Iran, per l’Ue è fondamentale il ripristino dell’accordo sul nucleare

L’Alto Rappresentante per la politica estera mette nero su bianco i punti per il ritorno al JCPoA. Apprezzamento da parte di Teheran, che nel frattempo ufficializza la fine dell’uso del dollaro negli scambi commerciali con la Russia

di Matteo Meloni

Gli ultimi anni di trattative per il ritorno delle parti al JCPoA, l’accordo sul nucleare sottoscritto dall’Iran e dalle potenze mondiali nel 2015, sono stati letteralmente disastrosi, tra proposte non realizzabili e diffidenza reciproca. Specie da parte iraniana, che a causa dell’abbandono unilaterale degli Usa si è ritrovata, ancora una volta, catapultata nell’incertezza più assoluta dal punto di vista diplomatico ed economico, dovendo di conseguenza far fronte a una crisi monetaria, a un’esorbitante crescita dell’inflazione e all’impossibilità di commerciare con il resto del mondo a causa delle sanzioni imposte dall’amministrazione statunitense a guida Donald Trump.

L’avvento di Joe Biden alla Casa Bianca aveva rilanciato le chance per il JCPoA, viste le promesse del suo ripristino annunciate dal nuovo Presidente nel corso della campagna elettorale. Quello sul nucleare era, ed è ancora, un tema fortemente polarizzante nella politica interna degli Stati Uniti: pietra miliare della diplomazia per i democratici, grave apertura a un acerrimo nemico per i repubblicani. Eppure, il partito di Biden non è stato finora capace di mantenere la promessa elettorale, strattonato dall’ala centrista a mantenere in vigore le pesanti sanzioni sulla Repubblica islamica, e da partner quali Israele e Arabia Saudita a non permettere il ritorno sui mercati al Paese oggi guidato da Ebrahim Raisi.

Ma la politica della massima pressione inaugurata da Trump contro l’Iran non ha sortito effetti positivi, semmai il contrario. A confermare questa visione Josep Borrell, Alto Rappresentante Ue per la politica estera, che in una lettera pubblicata sul Financial Times critica l’idea della maximum pressure, definendola fallimentare, visto che non solo l’attività nucleare iraniana ha raggiunto livelli a suo dire allarmanti ma, in parallelo, la popolazione civile è stata deprivata dei benefici della fine delle sanzioni.

Quella di Borrell è una mossa da tutto per tutto, un all-in da giocatore di poker, o quasi. Infatti, l’Alto Rappresentante mette nero su bianco una proposta per il ritorno di tutte le parti all’accordo sul nucleare, in un momento storico tra i più complicati dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il JCPoA è sottoscritto da Iran, Stati Uniti, Cina, Russia, Regno Unito, Germania, Francia e Unione europea, realtà che vivono una forte contrapposizione geopolitica specialmente in seguito all’invasione russa in Ucraina. Una difficoltà straordinaria che non ha certo dato respiro alle trattative, sulle quali pesa lo scontro per la guerra nel Paese ex europeo.

Ecco perché quella di Borrell è da intendersi ancora di più come mossa generosa, seppur rischiosa, perché un potenziale fallimento finale cristallizzerebbe l’amara realtà nella quale la comunità internazionale si ritrova, ovvero un mondo nuovamente diviso in blocchi. La criticata politica della massima pressione ha spinto l’Iran nelle braccia di Cina e Russia, con Teheran che oggi non può commerciare liberamente con i Paesi che hanno interessi negli States che, se facessero affari con la Repubblica islamica, verrebbero sottoposti a loro volta a sanzioni. Motivo per il quale i grandi gruppi industriali sono ben lontani dall’avvicinarsi all’Iran, con il tessuto economico della nazione che si è rivolto proprio verso Pechino e Mosca.

È stato un evidente errore abbandonare l’Iran. Un allontanamento dalla nazione sciita voluto solo ed esclusivamente dagli Stati Uniti dell’era Trump, che ha semmai rafforzato la formazione contrapposta, dando spunti di derisione sull’affidabilità occidentale a cinesi e russi. La Repubblica islamica non ha potuto fare altro che rivolgersi a chi l’ha ascoltata nel momento del bisogno. Oggi, a ben vedere, ritornare all’accordo sul nucleare iraniano può essere la chiave per limitare l’espansione cinese e rallentare ulteriormente l’economia russa. Una mossa diplomatica, quella di Borrell, che se si rivelerà vincente fungerà da detonatore di tante altre questioni e riporterebbe l’Ue al centro della scena multilaterale.

Non a caso l’Iran ha commentato positivamente la proposta europea. Il Ministro degli Esteri Hossein Amirhabdollahian ha sottolineato l’impegno di Bruxelles nel trovare un accordo sul nucleare. Per Borrell “ogni giorno che passa senza accordo, rimanda i benefici economici concreti che potrebbero ricevere i cittadini iraniani, che vedrebbero rimosse le sanzioni Usa. Al contempo — scrive Borrell sul quotidiano londinese — si avrebbero positività a livello di non proliferazione nucleare. Concludere questo accordo significa generare dividendi economici e finanziari, rafforzando la sicurezza regionale e globale”.

Intanto, procede spedita la decisione di Iran e Russia di abbandonare il dollaro come moneta per i rispettivi scambi commerciali. Il Ministro dell’Economia della Repubblica islamica, Ehsan Khandouzi, ha annunciato che ora avverranno in rial e rubli. Inoltre, Teheran e Mosca stanno finalizzando l’elaborazione di un nuovo sistema parallelo allo Swift, con l’Iran che ha ora aperto ai pagamenti con le carte Mir Bank, valida alternativa a Visa e Mastercard. Importanti decisioni per due realtà statuali messe, per ragioni diverse, agli angoli della comunità internazionale, nella speranza che la ripresa del dialogo possa accompagnare verso rapporti basati nuovamente su legittimi interessi commerciali dai reciproci vantaggi, nel rispetto degli accordi sottoscritti.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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