di Emilia Morelli
Il Polo Nord è privo di alcun regime giuridico ad hoc ed è sottoposto alle norme e alle consuetudini internazionali oltre al comune diritto marittimo, questo lo rende terreno fertile per le aspirazioni della Russia tanto che c’è chi, addirittura, parla di una possibile Terza Guerra Mondiale. L’ipotesi, ad oggi, appare estrema ma il dato inconfutabile che le recenti trame geopolitiche che coinvolgono l’Artico evidenziano alcuni campanelli d’allarme.
L’ultimo episodio vede la Russia che si dichiara pronta a creare una nuova linea ferroviaria verso il Mare di Barents suscitando l’allarme di tutti gli altri paesi che affacciano sul Polo Nord. In risposta alla Russia la Svezia ha inviato truppe militari presso l’isola Gotland nel Mar Baltico preoccupandosi di un imminente scontro tra Russia e Ucraina destinato ad allargarsi a Nord. Anche gli Usa sorvegliano con preoccupazione le mire russe verso l’Artico e l’aumento di militari russi al Polo Nord suscita non pochi sospetti.
Se gli analisti geopolitici inizialmente hanno individuato il Medio Oriente come il possibile luogo di una Terza Guerra Mondiale di recente l’Ucraina è sotto i riflettori. Se Putin decidesse di invadere Kiev, infatti, certamente si innescherebbe una reazione della Nato tale da determinare l’ingresso in campo delle maggiori potenze mondiali. In questo contesto il Polo Nord si presenta come una riserva naturale di ricchezza. Secondo l’Osservatorio Artico, sotto il Polo Nord potrebbero essere rinvenuti“ 90 miliardi di barili di petrolio, 1.669 trilioni di piedi cubi di gas naturale e 44 miliardi di barili di liquidi di gas naturale, di cui si prevede che circa l’84% percento sia offshore”: un prezioso bottino ai tempi del caro energia in barba allo scioglimento dei ghiacciai.
La Russia che è il Paese con maggiore superficie confinante con il Polo Nord ha deciso, quindi, di creare reti di collegamento e migliorare le proprie infrastrutture in vista della possibilità di rivendicare le ricchezze del sottosuolo. L’operazione di Mosca sarebbe del tutto lecita e consentita dalla Convenzione Onu sul diritto del Mare che dispone: “i Paesi litoranei possono rivendicare diritti di sfruttamento delle risorse naturali, biologiche e non, nella colonna d’acqua, nel fondo e nel sottosuolo marino della zona economica esclusiva” a condizione che “dimostrino che i fondali artici siano il prolungamento della loro piattaforma continentale”.
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