di Mario Tosetti
La trattativa per il futuro di Monte dei Paschi di Siena tra il Tesoro ed Unicredit per il momento appare sospesa se non terminata. Le due parti, in una nota congiunta, hanno affermato che alle condizioni attuali la trattativa si possa considerarsi conclusa. Ne ha risentito in primo luogo la borsa, entrambi i titoli hanno aperto in calo: Mps è arrivata a perdere circa il 20%, Unicredit più del 10%. Occorre comunque tenere presente il dato di fatto per cui difficilmente si ci disinteresserà delle sorti di Mps e verrà lasciata al suo destino.
Ad oggi il ministero detiene il 64% della banca. Tuttavia, in base agli accordi tra il Mef e Bruxelles, il ministero dovrebbe disfarsi delle quote entro fine anno. Daniele Franco, dovrà a breve tentare di convincere la vicepresidente della Commissione Ue, la danese Margrethe Vestager titolare della Dg Comp, a concedergli più tempo per uscire dal capitale della banca più antica del mondo. Le intenzioni del Ministero sono innanzitutto di chiedere più tempo – almeno altri sei mesi, forse 12 – per individuare una nuova strategia per la privatizzazione della banca senese e nel frattempo sfruttare parte del lavoro fatto durante le trattative con Unicredit per continuare la ‘ripulitura’ della banca, sia sul fronte dei crediti deteriorati che su quello dei rischi legali.
Nel frattempo da Bruxelles si fa sapere: “La Commissione europea segue da vicino i recenti sviluppi riguardanti la Banca Monte dei Paschi di Siena ed è in contatto con le autorità italiane”, ma “come sempre, è responsabilità degli Stati membri rispettare gli impegni in materia di aiuti di Stato ed è loro compito proporre le modalità per adempiere a tali impegni. Spetta quindi all’Italia decidere e proporre modalità di uscita dalla proprietà Mps tenendo conto degli impegni in materia di aiuti di Stato del 2017”.
Il fattore tempo a disposizione del Mef è ben noto ad Unicredit, in veste di acquirente. Dall’inizio delle trattative la banca guidata da Orcel ha fatto richieste di importo sempre più cospicuo. Dai 4-5 miliardi di cui si parlava all’inizio si è saliti fino ad 8,5 miliardi: un aumento di capitale da 6,3 miliardi più 2,2 miliardi di agevolazioni fiscali. Rispetto alla valutazione del Tesoro si registra un gap di oltre 3 miliardi di euro.
Andrea Orcel, numero uno di Unicredit, ha spiegato: “abbiamo messo in chiaro fin dall’inizio delle trattative che il coinvolgimento di UniCredit sarebbe dipeso dal verificarsi di una serie di principi e condizioni concordati da entrambe le parti, posti per proteggere gli interessi di tutti i nostri stakeholder. L’operazione sul Monte dei Paschi l’abbiamo sempre vista come un’occasione per rafforzare il settore bancario di questo Paese, e al tempo stesso garantire un futuro brillante tanto ai clienti quanto ai dipendenti di Mps. L’accordo avrebbe potuto creare valore aggiunto per UniCredit e avrebbe potuto rafforzare il nostro posizionamento nei nostri mercati principali e aumentare la nostra base clienti è una parte fondamentale del nostro nuovo piano strategico”.
Se, come annunciato, la trattativa con Unicredit fosse giunta al suo epilogo al Tesoro restano due opzioni, entrambe subordinate all’approvazione della proroga da parte di Bruxelles. La prima consiste nella ricerca di un nuovo acquirente al posto di Unicredit. Inizialmente si pensava al gruppo Banco Bpm la cui dirigenza ha però dichiarato di non avere alcuna intenzione di intraprendere trattative per Mps, si vocifera possa rivestire il ruolo di acquirente Bper. Ad ogni modo difficilmente qualsiasi acquirente proporrebbe condizioni diverse e più vantaggiose rispetto quelle proposte da Unicredit. La seconda possibilità è che il Tesoro continui a detenere la maggioranza della banca, la gestista in maniera tale da smaltire i crediti in sofferenza e i crediti deteriorati e provveda contestualmente ad un aumento di capitale della banca. Non è neppure detto, in quest’ ultimo caso, che il Tesoro risanata la situazione della banca senese non si rivolga nuovamente ad Unicredit.
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