Iran, nuove sanzioni Ue: JCPoA sempre più lontano

Congelati i beni di funzionari coinvolti, che non potranno neanche viaggiare verso l’Europa. Gli Stati Uniti accusano Teheran: la consegna dei droni alla Russia viola le risoluzioni Onu. Pronti nuovi rifornimenti per Mosca da usare in Ucraina

di Matteo Meloni

L’Unione europea ha deciso di sanzionare funzionari e organizzazioni della Repubblica islamica dell’Iran coinvolti nelle violenze nei confronti dei manifestanti che da diverse settimane protestano contro l’uso del velo, reclamando maggiori diritti e libertà. La morte dell’attivista Mahsa Amini ha segnato l’opinione pubblica iraniana e causato lo sconcerto di numerose piazze in tutto il mondo, spostando nuovamente l’attenzione sulla gestione dei diritti umani in Iran, in un momento di massima pressione sia per le trattative in corso relative all’accordo sul nucleare JCPoA che per il coinvolgimento di Teheran nella guerra in Ucraina.

I tre temi sono legati a doppio filo, con Bruxelles che ha deliberato nuove sanzioni contro 4 entità e 11 individui. Tra le organizzazioni prese di mira dall’Ue, la Polizia morale — responsabile dei controlli sull’uso del velo, l’hijab — e la Forza Disciplinare. Tra le persone coinvolte, Issa Zarepour, Ministro dell’Informazione, colpevole di aver bloccato l’uso di internet in tutto il Paese, Mohammed Rostami e Hajahmad Mirzaei, figure chiave della Polizia morale. Sale così a 97 il numero di funzionari, e a 8 quello delle organizzazioni iraniane colpiti da sanzioni, che causano anche il blocco all’export nella Repubblica islamica di strumenti che potenzialmente sono utili alla repressione interna o al monitoraggio delle telecomunicazioni.

Il punto dell’accordo sul nucleare

Piove sul bagnato a Teheran, con il Governo di Ebrahim Raisi in piena difficoltà sia interna che sul palcoscenico internazionale. L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano, il JCPoA, ha causato lo sprofondamento del Paese sotto numerosi punti di vista, portando l’economia al collasso vista l’impossibilità di commerciare beni e servizi e, in parallelo, spinto la nomenclatura al potere a un avvicinamento verso Russia e Cina. Dal 2021 sono state imposte nuove restrizioni sul fronte delle libertà personali e non a caso le proteste prendono di mira direttamente il clero iraniano, rappresentato dalla Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei.

Un clima ulteriormente esasperato dalle trattative in corso sul JCPoA, mai così distante a essere ripristinato dai tempi dell’uscita Usa annunciata nel 2018 e concretizzata nel 2019. Infatti, la collusione iraniana nella guerra russa in Ucraina cancella ogni possibilità di nuovo accordo. “La porta per la diplomazia resta aperta ma non è in dirittura d’arrivo un possibile deal”, annuncia Karine Jean-Pierre, Press Secretary della Casa Bianca. Gli ultimi due anni di dialogo, complicatissimi e ricchi di colpi di scena, rischiano di essere cancellati per via dell’invio di armamenti iraniani in Ucraina, a favore della Russia.

Secondo Reuters, che cita fonti governative iraniane, Teheran ha promesso di inviare nuovi missili e altri droni, i famigerati, poco costosi ma estremamente rumorosi Shahed-136 utilizzati recentemente dall’esercito moscovita. Un accordo sarebbe stato raggiunto proprio il 6 ottobre, quando il vice Presidente Mohammad Mokhber si è recato in visita a Mosca insieme a funzionari delle Guardie rivoluzionarie e del Supremo Consiglio di sicurezza nazionale. Per Washington, l’invio di armi va contro la risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza, che approvò a suo tempo il JCPoA. Un diplomatico iraniano sostiene che non ci sia nessuna violazione: “Non è un problema del venditore il modo in cui le armi vengono impiegate. Non prendiamo parte nella crisi ucraina, vogliamo che la guerra finisca subito attraverso mezzi diplomatici”.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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