Dopo l’ok da parte del Consiglio Costituzionale alla riforma delle pensioni in Francia si registra una nuova ondata di proteste. Cortei, incendi e atti di vandalismo potrebbero essere solo l’inizio. Chiaro l’invito a Macron, pervenuto esplicitamente da sindacati e opposizione, a non procedere all’approvazione della riforma. In Italia, invece, la riforma delle pensioni slitta: dal Def è evidente che non c’è copertura per la spesa necessaria
di Corinna Pindaro
Le proteste furenti che si sono susseguite in Francia non hanno fermato l’iter di approvazione della riforma delle pensioni voluta da Macron. A pochi minuti dall’annuncio del via libera da parte del Consiglio Costituzionale alla quasi totalità delle misure della riforma l’opposizione e i sindacati sono sul piede di guerra.
Sono centinaia le persone riunite nelle piazze francesi: a Parigi, a Nizza, a Marsiglia, a Tolosa, a Lione e in altre città. In pochi minuti le manifestazioni sono diventate cortei, sfociate anche in scontri violenti con la polizia e atti di vandalismo. Tra tutti, proprio davanti al comune di Parigi è finita in fiamme un’intera rastrelliera di biciclette elettriche, incendiato anche un Commissariato di polizia. “Lanciamo un appello a Macron a non promulgare questa legge. Se lo farà, non potrà più controllare il Paese, non si governa contro il popolo”: le parole di Sophie Binet, la neo segretaria del sindacato Cgt. “Fin d’ora, respingiamo l’invito di Macron a un incontro martedì prossimo”.
Peraltro, questo potrebbe essere solo un anticipo di quanto accadrà nei prossimi giorni. Solo per domani sono previste decine di cortei e una mobilitazione generale è stata già annunciata per il primo maggio.
La riforma delle pensioni in Italia
E se in Francia i francesi si ribellano ad una riforma che vuole l’innalzamento pensionistico in Italia la riforma delle pensioni dovrà essere rimandata. Secondo quanto previsto dal Documento di economia e finanza (Def) approvato nei giorni scorsi la spesa per le pensioni appare lievitata dai 268,5 miliardi del 2018 ai 317,9 miliardi stimati per quest’anno. L’aumento della spesa, insieme ai ridotti spazi di finanza pubblica, costringerà il governo ad allungare i tempi. Sarà dunque, probabilmente, rinviata l’introduzione di Quota 41 che dovrebbe consentire l’uscita dal mercato del lavoro a 41 anni di versamenti a prescindere dall’età anagrafica.
La stessa ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha lasciato chiaramente intendere che la riforma previdenziale sarà realizzata in tempi più lunghi di quelli originariamente previsti. Calderone comunque confida di far ripartire il “cantiere pensionistico” subito dopo l’estate del 2023.
E’ ampiamente probabile che il governo opterà per una “misura ponte”. Tra le ipotesi ci sono la proroga di Quota 103, al momento prevista fino al 31 dicembre 2023, magari in versione rivisitata e il rafforzamento del meccanismo della staffetta generazionale.
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