Secondo alcune fonti interne, il clima al Beccaria è cambiato, con i detenuti che si sentono più liberi di agire, sfruttando il timore degli agenti di intervenire
Quando il sole tramonta sul carcere minorile Beccaria, le urla, gli slogan e i rumori sinistri degli oggetti sbattuti contro le inferriate si fanno ancora sentire dalla strada. Sono le ultime scene di una rivolta che, almeno per ora, sembra placarsi. L’istituto minorile, già sotto inchiesta per violenze e torture sui giovani detenuti da parte degli agenti, è di nuovo teatro di disordini a venti giorni da un incendio scoppiato in una sezione e poco più di un mese dopo l’arresto di tredici poliziotti.
Nel primo pomeriggio scatta l’allarme: circa cinquanta detenuti, durante l’ora d’aria, si rifiutano di rientrare e rimangono asserragliati nel cortile. Le autorità rispondono prontamente, inviando agenti della Polizia Penitenziaria e forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Dopo un paio d’ore di tensione, la situazione viene riportata sotto controllo senza feriti. Tuttavia, i racconti che emergono successivamente parlano di celle danneggiate, arredi devastati, telecamere rotte e porte divelte.
Fonti dell’amministrazione giudiziaria minorile confermano che la decisione di chiedere rinforzi è stata presa in risposta a un controllo antidroga nelle celle, durante il quale sono state trovate sostanze stupefacenti, e all’isolamento di un detenuto che aveva aggredito un agente. Questi episodi sono legati all’inchiesta in corso sulle torture, che ha gettato un’ombra pesante sull’istituto e ha reso gli agenti più cauti nel loro intervento per timore di nuove accuse.
Secondo alcune fonti interne, il clima al Beccaria è cambiato, con i detenuti che si sentono più liberi di agire, sfruttando il timore degli agenti di intervenire. La procura sta esaminando anche questo episodio per capire cosa lo abbia scatenato e quali siano state le ragioni che hanno portato a un intervento così deciso.
I sindacati della polizia penitenziaria, dopo le accuse di pestaggi e violenze indiscriminate, denunciano una situazione sempre più tesa. Alfonso Greco, segretario del sindacato Sappe, parla di segnali allarmanti dal Beccaria, mentre il segretario generale Donato Capece definisce la condotta dei detenuti “irresponsabile e gravissima”. La Cgil, dal canto suo, chiede un approfondimento rapido della situazione per tutelare sia i detenuti sia i lavoratori.
Don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere, cerca di contestualizzare la ribellione, attribuendola a pochi detenuti che fomentano gli altri con discorsi di oppressione. Egli suggerisce la necessità di trasferire i principali responsabili della protesta, nonostante la difficoltà di trovare spazio nelle carceri già sovraffollate. Pierfrancesco Majorino, capogruppo PD in Regione, evidenzia la necessità di non lasciare il contesto teso del Beccaria a se stesso.
Mentre cala la notte, le urla dei detenuti riecheggiano ancora dal carcere, e fuori c’è chi prevede che non sarà una notte tranquilla.