Le sanzioni alla Russia non hanno funzionato. E’ tempo di cambiare strategia per arrivare alla pace

Nonostante le promesse iniziali, le sanzioni adottate contro Mosca non sono state efficaci e non hanno ottenuto gli effetti attesi, producendo danni gravi anche all’Europa a tutto vantaggio di paesi come la Cina, l’India e quanti come loro hanno tratto vantaggi dal tentato isolamento russo

di Guido Talarico

Le sanzioni alla Russia non hanno sortito gli effetti attesi. E’ inutile girarci intorno. Praticamente tutti i leader occidentali avevano spiegato che “L’obiettivo delle sanzioni è spingere la Russia a terminare la guerra, ritirare i propri soldati e sedere a un tavolo negoziale”. In queste parole del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, è di fatto rappresentato il messaggio che l’intero blocco Nato ha dato al mondo promettendo che Mosca sarebbe capitolata in pochi mesi proprio per le difficoltà economiche. Ad un anno dallo scoppio della guerra possiamo dire che le sanzioni hanno forse prodotto un effetto addirittura contrario, nel senso che non solo non hanno piegato a sufficienza la Russia ma anzi hanno rafforzato l’economia di nazioni terze come la Cina, la Turchia, l’India, l’Armenia, l’Azerbaigian, gli Emirati e con loro di tutti quei paesi che hanno cominciato a sostituire o ad intermediare i commerci tra Russia ed occidente.

Sanzioni aggirate da intermediari

Ma andiamo con ordine e vediamo nei numeri perché la sanzioni contro la Russia non hanno funzionato. Secondo gli ultimi dati disponibili, il Fondo Monetario Internazionale nel 2024 prevede una crescita maggiore in Russia rispetto a Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia. E’ già questa è una risposta chiara. I fiaccati nella sostanza siamo noi, non loro.  Ma perché le sanzioni non hanno sortito i risultati attesi? La risposta è semplice. Molti operatori finanziari e commerciali hanno trovato buchi nella rete di difesa delle sanzioni e li hanno utilizzati massicciamente. Tanto per fare qualche esempio diremo che è stato permesso a banche e mercati di Anversa di trattare i diamanti siberiani e all’Italia di raddoppiare il suo import di acciaio grezzo dalla Russia in modo perfettamente legale.

Xi Jinping

L’altra verità che spiega il fallimento delle sanzioni risiede nel fatto che l’Occidente ha perso il controllo di molti snodi dell’economia globale, soprattutto su alcuni prodotti strategici. Paesi emergenti che abbiamo già menzionato, e tra questi soprattutto Cina, India, Turchia, Emirati Arabi Uniti, stanno disintermediando gli europei e gli americani, facendo buoni affari e facendo fallire il tentativo di impedire alla Russia l’acquisto delle tecnologie più strategiche.

E’ così che anche molte imprese del made in Italy hanno rapidamente imparato a triangolare le loro vendite attraverso Paesi che non applicano le sanzioni. Un rapporto di Silverado Policy Accelerator dimostra che questo fenomeno in pochi mesi ha assunto scala globale risolvendo nei fatti vari problemi a Vladimir Putin. Da aprile, subito dopo l’avvio delle misure di Bruxelles e di Washington, le importazioni della Russia erano crollate del 43% rispetto all’anno precedente. In quel periodo si che funzionavano le sanzioni. Da quel picco negativo in poi hanno ripreso “miracolosamente” a crescere fino a tornare in novembre alle loro medie degli anni scorsi. Certo le intermediazioni o le triangolazioni fanno crescere i costi al consumatore finale, ma nulla che i russi non possano permettersi.  Per altro, secondo gli ultimi dati disponibili, nonostante le difficoltà, molti russi continuano a viaggiare all’estero, sia per motivi di lavoro che di turismo. Nel 2022, il consolato italiano a Mosca ha rilasciato circa 100mila visti per i viaggiatori russi. E anche questo è un segno che la “chiusura” contro i russi non è stata proprio ermetica.

