L’Italia risente anch’essa degli effetti di questa crisi. Antonio Tajani, Ministro degli Esteri, ha affermato che l’impatto economico è già tangibile, in particolare per i porti del sud del Paese, compreso Genova
di Emilia Morelli
Gli avvertimenti dei generali sauditi indirizzati al Pentagono sulla tenacia e l’imprevedibilità delle milizie sciite Houti dello Yemen, non sono stati idonei ad arginare l’ondata di attacchi lanciata la scorsa settimana da US Navy e Royal Air Force. Il segnale più perturbante è arrivato la sera dei 15 gennaio, quando queste milizie hanno stabilito un triste primato: per la prima volta nella Storia, hanno colpito una nave mercantile con un missile balistico.
Si tratta di una tecnologia sviluppata inizialmente dalla Cina per mettere a repentaglio le portaerei statunitensi e successivamente implementata dagli ingegneri di Teheran per essere utilizzata nelle acque del Medio Oriente. Dopo una serie di tentativi falliti la scorsa settimana, ieri sera uno dei tre ordigni lanciati ha colpito una nave commerciale, il “Gibraltar Eagle”, a una distanza di circa 150 chilometri dalla costa.
Questo episodio preoccupante non solo sottolinea le capacità belliche in constante crescita delle milizie sciite dello Yemen, ma rappresenta anche un potenziale pericolo per la sicurezza delle rotte commerciali nell’area. E’ di fondamentale importanza monitorare attentamente la situazione allo scopo di prevenire ulteriori attacchi che potrebbero avere un impatto notevole sulla stabilità della regione.
Pochi giorni fa, in un’operazione notturna, i Navy Seal hanno intercettato una nave che trasportava componenti di missili diretti agli insorti Yemeniti. L’operazione, che ha coinvolto una partenza subacquea da un mezzo simile ai “maiali” della Seconda guerra mondiale, è stata lanciata dalla “Lewis B. Puller”, una base navale delle forze speciali.
A bordo della nave dodici individui non identificati custodivano parti di missili, destinate a rinforzare l’arsenale ribelle. Nonostante le condizioni difficili, come onde alte tre metri e una completa oscurità, l’operazione è stata eseguita con successo. Tuttavia, due membri dell’equipaggio sono caduti in mare durante l’operazione e non sono stati ancora ritrovati.
Questo avvenimento segna un ulteriore innalzamento delle tensioni nel Mare Rosso, con la minaccia da parte dei ribelli Houti che continua a crescere. Come conseguenza, il commercio nella regione si sta bloccando.
Un esempio significativo è il Qatar, uno dei principali esportatori mondiali di gas, che ha sospeso il trasporto del gas liquido attraverso il Canale di Suez. Di conseguenza, le navi sono costrette a circumnavigare l’Africa, raddoppiando i tempi di consegna. Questa situazione ha portato diverse industrie europee, tra cui la fabbrica tedesca di Tesla e quella ungherese di Suzuki, a bloccare le proprie operazioni a causa dei ritardi nelle forniture provenienti dall’Asia.
L’Italia risente anch’essa degli effetti di questa crisi. Antonio Tajani, Ministro degli Esteri, ha affermato che l’impatto economico è già tangibile, in particolare per i porti del sud del Paese, compreso Genova.
Guido Crosetto, il Ministro della Difesa, ha rilevato la gravità della situazione, affermando che il 40% del commercio marittimo italiano transita attraverso il Canale di Suez, rappresentando un capitale di oltre 140 miliardi di euro. Anche se l’Italia ha distaccato una fregata per la protezione dei mercantili, l’entità e la frequenza degli attacchi rendono insostenibile la situazione.
I due funzionari hanno recentemente tenuto una riunione a Palazzo Chigi con il sottosegretario Alfredo Mantovano. Tra le possibili soluzioni discusse, l’Unione Europea prenderà in considerazione la proposta di creare una task force per scortare il traffico navale. Nonostante le numerose navi militari occidentali presenti nell’area di crisi, attualmente la presenza militare sembra essere più simbolica che effettiva.
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