Il colpo di stato in Niger mette ancora più in crisi la travagliata area del Sahel

di Carlo Longo

Nuovo colpo di Stato in Africa, il sesto nel Sahel, l’area subsahariana che va dall’Atlantico al Mar Rosso, dal 2020. Nel Niger il capo di Stato maggiore comunica al mondo intero che le Forze Armate dell’unica democrazia rimasta nel Sahel sostengono gli ufficiali che hanno sospeso la costituzione e rimosso il presidente Mohamed Bazoum. Un presidente di 63 anni che era riuscito a sventare un precedente golpe.

Ma questa volta le cose sono andate diversamente. Dopo una notte di incertezze, giovani filo-golpisti hanno sfilato nelle strade, chiedendo la partenza dei francesi e mostrando bandiere russe. La sede del partito del presidente Bazoum è stata data alle fiamme, mentre l’Onu, l’Europa e gli Stati Uniti hanno condannato duramente l’azione golpista.

Il Niger è stato un alleato prezioso per l’Occidente, ma ora il paese sembra guardare alla Russia di Putin come punto di riferimento esterno. Flussi migratori, lotta contro i jihadisti, rafforzamento della democrazia e lotta al cambiamento climatico sono solo alcuni dei temi cruciali per il Niger e l’Europa, che ora rischia di perdere un importante laboratorio.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, chiede la liberazione immediata di Bazoum, ma l’Onu ha dovuto sospendere le operazioni umanitarie nel paese. Il ruolo della Russia in tutto ciò è discusso, e mentre il ministro degli Esteri Lavrov chiede il ripristino dell’ordine costituzionale, la Casa Bianca nega un coinvolgimento russo.

La fascia dei putschisti che attraversa l’Africa sotto il Sahara sembra completarsi, dalla Guinea al Sudan, dove si combattono ex alleati golpisti. Mosca e il gruppo Wagner fanno capolino nel panorama, ma i leader africani deplorano tali azioni. La situazione è delicata, e l’Africa si trova in un momento di incertezza e cambiamento.

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