In Russia le cose non sono peggiorate troppo

Questo non significa che in Russia le cose con la guerra e con le sanzioni non siano peggiorate. Ma è stato un peggioramento di lieve entità. Il maggior problema che affrontano i cittadini è l’inflazione, che è arrivata all’11,9% all’inizio di febbraio. Nonostante la caduta del Pil, che secondo la Banca Centrale russa è diminuito solo del 2,5% nel 2022, il Fondo Monetario Internazionale prevede un modesto aumento del +0,3% nel 2023. L’istituto di statistica statale Rosstat afferma invece che il Pil si è contratto del 2,1% nel 2022. Come è possibile che ci siano state perdite così modeste? Avremmo dovuto fiaccare Mosca con le nostre sanzioni ed invece abbiamo prodotti perdite di lieve entità. Eppure la spiegazione è semplice. La crescita delle entrate dalle esportazioni di energia, che hanno raggiunto i 330 miliardi di dollari nel 2022, secondo una ricerca del think tank italiano Ispi, ha contribuito in modo significativo a contenere le perdite. Il resto lo hanno fatto le triangolazioni di cui dicevamo.

Vladimir Putin

Un altro aspetto paradossale relativo al fallimento delle sanzioni è che in Occidente già ben sapevamo che questi strumenti non funzionano. Lo avevamo sperimentato dopo il 2014, quando le sanzioni contro la Russia erano state introdotte per la prima volta e molti si aspettavano un rapido collasso dell’economia russa. Tuttavia, nonostante le sanzioni, la Russia fu in grado di resistere alla pressione dell’Occidente e, a lungo termine, riuscì di sviluppare un’economia più autosufficiente. Insomma, con le sanzioni gli abbiamo quasi fatto un regalo. Anche perché la Russia colse quella occasione per investire molto nella modernizzazione della propria economia. Nel 2019, il governo russo infatti presentò un piano per investire entro il 2025 circa 360 miliardi di dollari nell’economia nazionale, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal petrolio e di diversificare l’economia. Un piano che includeva investimenti in settori come l’agricoltura, la produzione di macchinari e la tecnologia, e anche diverse azioni volte a migliorare l’infrastruttura nazionale, come la costruzione di nuove strade, ferrovie e aeroporti. Fu insomma un’occasione di ammodernamento.

Washington, Bruxelles e Nato devono cambiare strategia

E’ dunque arrivato il momento che Washington, Bruxelles e la stessa Nato prendano atto di questo fallimento e agiscano di conseguenza. Se la strategia, come ci hanno ripetuto, era quella di fiaccare economicamente la Russia, oggi è chiaro che questa strategia ha fallito. Il piano di pace presentato in queste ore dalla Cina non è piaciuto, perché appare poco efficace. Il che è più che comprensibile: il piano di Xi Jinping appare debole e non risolutivo. Quello che  non si capisce è lo stupore. La Cina, forse più di chiunque altro, ha avuto e ha da guadagnare da questa guerra: aumenta i suoi commerci e rafforza la sua leadership internazionale anche sulla grata Russia. India, Emirati, Arabia Saudita ma anche Egitto, Algeria e tutti i produttori terzi di combustibili fossili sono sulla stessa lunghezza d’onde. Guadagnano e al contempo diminuiscono il ruolo ed il peso dell’Europa sullo scacchiere internazionale, mettendo per di più nel mirino con maggiore forza l’eliminazione del dollaro come moneta di riferimento per le forniture globali di petrolio.

Jo Biden

E’ questo che volevamo? Vale la pena continuare ad alimentare una guerra barbara il cui epilogo appare ancora lontanissimo e i cui prezzi maggiori dopo l’Ucraina li paga l’Europa? La risposta è si: ne vale la pena perché il segnale contrario potrebbe apparire come un segno di debolezza, un via libera a Mosca che si potrebbe sentire autorizzata a rivolgere le sue mire sulla Moldavia o sulle repubbliche baltiche. Quindi difendere l’Ucraina significa difendere noi stessi. Ma bisogna cambiare strategia e ragionare su mediazioni reali, su accordi di pace che possano garantire anche la Russia. Solo ragionando così si potrà mettere fine ad un conflitto combattuto a casa nostra, che ha distrutto una nazione, ucciso la migliore gioventù di due paesi, e che ha consentito al resto del mondo di indebolire e di minare le prospettive economiche e sociali di Europa e Russia insieme. I altri termini, è evidente che fallimento delle sanzioni dimostra che è tempo di cambiare strategia per mettere fine alla guerra in tempi brevi e che la strada obbigata è quella di arrivare ad una reale mediazione con Mosca.

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