Guerra Ucraina, il Ministro Lavrov in Oman: “La Russia non vuole la guerra in Europa”

Questo il messaggio del Ministro degli Esteri russo all’Occidente. Intanto l’Ue lavora su due fronti convincere l’Ungheria al blocco del petrolio moscovita e al piano per la spedizione delle materie prime ferme a Odessa

di Matteo Meloni

Nella giornata di ieri il Ministro degli Esteri della Russia Sergej Lavrov si è recato in Oman, incontrando il Sultano Haitham bin Tarik per discutere di commercio bilaterale e della caldissima situazione internazionale. I viaggi dell’esponente russo in questo particolare frangente storico sono costantemente accompagnati dai tragici eventi bellici avviati da Mosca in Ucraina, e dall’attesa di dichiarazioni che possano far intendere le prossime mosse del Cremlino in quella che si sta rivelando una guerra molto più complicata di quanto la Federazione si aspettasse.

I messaggi rivolti all’Occidente non si sono, effettivamente, fatti attendere. Lavrov ha chiarito l’intenzione russa di non entrare in conflitto con l’Europa: “Se siete preoccupati sulle prospettive di una guerra in Europa: noi non la vogliamo in nessuna maniera. Ma vorrei che la vostra attenzione si concentrasse sul fatto che l’Occidente sta costantemente e con persistenza affermando che, in questa situazione, è necessario sconfiggere la Russia. Tirate voi le conclusioni”.

Nei giorni scorsi il discorso di Vladimir Putin del 9 maggio non ha toccato tematiche particolarmente ostili come il nucleare, fatto da molti interpretato come un’apertura verso il dialogo. Lo stesso Presidente francese Emmanuel Macron ha ricordato proprio la necessità di non desiderare l’annientamento della Russia laddove ci saranno dei negoziati per giungere alla pace o, se non altro, ancor prima a un cessate-il-fuoco. Le parole di Lavrov potrebbero rientrare in un più ampio quadro di linguaggio diplomatico, che deve però trovare ancora concretezza fattuale con la fine delle violenze sui civili, che paiono ancora lontane.

Lo stop difficile all’import di petrolio russo

L’invasione russa in Ucraina sta mettendo a dura prova la tenuta dell’Unione europea che, apparentemente, resta unita nel messaggio di condanna all’azione dell’esercito moscovita ma che, alla prova dei fatti, si trova spesso divisa. Il caso dell’Ungheria è quantomeno eclatante, tanto che Budapest si è rifiutata di votare il blocco all’import del petrolio dalla Russia. Fatto che ha spinto Bruxelles a correre ai ripari, probabilmente nella maniera più sbagliata possibile: offrendo soldi al Governo guidato da Viktor Orbán.

Secondo fonti interne all’Ue interpellate da Politico, si stanno valutando compensazioni monetarie per convincere il Pm ungherese ad accettare l’adozione della misura di blocco all’acquisto dell’oro nero della Federazione. Per Orbán, una decisione che se venisse presa sarebbe per il suo Paese, come da lui affermato, “una bomba nucleare” sull’economia ungherese. L’incontro con Ursula von der Leyen non è stato utile a finalizzare la decisione, ma Budapest, vista la vicinanza politica mai negata con Mosca, si ritrova da sola in Europa, lontana persino dalle posizioni dello storico gruppo di alleati Visegrád.

Sbloccare il grano dall’Ucraina

L’altra questione dirompente riguarda lo stoccaggio di quintali di merce alimentare pronto a essere spedito dall’Ucraina verso i Paesi più in difficoltà, e non solo. Al momento, il blocco sul Mar Nero imposto dalle navi russe ne impedisce il regolare trasporto. La Commissione Ue, tramite il Commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowskiha annunciato l’organizzazione di strade alternative per l’esportazione di grano e mais. “È necessario organizzare corridoi alternativi per l’export. Vogliamo garantire il funzionamento della catena di approvvigionamento del cibo per l’Europa e il resto del mondo”, ha dichiarato Wojciechowski.

Ma da dove passerebbe il cibo fermo al sud dell’Ucraina? “La soluzione più adatta è il trasporto tramite corridoi che passano in Polonia verso i porti del Mar Baltico”, ha detto il Commissario. Prima della guerra, l’Ucraina esportava circa 5 milioni di tonnellate di granaglie e 700mila tonnellate di olio di semi. Ad aprile è stato spedito un quinto del carico che normalmente sarebbe partito dal Paese. Un problema per tutti, che rischia di mettere in ginocchio ancor di più i Paesi in via di sviluppo e creare, a sua volta, ulteriori crisi politiche in numerose parti del mondo.

Questo articolo è pubblicato anche sul numero di maggio/giugno di eastwest. Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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