Poliuretano che si autodistrugge grazie a batteri mangiaplastica, lo studio dell’Università di San Diego

Si apre quindi la possibilità di smaltire facilmente rivestimenti, isolanti, materassi, suole di scarpe e molti altri oggetti realizzati con poliuretano

È in corso un’innovazione rivoluzionaria all’Università di San Diego, in California: i ricercatori stanno perfezionando una plastica che si autodistrugge al contatto con il suolo grazie all’azione di batteri mangiaplastica. Questo nuovo tipo di poliuretano potrebbe presto essere disponibile sul mercato, offrendo una soluzione al problema diffuso della dispersione della plastica nell’ambiente.

A differenza di altre plastiche che si decompongono spontaneamente, questo materiale inizia il processo di degradazione solo quando entra in contatto con i reagenti presenti nel terreno. Questo significa che può essere utilizzato senza limitazioni durante il suo ciclo di vita, senza una data di scadenza definita. Si apre quindi la possibilità di smaltire facilmente rivestimenti, isolanti, materassi, suole di scarpe e molti altri oggetti realizzati con poliuretano.

Inoltre, il nuovo processo rende i materiali più resistenti, prolungandone la durata utile. Una volta terminato il loro ciclo di vita, possono essere eliminati dall’ambiente in modo sicuro, indipendentemente dal metodo di smaltimento.

Questo progresso è stato ottenuto modificando geneticamente un batterio comunemente usato come probiotico, il Bacillus subtilis, affinché possa resistere alle alte temperature di fusione della plastica.

Tuttavia, non tutti sono favorevoli all’introduzione di questi materiali. Alcuni esperti ritengono che l’avvento di polimeri auto-degradabili possa incentivare il consumo di plastica, incluso quello di materiali ancora non digeribili dai batteri, andando contro l’obiettivo di ridurre l’inquinamento da plastica. Il professor Steve Fletcher, direttore del Revolution Plastics Institute dell’Università di Portsmouth, ha avvertito che bisogna prestare attenzione a potenziali conseguenze negative. Potrebbe infatti generare l’illusione che non sia più necessario preoccuparsi dell’inquinamento da plastica, mentre per la maggior parte dei materiali plastici la situazione rimane invariata.

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