Party-gate, Johnson si scusa con i cittadini ma Starmer incalza: “Si dimetta!”

di Corinna Pindaro

“Chiedo scusa, porgo le mie scuse più sentite a tutti i cittadini”, queste le parole del Premier britannico Boris Johnson travolto nella bufera del party-gate. Le accuse riguardano una festa che si è svolta il 20 maggio 2020,  nel giardino del n.10 di Downing Street la sede del Primo Ministro e del Governo del Regno Unito. A quell’epoca la Gran Bretagna era in lockdown ed era consentito incontrare non più di una persona all’aperto, per di più tenendosi a due metri di distanza, regole che quel giorno erano state appena ribadite in una conferenza stampa del governo. Il Primo Ministro è, ora, chiamato a rispondere alle accuse da parte delle opposizioni e del suo stesso partito, in particolare durante il consueto Question Time alla Camera dei Comuni ha dovuto scontrarsi con le forti accuse del leader laburista Keir Starmer che ne ha richiesto le dimissioni.

Johnson ha ammesso di aver partecipato al ricevimento, organizzato dal suo segretario privato Martin Reynolds e forse dallo stesso Premier, con la sua compagna Carrie Symonds. Gli inviti al party sono stati inoltrati a 100 persone, di cui se ne sarebbero presentate 40, corredati di una postilla finale diventata oggi virale “Bring Your Own Booze”, vale a dire “Portatevi l’alcol”. Secondo il retroscena del Times alcuni membri del Governo hanno acquistato, infatti, vino bianco e rosè al supermercato della stazione di Westminster mentre altri, consapevoli delle implicazioni del party, scherzavano: “Speriamo non ci siano droni sopra di noi”.

Keir Starmer, leader laburista ed ex procuratore della Corona, non ha risparmiato toni  a dir poco aspri:“Il comportamento del primo ministro è stato patetico, ridicolo, incredibile, mentre tutto il resto del Paese soffriva in isolamento e non poteva andare a trovare nemmeno i propri familiari terminali o malati in ospedale. Si dimetta subito!” e ha poi ribadito: ““siamo davanti a un bugiardo seriale che oramai ha perso il controllo, non può rimanere al suo posto”.

Dal canto suo Johnson  appare remissivo e la sua difesa piuttosto debole: “Ripeto, chiedo scusa, e chiedo al leader dell’opposizione di aspettare i risultati dell’inchiesta interna che ho chiesto sull’accaduto”. L’inchiesta, cui si riferisce Johnson, riguarda oltre il party incriminato anche almeno altre cinque feste venute alla luce a dicembre scorso che si sono tenute al n. 10 di Downing Street tra novembre e dicembre 2020, quando le norme anti Covid lo  impedivano.

Il Premier britannico, tuttavia, insiste: “Non mi ero reso conto che fosse un party, sono andato lì perché volevo salutare tutti i lavoratori, e il giardino è un’estensione degli uffici e del luogo di lavoro a Downing Street, quindi sono convinto di aver rispettato le regole. Comunque, mi prendo la responsabilità di quanto successo”.

Lo scandalo del party-gate sta affossando la credibilità del governo e in particolare quella di Johnson che alla Camera dei Comuni aveva inizialmente dichiarato di non aver mai partecipato a un party a Downing Street. Dire il falso è una grave infrazione del regolamento parlamentare che può condurre a una sorta di “impeachment”. Peraltro l’autorità del Premier appariva già minata nelle ultime settimane da altri comportamenti: dal tentativo di proteggere un deputato conservatore accusato di lobbysmo illecito alle rivelazioni sulla ristrutturazione dell’appartamento privato di Downing Street, pagata da un donatore del partito. I sondaggi mostrano come la popolarità di Johnson stia cadendo a picco, i laburisti hanno ampiamente superato i conservatori ed, in un’importante elezione suppletiva, hanno perso un seggio che il partito deteneva da due secoli.

(Associated Medias)- Tutti i diritti sono riservati