La Germania sta male. In crisi la politica di austerity

La Germania non è piú la prima della classe in Europa. E’ in crisi profonda. E sta rimettendo in discussione uno dei capisaldi della sua dottrina ecomomica , lo Schuldenbremse, ossia quella politica di austerity, di cui è stata sempre ossessiva capofila in Europa. Si accinge infatti a sospendere, attraverso una manovra supplementare,  il “freno all’indebitamento”, previsto dalla sua Costituzione, che limita il deficit di bilancio strutturale allo 0,35% del pil al fine di mantenere il rapporto debito/Pil al di sotto della fatidica soglia del 60% voluta dall’Ue. Non è la prima volta che accade. La misura infatti  puó essere invocata in caso di grandi emergenze e Berlino vi ha fatto ricorso durante il Covid e poi quando è scoppiata la guerra in Ucraina. Ma la situazione in cui si è venuta a trovare é completamente diversa. La Corte Costituzionale tedesca, la scorsa settimana, ha bollato come  illegittimo il trasferimento di spese deciso dal governo Scholtz per  60 mld di euro dal fondo per la pandemia al fondo per il clima. Un “magheggio” che al governo non è riuscito, con il risultato che ora si ritrova con questa voce rossa in bilancio che fará inevitabilmente salire  il deficit oltre la soglia consentita. Un problema grande per il paese e soprattutto per il ministro delle Finanze Christian Lindner, che con quella spesa si era impegnato a sostenere imprese e famiglie contro l’aumento dei prezzi dell’energia, e che ha sempre sostenuto con forza la  scelta dell’ austerity. Una scelta che in tanti ora stanno mettendo in discussione. Ci si chiede infatti se lo Schuldenbremse, che per anni ha guidato la politica economica tedesca non abbia in effetti finito per danneggiare la Germania, frenandone la crescita. Il paese infatti  imprigionato nei parametri di Maastricht, non investe piú sul suo sviluppo l’alternativa sarebbe aumentare le tasse,  e si sta ripiegando su se stesso in nome della quadra dei conti.

A mettere in crisi il tanto decantato modello di cui era portatore, probabilmente, i mutati scenari geopolitici, con la guerra in Ucraina che ha avuto come effetto il taglio del gas russo – che rappresentava oltre il 50% del gas consumato in Germania – con un impatto negativo su ampi settori dell’industria tedesca e con la crisi cinese, che ha provocato un crollo delle esportazioni verso Pechino di oltre il 6% rispetto al 2019. su base annua.