Giustizia penale, la riforma elaborata dalla Cartabia ha il via libera in Cdm

di Corinna Pindaro

Secondo fonti autorevoli la riforma della giustizia penale è stata approvata dal Consiglio dei ministri. Il via libera è stato ottenuto dopo una  lunga discussione e una breve sospensione. Inoltre alla seduta del Cdm è intervenuto anche Draghi il quale  ha chiesto esplicitamente se tutte le forze politiche di maggioranza sostengono le norme e se sarà così anche in Parlamento. Una richiesta a cui nessuno ha risposto negativamente.

Draghi ha, poi, dichiarato: “Vorrei ringraziare la ministra Cartabia per questo bel testo e ringrazio tutti voi: il tema è complesso e di alta dignità per il significato del governo. Vi chiedo di sostenere con lealtà in Parlamento questo importante provvedimento. Veniamo da esperienze politiche diverse, esprimiamo bandiere identitarie, lo sforzo è stato quello di allontanarsi un poco datali bandiere ma in modo tale” che tutti possano riconoscersi nel testo della riforma.

La riforma della giustizia penale elaborata dalla Cartabia è mossa da nobili aspirazioni ideologiche e pratiche: la riforma del processo penale messa a punto dalla guardasigilli punta a velocizzare i tempi della giustizia e renderli compatibili con gli obiettivi del Pnrr e gli standard europei. “Lo sforzo della riforma è stato dare un’immagine del processo penale, in cui tutti potessero riconoscersi”, ha spiegato la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, nell’illustrare gli emendamenti al Cdm. La seduta è stata preceduta da un incontro tra Draghi, la Cartabia e i ministri del M5s da cui era uscito un accordo. Nel corso della seduta, però, è stata Forza Italia a chiedere una breve sospensione per esaminare alcune delle modifiche apportate.

Il M5S, in un primo momento, aveva preannunciato l’astensione in Cdm, posizione che ha fatto slittare di quasi due ore l’inizio del Consiglio dei ministri. In particolare i dubbi dei pentastellati vertevano sulla disciplina della prescrizione, il meccanismo prevede che il decorso della prescrizione del reato si interrompa con la sentenza di primo grado, come previsto dal testo Bonafede, ma poi si interviene sulle fasi processuali. La riforma del processo penale arriva il 23 luglio nell’Aula della Camera e soprattutto occorre rispettare le scadenze fissate nel Pnrr per avere i fondi dall’Unione europea che chiede un drastico taglio dei tempi del processo.

“Siamo soddisfatti perché oggi si chiude definitivamente l’era Bonafede. I 5 Stelle hanno voluto un contentino last minute per digerire la loro sonora sconfitta”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva, Lucia Annibali, capogruppo in Commissione Giustizia, che aggiunge: “Sono stati fatti notevoli passi avanti e sono stati superati molti punti critici della riforma Bonafede, dal giudice monocratico in appello alla prescrizione ci sono dei cambiamenti importanti. Poi il Parlamento è sovrano e ci saranno ulteriori modifiche”.

L’intervento sulla riforma della giustizia penale si presenta molto sostanzioso. In particolare, per quanto riguarda le indagini preliminari è prevista l’introduzione di termini di durata più stringenti, affidate al controllo dei gip. Secondo l’ipotesi più accreditata il termine è di sei mesi dalla data in cui la persona viene iscritta nel registro delle notizie di reato per le contravvenzioni, diciotto mesi nelle ipotesi di delitti di maggior gravità quali il narcotraffico, associazioni mafiose, terrorismo, dodici mesi per gli altri reati. Al Pm è consentito di chiedere la proroga dei tempi di indagine per non oltre sei mesi, e solo nei casi di maggiore complessità. Il giudice avrà il controllo dei tempi e allo spirare dei termini potrà chiedere al pm di prendere le sue decisioni sul destino del fascicolo aperto.

L’obbligatorietà dell’ azione penale non sarà più principio assoluto ma trovera’ un ‘correttivo’ nelle indicazioni che verranno dal parlamento che stabilirà le priorità sulle quale concentrarsi . E’ previsto che ogni anno il guardasigilli indichi in apposita relazione sullo stato della giustizia delle coordinate in base alle quali stabilire una scala di priorità nella necessaria repressione dei reati. Si prevede, poi, una più ampia apertura alle sanzioni alternative come la ‘messa alla prova’ che contempla la possibilità per l’indagato di chiedere subito al giudice nella fase delle indagini preliminari di fare i lavori socialmente utili. Il processo viene sospeso e se l’indagato svolge correttamente l’impegno che gli è stato affidato si arriva al proscioglimento per prescrizione del reato. Si incoraggia, inoltre, il ricorso a  riti alternativi come i patteggiamenti.

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