Nigeria. La strage delle Pentecoste e l’alleanza tra Fulan e Boko Haram  

di Velia Iacovino

La chiesa di San Francesco Saverio di Owo nello stato nigeriano di Ondo, a 343 chilometri da Lagos,  presa d’assalto da un commando di terroristi, domenica, nel giorno di Pentecoste,  conta i suoi morti. Ma il bilancio ufficiale delle vittime, che secondo le autoritá locali sarebbero state ventuno, non coincide con quello della diocesi, che parla di oltre cinquanta morti, avvertendo che corpi martoriati dei fedeli, tra cui numerosi bambini,  rimasti uccisi sono sparsi in vari obitori e che tra i feriti ci sono persone in condizioni gravissime.

La strage è avvenuta quando la messa era appena finita e il coro stava intonando l’ultimo inno in attesa che il prete e i fedeli si congedassero. Secondo le ricostruzioni di testimoni e fonti locali, il primo ad essere colpito dai proiettili impietosi dei terroristi sarebbe stato un ragazzino che vendeva caramelle davanti al cancello, freddato per impedire ai vigilantes di intervenire. Un atroce gesto, solo l’inizio di venti minuti di terrore assoluto, durante i quali il commando ha sparato all’impazzata usando anche alcuni ordigni rudimentali,  per poi fuggirsene a bordo di un’auto rubata sul momento.

Non c’è ancora nessuna rivendicazione ma i riflettori sono puntati sui pastori Fulani e su Boko Haram, i jihadisti vicini all’Isis, e su una possibile saldatura letale tra le due formazioni, uno scenario che potrebbe far precipitare il paese nel caos e nell’anarchia. Un quadro drammatico che desta fortissima preoccupazione.  Il presidente Muhammadu Buhari ha chiesto l’apertura di un’inchiesta ma intanto è polemica per la mancanza di soccorsi immediatamente sollecitati ma mai arrivati come mai sul posto è arrivata la polizia, che si è giustificata, secondo quanto riferisce il giornale Premium Times, sostenendo che non disponeva di veicoli operativi. Eppure la Chiesa di San Francesco si trova a meno di 200 metri dal palazzo dell’Olowo, ossia il sovrano, di Owo, centro nevralgico della cittá.

L’eccidio ha avuto luogo una settimana dopo il rapimento nello stato di Abia, sempre nel sud, del prelato della Chiesa metodista nazionale, il vescovo Samuel Kalu-Uche e di altri due religiosi, tornati in libertà solo dopo aver pagato un riscatto di 100 milioni di naire. E ancora sabato 4 giugno, al mercato di Lugbe nella capitale Abuja, un vigilante è stato ucciso, perché colpevole di blasfemia da una fazione di estremisti islamici. Lo stesso giorno, uomini armati hanno fatto irruzione nella casa di un prete cattolico presso la chiesa di Santa Maria Immacolata nella comunità di Aho, Owukpa, nell’area del governo locale di Ogbadibo, nello stato di Benue. Il sacerdote non c’era al momento e al suo posto è stato rapito il cuoco.

A maggio  Deborah Samuel, una studentessa dello Shehu Shagari College of Education di Sokoto, è stata linciata e poi data alle fiamme sempre per motivi religiosi. Negli ultimi due mesi, ci sono state segnalazioni di attacchi contro bersagli cristiani e rapimenti di sacerdoti e fedeli. Nel mirino è finita anche la chiesa cattolica di San Patrizio, a Gidan Maikambo nella Lga di Kafur nello stato di Katsina.

Il 28 marzo, oltre 100 persone che viaggiavano in treno tra Abuja e Kaduna sono state attaccate dai terroristi e il bilancio è stato di un numero imprecisato di morti, feriti e di oltre 60 persone sequestrate, di cui è stato chiesto il riscatto, ma nessuno è stato ancora rilasciato.

Negli ultimi mesi la violenza è diventata una routine anche ad Anambra, dove si sta facendo conoscere per le sue efferatezze un gruppo emergente che in guerra aperta con lo stato, gli Unknown Gunmen, costituito da uomini spietatissimi che usano decapitare le loro vittime e che  ha sviluppato una modalitá tutta sua di attacco  e ha come obiettivo i quartier generali del governo locale, le stazioni di polizia e le formazioni dell’esercito.

E dopo l’eccidio di Owo, che finora era ritenuto uno dei pochi luoghi sicuri e tranquilli del paese, non si salva piu’ nessun angolo del paese. Ma chi sono i Fulani, sospettati della strage della Chiesa di San Francesco e cosa c’entrano con Boko Haram? I Fulani, che significherebbe ‘uomini liberi’, sono i  nomadi dell’Africa occidentale, un’etnia presente anche in Mauritania, Sudan e Camerun.  Da sempre dediti alla pastorizia e al commercio, discenderebbero da una popolazione  preistorica del Sahara, migrata inizialmente verso il Senegal e poi  lungo le rive del fiume Niger alla ricerca di pascoli per le mandrie. A loro si deve l’introduzione e la diffusione della religione islamica in Africa occidentale. Uomini liberi, certamente, che la fuga dalla desertificazione sta trasformando in nemici giurati degli agricoltori cristiani insediati lungo le vie da loro battute, oggi colpite da una grave crisi alimentare e sanitaria, ripetutamente denunciata attraverso accurati dossier da molteplici organizzazioni internazionali, dall’Unicef, alla Fao, al Wfp.

Una situazione resa ancor piu’ incandescente da un progressivo processo di radicalizzazione islamica che sta investendo i Fulani, la cui violenza sta aumentando sempre piu’. I gruppi armati costituiti da questi pastori nomadi, secondo i dati riportati dal Global Terrorism Index giá nel 2018, sarebbero nettamente aumentati e rappresenterebbero la principale minaccia alla sicurezza del paese, seguiti dai terroristi di Boko Haram e dalle milizie di contadini cristiani di etnia Bachama, fortemente presenti a Owo, la cittá del massacro in Chiesa. I Fulani possono contare su un’ampia disponibilitá di armi, che viaggiano lungo le loro stesse rotte, tra cui moderni kalashnikoff di esportazione russa, spesso dotati anche di lanciagranate, probabilmente usati nell’eccidio delle Pentecoste, diffusissimi i Libia. Un’allenza tra Boko Haram, movimento radicale salafita, influenzato dal wahhabismo, che persegue l’applicazione letterale della Shari’a, il cui scopo è quello di  d’instaurare uno stato islamico in Nigeria e i Fulan potrebbe rivelarsi fatale per un paese, afflitto da una povertá endemica, e fortemente instabile sia economicamente che politicamente. E che si sta preparando alle prossime elezioni, fissate per febbraio, marzo 2023, in un clima di preoccupante incertezza.