Libia, è ancora guerra tra Tripolitania e Cirenaica

L’esecutivo Bashagha, votato dal Parlamento, tenta l’insediamento a Tripoli ma viene fermato dalle milizie fedeli al Primo Ministro del Governo di Unità Nazionale Abdul Hamid Dbeibah

di Matteo Meloni

Libia ancora divisa a metà e nuovi scontri tra le forze della Tripolitania e quelle della Cirenaica in seguito al tentativo di Fathi Bashagha, Primo Ministro designato dal Parlamento con sede a Tobruk, di insediarsi nella capitale Tripoli. Le milizie vicine ad Abdul Hamid Dbeibah, il Primo Ministro riconosciuto dalla comunità internazionale e appoggiato dalle Nazioni Unite, hanno allontanato la delegazione di Ministri in arrivo da est, col Governo tripolitano che ha definito l’ingresso in città della compagine cirenaica “un tentativo disperato per diffondere terrore e caos”.

Ed effettivamente a Tripoli, come riporta il Libya Observer, ci sono stati combattimenti tra le due fazioni, con una persona tra le guardie di protezione dell’Ambasciata d’Italia ferita da un proiettile vagante. “L’Amministrazione della protezione delle missioni diplomatiche annuncia il ferimento di uno dei propri elementi per colpi di arma da fuoco esplosi negli scontri che si sono verificati a Tripoli, mentre sta lavorando per proteggere l’ambasciata italiana”, ha fatto sapere Abaad News. Ci sarebbero due morti, ciascuno appartenente alle milizie vicine a Dbeibah e a Bashagha.

La questione libica è estremamente delicata e rappresenta la lunga tensione esistente non solo a livello regionale ma anche internazionale. Infatti, dalla caduta della Giamahiria gheddafiana le potenze esterne si sono interessate al Paese, con lo scontro fomentato dalla Russia in Cirenaica — insieme ad Egitto, Arabia Saudita ed Emirati — e la riposta della Tripolitania supportata militarmente dalla Turchia e appoggiata politicamente dalle Nazioni Unite e dall’Unione europea.

A oggi lo stallo è ancor più evidente che nel recente passato, nonostante gli egregi tentativi dell’Onu di riportare le varie fazioni al tavolo del compromesso. Il fallimento delle elezioni legislative, previste per il 24 dicembre e mai tenute, hanno assestato un colpo mortale al processo di pace, che oggi si trova al palo all’indomani della nomina, secondo alcuni analisti non trasparente, del successore di Dbeibah, Bashagha, appoggiato dal Khalifa Haftar, il Generale che piace a Vladimir Putin.

Non sono mancate le reazioni internazionali, a partire da Stephanie Williams, Special Adviser Onu. “Il conflitto non può essere risolto con la violenza ma con il dialogo e la mediazione”, ha scritto su Twitter l’esponente del Palazzo di Vetro che, nel corso degli ultimi turbolenti anni, si è spesa per la pace nel Paese nonostante le straordinarie difficoltà nelle quali ha operato. “L’Onu è pronta ad aiutare le parti per trovare una strada genuina e consensuale verso la stabilità e le elezioni”, ha aggiunto.

Anche Ned Price, portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, è intervenuto sulla situazione nella nazione nord africana, ricordando che è “fondamentale che i leader riconoscano che la presa del potere con la forza andrà a colpire direttamente la popolazione libica. Trovare il consenso per evitare gli scontri è l’unica strada per non ripetere quanto visto ieri”, ha detto Price. Intanto il Primo Ministro incaricato dal Parlamento ha annunciato che il suo Governo lavorerà da Sirte.

Testo e foto pubblicati per gentile concessione di Eastwest, magazine di geopolitica diretto da Giuseppe Scognamiglio www.eastwest.eu

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