Femminicidi e magistratura, la Cassazione depotenzia il reato di stalking

di Carlo Longo

“La Convenzione di Istanbul, che prescrive di rendere concreto il diritto delle vittime alla protezione, resta in larga parte ancora disattesa”,  questa una delle conclusioni del rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria approvato dalla commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio presentato oggi.

L’indagine sui femminicidi e sulla necessità di sensibilizzare la magistratura è stata svolta sottoponendo appositi questionari a procure, tribunali ordinari, di sorveglianza, Csm, scuola superiore della magistratura, consiglio nazionale forense e ordini degli psicologi focalizzando l’attenzione sul triennio 2016-2018. Il quadro che ne è derivato lascia spazio ad un’unica “serve molta più formazione e specializzazione per riconoscere e con affrontare con efficacia la violenza contro le donne, sanzionarla, prevenire escalation, sostenere le donne che denunciano”.

Alle enunciazioni di principio e alle intenzioni di massima si contrappone la sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite della Cassazione che, di fatto, depotenzia il reato di stalking. Nel caso di specie si trattava era di un omicidio avvenuto a Sperlonga, provincia di Latina, nel giugno del 2016. Una dipendente delle Poste, Anna Lucia Coviello, è stata uccisa, dopo essere stata vittima di stalking per mesi e mesi, da una sua collega in un parcheggio. L’imputata, Arianna Magistri, in abbreviato era stata condannata per entrambi i reati a 16 anni. In secondo grado, dopo un rinvio della Cassazione, aveva preso per gli stessi reati 15 anni e 4 mesi. Ieri, le Sezioni unite hanno ridotto la pena stabilendo che lo stalking viene assorbito dall’omicidio: la sentenza definitiva è di 14 anni e 4 mesi di carcere. La suprema corte ha, quindi, stabilito che nel caso in cui lo stalking sfoci in un omicidio si debba essere puniti per il solo cagionare la morte e non anche per lo stalking e le lesioni subite in precedenza.

In sostanza si tratta di una sentenza che comporta una vera e propria regressione in tema di tutela dei diritti delle donne e di femminicidio. “La conseguenza di un sistema di interpretazione che dovesse riconoscere l’assorbimento dello stalking nel successivo omicidio della stessa vittima rischiano  di depotenziare un sistema di tutela delle vittima più vulnerabili, in massima parte le donne in situazione di particolare debolezza, che faticosamente si è fatto strada nel nostro ordinamento soltanto negli ultimi lustri. Dalla libertà sessuale a quella di relazione, sino al diritto dell’intangibilità fisica”, ha commentato il sostituto procuratore generale Luigi Birritteri durante la requisitoria del procedimento di cui si parla. A quanto pare, quindi, la sensibilizzazione della magistratura in tema di diritti delle donne deve partire proprio dal supremo organo giudicante: la Cassazione.

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