Fondazione Open, chiesto il rinvio a giudizio per 11 indagati tra cui Renzi

di Emilia Morelli

La Procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio di 11 indagati, tra cui Matteo Renzi, per l’inchiesta relativa a presunte irregolarità nei finanziamenti di Open, la fondazione nata per sostenere le iniziative politiche dello stesso Renzi. Tra gli indagati ci sono Maria Elena Boschi, capogruppo di Italia Viva alla Camera, Luca Lotti, ex sottosegretario e attuale deputato Pd, Alberto Bianchi, ex presidente di Open, Marco Carrai, imprenditore. Sono coinvolte, inoltre, nell’inchiesta quattro società: la Toto Costruzioni, la Immobil Green, la British American Tobacco Italia spa e la Irbm spa (già Irbm Science park spa). L’udienza preliminare è fissata per il 4 aprile ed i capi di imputazione riguardano il finanziamento illecito ai partiti, la corruzione, il riciclaggio e il traffico di influenze.

Renzi in più occasioni ha pubblicamente attaccato la procura di Firenze per l’indagine sulla Fondazione Open, già conosciuta dal 2019, e ora che è intervenuto il rinvio a giudizio ha diffuso una nota in cui afferma: “Finalmente inizia il processo nelle aule e non solo sui media. E i cittadini potranno adesso rendersi conto di quanto sia fragile la contestazione dell’accusa e di quanto siano scandalosi i metodi utilizzati dalla procura di Firenze. È utile ricordare a questo proposito che la richiesta è stata firmata dal Procuratore Creazzo, sanzionato per molestie sessuali dal Csm; dal procuratore aggiunto Turco, che volle l’arresto dei genitori di Renzi poi annullato dal Tribunale della Libertà e dal Procuratore Nastasi, accusato da un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri di aver inquinato la scena criminis nell’ambito della morte del dirigente Mps David Rossi. Questi sono gli accusatori”. La nota prosegue spiegando che il leader di Italia Viva ha, inoltre, denunciato i pm di Firenze alla procura di Genova per una presunta violazione dell’art 68 della Costituzione che vieta di perquisire i parlamentari anche se, all’epoca dei fatti, Renzi non era ancora stato eletto al Senato  e gli atti dell’inchiesta Open sono derivanti da cellulari sequestrati ad altri indagati.

Ad ogni modo la Procura di Firenze è convinta dell’impianto accusatorio secondo cui la Fondazione Open avrebbe agito con l’articolazione di un partito e tra il 2012 e il 2018 avrebbe ricevuto “in violazione della normativa” sul finanziamento ai partiti circa 3,5 milioni di euro, spesi almeno in parte per sostenere direttamente l’attività politica della corrente renziana del Pd. In particolare, nell’avviso di conclusione indagini firmato dal pm Nastasi, si legge che dal 7 novembre 2014 all’11 luglio 2018 la Fondazione ha ricevuto 3.567.562 euro. Viene inoltre segnalata poi una lunga lista di finanziatori, individuati dalla Guardia di finanza, alcuni dei quali avrebbero di fatto corrotto Luca Lotti perché nella sua carica di segretario del Comitato Interministeriale per la programmazione economica li agevolasse nei rispettivi settori. Ancora, si ritiene che Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi erano “componenti del consiglio direttivo della Fondazione Open, riferibile a Renzi Matteo (e da lui diretta)” e sono pertanto indagati per l’ipotesi di reato di finanziamento illecito ai partiti perché “ricevevano, in violazione della normativa citata, i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open; somme utilizzate per sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana”.

Un’altra accusa di corruzione riguarda, invece, la vicenda che vede coinvolta la Toto costruzioni generali. Secondo i pm Lotti si sarebbe “ripetutamente adoperato, nel periodo temporale 2014-giugno 2018, affinché venissero approvate dal Parlamento disposizioni normative favorevoli al gruppo Toto”, titolare di concessioni autostradali. Ipotesi che sembrerebbe confermata dalle numerose chat intercorse tra Lotti, Bianchi e Alfonso Toto, ceo del gruppo. Dalle intercettazioni emerge, ancora, un coinvolgimento con donazioni ricevute dalla British American Tobacco.
Vi sono, poi, due ipotesi di reato per traffico di influenze, una nei confronti di Patrizio Donnini accusato di finanziamento illecito e una nei confronti di Pietro Di Lorenzo, imprenditore a capo della Irmb Pomezia.  Il primo, secondo i pm si sarebbe fatto dare oltre un milione di euro da Toto mentre Di Lorenzo avrebbe versato 130mila alla fondazione Open ed in cambio ottenuto l’erogazione di finanziamenti pubblici per la realizzazione di una tv scientifica da parte del Cncss, partecipato dalla sua Irbm, dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dall’Istituto superiore di Sanità (Iss).
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