I tappeti di guerra: testimonianza storica di un popolo

Di Carla Macrì

L’arte è una delle forme di documentazione storica più antica che esista. Con il trascorrere dei secoli la tela ha assunto centralità nell’espressione artistica occidentale quale veicolo tra realtà e creatività, l’arazzo o il tappeto veniva prediletto in oriente. L’arte contemporanea orientale si declina in varie forme, una delle quali consiste nella rappresentazione dell’attualità attraverso il ricamo di un arazzo o l’annodamento di un tappeto. Si tratta di opere d’arte contemporanea su cui sono state tessute testimonianze relative a processi storici, giochi di forza tra stati, invasioni e resistenze popolari attraverso le rappresentazioni di personalità politiche, armamenti, paesaggi e mappamondi. Un’espressione artistica riconducibile sotto la categoria dei tappeti di guerra.

Mappamondo USA Afghanistan, courtesy Fondazione Sergio Poggianella

La mostra sui tappeti di guerra orientali organizzata dallo studio di dottori commercialisti Lombard DCA in collaborazione con lo studio e società benefit BBS-Lombard, apre una finestra sulla testimonianza artistica della storia di popoli asiatici durante il XX e XXI secolo. Sono esposti diciannove tappeti tessuti da donne afgane, pakistane, cinesi e provenienti dall’Asia Centrale durante il periodo che va dal 1920 al 2001. I tappetti sono esposti presso gli spazi dello studio milanese BBS-Lombard sino al 31 maggio grazie al prestito concesso dal collezionista Sergio Poggianella. La mostra presenta quattro tipologie di tappeti di guerra suddivise in sezioni. La prima riguarda i mappamondi e comprende l’unico arazzo che richiama lo stile di Alighiero Boetti durante i suoi viaggi in Afghanistan e realizzato dalle tessitrici di Kabul. L’opera esprime chiaramente i confini tra stati durante gli anni Settanta e lascia riflettere sullo scambio artistico e sulla reciproca influenza intercorsa tra Boetti e la cultura afgana. Un altro tappeto risalente ai primi anni Duemila rappresenta l’Afganistan e gli Stati Uniti che si stringono la mano in segno di pace. Erano i tempi della missione Enduring Freedom, lanciata dalla nuova politica americana per combattere il terrorismo, in particolare quello esercitato dai talebani in Afghanistan. Questo tappeto può risultare più che mai incomprensibile dalle nuove generazioni che assistono ad un governo afgano composto da talebani censori dei costumi e della politica occidentale. Dietro la serie di tappeti geografici aleggia un’aria di mistero poiché è difficile ricostruire l’origine, capire con esattezza se sono stati commissionati o realizzati autonomamente dalla maestranza afgana, risulta un campo artistico e storico da indagare e scoprire. Con il trascorrere degli anni e l’avvicendarsi dei tumulti geopolitici, le rappresentazioni sui tappeti mutano al variare delle vicende storiche. Nel ’79 l’Unione Sovietica invade l’Afghanistan e i tappeti si animano di aerei, carrarmati e armi da guerra andando a costituire la seconda sezione della mostra dal titolo tappeti di guerra. Alcuni tappeti presentano la pianta dell’Afghanistan con un prolungamento in alto a destra al confine con l’Uzbekistan, indicando il tragitto che gli armamenti da terra russi percorrevano per invadere il paese. La terza sezione, tessuta su lana particolarmente morbida, si compone dei paesaggi degli anni Venti e presenta un rarissimo tappeto modernista creato a Khotan nella regione cinese di Xinjiang, luogo strategico di snodo lungo la via della seta e patria degli uiguri, popolazione fedele all’islam sunnita. “Il tappeto è raro proprio perché modernista” spiega Poggianella. Questa sezione permette di completare la ricostruzione dei processi storici che hanno investito soprattutto il popolo afgano, testimoniando il passaggio dalla modernità degli anni Venti all’invasione da parte dell’Unione Sovietica avvenuta dal 1979 al 1989 sino alla missione Enduring freedom dei primi anni Duemila.

Paesaggio urbano, courtesy Fondazione Sergio Poggianella

La quarta sezione mostra i ritratti di personalità politiche che hanno particolarmente influenzato il corso della storia del Novecento sino ai primi anni Duemila. Tra i più importanti risultano il ritratto del grande riformatore politico e sociale Amanullah Khan, re del Regno dell’Afghanistan dal 1919 al 1929. Amanullah Khan ha promulgato una nuova costituzione, stabilito parità di diritti civili fra uomini e donne, eliminato il velo e costruito nuove scuole e fabbriche. La serie di ritratti non indica delle tendenze idolatriche delle personalità raffigurate, ma ancora una volta si tratta di testimonianze storiche dell’attualità dell’epoca. In definitiva la mostra espone la migrazione dei tappeti da oggetti artigianali a opere di arte contemporanea orientale, generando una riflessione non solo su ciò che sta accadendo in Ucraina ma sulla funzione dell’arte quale veicolo per elaborare gli accadimenti del mondo fugando ideologia e populismi.

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