La Cina ospiterà i negoziati tra Hamas e Fatah, intanto prosegue la trattativa sul rilascio dei 33 ostaggi

Hamas ha annunciato di aver ricevuto una risposta ufficiale alla sua proposta di cessate il fuoco. Nel piano di Hamas sono incluse richieste per una tregua temporanea e il rilascio dei prigionieri israeliani

La Cina sarà il palcoscenico per i negoziati tra Hamas e Fatah, il partito guidato dal presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas. Questa notizia è stata comunicata dai due gruppi stessi e riportata dai media palestinesi, come riportato da Arab News.

Questo incontro segnerà il primo viaggio di una delegazione di Hamas in Cina dall’inizio del conflitto a Gaza. Secondo il ministero degli Esteri cinese, il mese scorso un diplomatico cinese di nome Wang Kejian ha avuto un incontro con il capo di Hamas Ismail Haniyeh in Qatar. Durante una conferenza stampa, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha dichiarato “Sosteniamo il rafforzamento dell’autorità dell’Autorità nazionale palestinese e sosteniamo tutte le fazioni palestinesi nel raggiungimento della riconciliazione e nell’aumento della solidarietà attraverso il dialogo e la consultazione”, senza confermare direttamente l’incontro.

Nel frattempo Hamas ha annunciato di aver ricevuto una risposta ufficiale alla sua proposta di cessate il fuoco, trasmessa ai mediatori egiziani e del Qatar il 13 aprile, per conto del movimento islamista. Nel piano di Hamas sono incluse richieste per una tregua temporanea e il rilascio dei prigionieri israeliani, che si stima siano circa 33 secondo le ultime informazioni di intelligence.

In ogni caso il capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, ha riferito al gabinetto di sicurezza che “centinaia di terroristi si stanno arrendendo a Gaza”, secondo quanto riportato dai media locali. Durante la discussione, il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha sollevato la questione: “Non avremmo dovuto agire contro di loro?”. Il generale Halevi ha risposto categoricamente: “Non attacchiamo coloro che si arrendono, questo è chiaro”. Tuttavia, la risposta ha suscitato critiche da parte del ministro dell’Agricoltura, Avi Dichter, che ha commentato: “Non sono certo se lei rappresenti Israele o un altro Paese”.

Ad ogni modo si continua a combattere. Un portavoce dell’aviazione israeliana ha confermato che circa “25 obiettivi terroristici” sono stati colpiti nella Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore, incluso un sito di lancio missilistico precedentemente utilizzato per attacchi nella città di Ashdod. Altre operazioni hanno preso di mira “un altro sito di lancio a Khan Yunis, utilizzato per attacchi contro le truppe israeliane all’interno di Gaza, e un veicolo con otto membri di Hamas nella parte centrale della Striscia”.

Intanto, c’è la possibilità che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, possa valutare una riduzione della vendita di armi a Israele se il Paese dovesse decidere di invadere Rafah, l’ultima fortezza di Hamas situata nel sud della Striscia di Gaza, che ospita oltre un milione di palestinesi in fuga. Questa ipotesi è stata avanzata dal giornalista Thomas Friedman in un articolo pubblicato sul New York Times, citando fonti statunitensi che ritengono che un’eventuale operazione terrestre a Rafah possa compromettere gli sforzi per un accordo con Hamas sul rilascio dei prigionieri. Secondo le stesse fonti, si teme che un’azione militare a Rafah possa anche minacciare le iniziative che gli Stati Uniti intendono promuovere nella regione.

Tuttavia, al momento, non sembra che Israele abbia intenzione di fare marcia indietro. Recentemente, sono stati segnalati movimenti significativi delle forze armate israeliane lungo il confine meridionale con Gaza, soprattutto presso il valico di Kerem Shalom, vicino a Rafah. Giornalisti sul campo hanno confermato la presenza di numerose unità di carri armati e veicoli corazzati, indicando un considerevole dispiegamento militare. L’IDF ha confermato che la decisione sull’operazione è imminente: il gabinetto deve solo scegliere la data.

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