidati del CHP, il principale partito d’opposizione. Se un anno fa il presidente aveva vinto le elezioni nazionali in una Turchia divisa, ora il consenso per il suo AKP cala in tutto il Paese. E’ prematuro parlare di fine dell’erdoganismo, ma sicuramente il quadro attuale ne mostra un significativo rallentamento: la leadership del presidente è ora messa in discussione e contestata. L’opposizione recupera fiducia.
“I nostri elettori oggi hanno preso una decisione di grande portata, stabilendo una nuova direzione politica in Turchia”, afferma emozionato in televisione Ozgur Ozel, presidente del CHP, trasmettendo un messaggio di unità: “Non ci sono perdenti in questa vittoria. Il nostro successo non comporta la sconfitta di nessuno. Non vogliamo che nessuno si senta escluso, indipendentemente dal partito per cui ha votato”.
Il trionfo di Imamoglu a Istanbul
Ad Ankara, il sindaco uscente Mansur Yavas supera il suo avversario con un margine di oltre 10 punti, mentre a Smirne Cemil Tugay è in testa con un ampio margine. Tuttavia, è a Istanbul che si verifica la sconfitta più significativa. Erdogan ha sempre sostenuto che “chi governa Istanbul governa la Turchia”, avendo iniziato la sua carriera politica nella metropoli di 16 milioni di abitanti negli anni Novanta. Il sindaco uscente, Ekrem Imamoglu, è riuscito a rinvigorire un’opposizione intimorita e delusa dopo la sua sconfitta alle ultime elezioni presidenziali. A 43 anni, musulmano praticante e liberale, nel 2019 ha strappato Istanbul ai conservatori dopo 25 anni di governo dell’AKP, presentandosi come un uomo del popolo: a suo agio nei mercati, vicino alle donne che indossano il velo e al contempo difensore delle libertà civili e sociali, sostenitore dei lavoratori e degli industriali.
La vittoria è stata conquistata nonostante l’opposizione frammentata e il controllo dei media da parte del governo
La vittoria del candidato del presidente, il tecnocrate Murat Kurum, è avvenuta nonostante Erdogan si sia impegnato personalmente nella campagna elettorale. Una vittoria conquistata nonostante si tratti di un’opposizione divisa, essendo venuta meno la coalizione con i curdi e i nazionalisti che aveva garantito la sua elezione cinque anni fa. E nonostante il governo abbia potuto contare su un’assenza di pluralismo che ha permesso di “imporre il proprio discorso su tutti i media, con un evidente controllo sulla televisione pubblica”, come denuncia Reporter Senza Frontiere.
L’astensione e il messaggio al governo
Rispetto alle elezioni comunali del 2019, la partecipazione è scesa dal 85% al 76%. Gli elettori dell’opposizione sono andati a votare in un clima di “apatia politica e alienazione”, come descritto dall’analista politico Seda Demiralp. Tuttavia, anche se delusi, hanno visto l’opportunità di riacquistare fiducia nei candidati a Istanbul e Ankara.
La vittoria ridà speranza e proietta Imamoglu come il candidato più forte del CHP alle elezioni presidenziali del 2028, a condizione che il sindaco dimostri di saper governare e di unire le diverse fazioni dell’opposizione turca.
Le conseguenze per Erdogan
L’astensione sembra aver colpito soprattutto il governo, inviando un chiaro messaggio a Erdogan e al suo cerchio di potere in un momento in cui l’inflazione è al 67% e la lira è in caduta libera rispetto al dollaro. “I suoi sostenitori hanno voluto esprimere il loro dissenso non dimostrando interesse per i nomi e i discorsi presentati loro”, osserva Demiralp. A livello interno, la sconfitta probabilmente spingerà Erdogan a rivedere il suo team di governo, e certamente rallenterà la tentazione del presidente di modificare la Costituzione per lasciare aperta la porta a un terzo mandato, nonostante le sue affermazioni ripetute che queste fossero le sue ultime elezioni. A livello internazionale, la politica di Ankara non subirà cambiamenti e le ambizioni di Erdogan di affermarsi come leader del mondo musulmano e mediatore nei conflitti in Ucraina e Medio Oriente non saranno frenate. Tuttavia, l’immagine di un uomo solo al comando appare è ora offuscata, e i potenti del mondo utilizzeranno la situazione a loro favore nelle trattative con il presidente turco.
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