Nancy Pelosi atterra a Taiwan, cresce la tensione tra Usa e Cina

di Mario Tosetti

Alla fine, dunque, è successo. La speaker della camera Nancy Pelosi è atterrata all’aeroporto di Songshan a Taipei. La visita nella capitale di Taiwan ha un alto significato simbolico ed è diplomaticamente molto delicata. La Cina, infatti, rivendica il suo controllo sull’isola che cerca, invece, di mantenere la sua indipendenza con l’appoggio degli Usa.  Si tratta, quindi, di una visita storica. Nessuna delle più alte cariche degli Stati Uniti d’America ha messo piede a Taiwan negli ultimi 25 anni. La portavoce del ministero degli Esteri cinesi Hua Chunying, ha di nuovo aspramente criticato l’eventuale arrivo di Pelosi, aggiungendo che Cina e Usa “hanno mantenuto i contatti a livelli diversi” nella speranza che “i funzionari americani capiscano l’importanza e la sensibilità del problema e quanto possa essere pericoloso”.

“Benvenuta a Taiwan, grazie speaker Pelosi” è la scritta che campeggia in un banner luminoso sul grattacielo di Taipei mentre una folla festante era in attesa dell’arrivo della speaker fuori dall’aeroporto con striscioni di saluto. Di tenore diametralmente opposto la reazione di Pechino. “Una grave violazione del principio della Cina unica e delle disposizioni contenute in tre comunicati congiunti Cina-Usa”, ha fatto sapere in una nota, il ministero degli Esteri cinese ha descritto la visita della presidente della Camera dei rappresentanti americana alla quale la Cina “si oppone con fermezza”. “Tutte le conseguenze derivanti” dalla visita di Pelosi – prosegue la nota del ministero cinese – “saranno a carico degli Stati Uniti e delle forze separatiste dell’ ‘indipendenza di Taiwan’”.

La visita “della nostra delegazione a Taiwan onora l’incrollabile impegno dell’America nel sostenere la vivace democrazia taiwanese. Le nostre discussioni con la leadership di Taiwan, riaffermano il nostro sostegno al nostro partner e promuovono i nostri interessi condivisi, incluso il progresso di una regione indo-pacifica libera e aperta“, ha scritto invece la Pelosi in un twitt non appena è atterrata Taiwan. Come se questo non bastasse, contestualmente, è stato pubblicato un editoriale scritto dalla Pelosi sul Whashington Post in cui si legge: “Di fronte alla crescente aggressione da parte del partito comunista cinese,la visita della nostra delegazione deve essere considerata come una dichiarazione inequivocabile del sostegno dell’America a Taiwan, nostro partner democratico, mentre si difende e difende la sua libertà“.

Abbiamo assistito, così, nel corso della giornata ad un continuo di dimostrazioni di forza da parte delle potenze coinvolte. Il ministero della Difesa cinese ha annunciato che il comando orientale dell’Esercito popolare di liberazione effettuerà operazioni di tiro di artiglieria a lungo raggio e lanci di missili nel mare a Est di Taiwan, come parte “di esercitazioni mirate” partite già questa sera in risposta alla visita della speaker della Camera. Il portavoce del ministero Wu Qian ha promesso di “difendere risolutamente la sovranità nazionale e l’integrità territoriale e contrastare risolutamente le interferenze esterne e i tentativi separatisti” di Taiwan. Una decisione, questa, che arriva a conclusione di una serata scandita da continue minacce a distanza. Secondo i media internazionali, mentre l’aereo che portava Pelosi a Taipei atterrava allo scalo aeroportuale della capitale, infatti, caccia cinesi Su-35 avrebbero preso il volo sullo stretto di Formosa: ricostruzione che è stata smentita dalle autorità taiwanesi. Tutto ciò mentre veniva chiuso lo spazio aereo cinese.

Dal canto suo,  anche Washington ha mobilitato le sue forze nell’area. Sono quattro le navi da guerra posizionate al largo di Taiwan, secondo quanto riferito da fonti del Pentagono. Si tratta di esercitazioni standard ma la loro presenza, precisano le fonti, “potrebbe diventare una questione di sicurezza internazionale“. Le navi sono la USS Ronald Reagan, nel Mar delle Filippine, la cui presenza era già stata segnalata, assieme all’incrociatore missilistico USS Antietam e al cacciatorpediniere USS Higgins.

Il ministero degli Esteri di Pechino, come risposta, ha convocato in tardissima serata l’ambasciatore Usa, Nicholas Burns, esprimendo “forte opposizione e ferma condanna” per la visita. Il vice ministro Xie Feng ha parlato di “grave provocazione” e di “violazione del principio della Unica Cina”, secondo i media ufficiali. Il governo Usa “avrebbe dovuto frenare la mossa senza scrupoli di Pelosi e impedirle di andare contro la tendenza storica, ma invece l’ha assecondata e ha collaborato con lei, il che aggrava la tensione nello Stretto di Taiwan e danneggia gravemente i legami tra Cina-Usa”. Burns, riferisce il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, ha avuto un colloquio con le autorità cinesi. Il portavoce di Kirby ha sottolineato invece che la presenza di Pelosi sull’isola non cambierà la politica degli Stati Uniti verso Taiwan e ha aggiunto: “Stiamo monitorando il viaggio della speaker e vigileremo per garantire la sua sicurezza”.
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