Premierato, via libera dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato: introdotto il limite dei due mandati

Nel testo approvato è stato abolito il requisito del 55% dei seggi come premio di maggioranza e introdotto la possibilità di revocare i ministri

GIORGIA MELONI

Periodo di due mandati (potenzialmente estendibile a tre) per il presidente del Consiglio, abolizione del requisito del 55% dei seggi come premio di maggioranza, introduzione della possibilità di revocare i ministri. Queste sono le modifiche proposte all’articolo 3 del progetto di legge sul cosiddetto premierato, contenute nell’emendamento presentato in precedenza dal governo e approvato martedì dalla Commissione Affari costituzionali del Senato. L’articolo 3 costituisce il cuore della riforma e ridefinisce l’articolo 92 della Costituzione, stabilendo l’elezione diretta del capo del governo: nella versione originale, approvata a novembre dal Consiglio dei ministri, si stabiliva che la futura legge elettorale avrebbe dovuto assicurare “il 55% dei seggi in ciascuna delle due Camere alle liste e ai candidati collegati” al premier. Questa disposizione ha suscitato forti critiche, poiché non prevedeva un ballottaggio né una soglia minima di consenso per ottenere il premio.

Pertanto, a febbraio, il governo ha presentato un nuovo testo tramite la ministra delle Riforme Elisabetta Casellati (Forza Italia), che elimina il conteggio dei seggi da attribuire: si prevede solamente che la coalizione vincente ottenga “una maggioranza in ciascuna delle Camere (…) nel rispetto del principio di rappresentanza”. Sarà quindi la legge elettorale a determinare l’entità del premio. Tuttavia, dal punto di vista sostanziale, non cambia molto: il presidente del Consiglio dovrà comunque avere almeno la metà dei seggi più uno, senza ballottaggio e soglia minima di consenso. Anche in questo caso, il candidato che arriva primo potrebbe ottenere una maggioranza assoluta anche con solo il 20% dei voti (ipoteticamente). Tuttavia, la ministra Casellati rifiuta di discutere l’argomento con i giornalisti: “Non vedo cosa ci sia da chiarire, dato che la legge elettorale non è ancora definita. Chiarirò quando presenterò un testo su cui discutere. Come già fatto con la riforma, questo testo sarà presentato anche alle opposizioni prima della discussione, per cercare un possibile accordo”. Più specifico è il relatore del progetto di legge al Senato, il senatore di FdI Alberto Balboni: “Si parlerà della legge elettorale dopo l’approvazione sia al Senato che alla Camera della riforma in prima lettura”, afferma (i progetti di legge costituzionale richiedono un doppio via libera in entrambe le camere del Parlamento).

L’emendamento del governo stabilisce che il presidente del Consiglio non possa rimanere in carica per più di due mandati: “Il presidente del Consiglio è eletto tramite voto universale e diretto per cinque anni, per non più di due legislature consecutive”. Tuttavia, c’è un’eccezione: le due legislature possono diventare tre se il capo dell’esecutivo “ha occupato l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”. Inoltre, al potere di nomina dei ministri si aggiunge quello di revoca, entrambi attribuiti al presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio. La maggioranza ha deciso di accelerare il processo per arrivare all’approvazione in prima lettura della riforma al Senato entro le elezioni europee di giugno: questa settimana verranno votati a oltranza gli emendamenti agli articoli, dopodiché sarà approvato il mandato al relatore per riferire in Aula. Secondo Casellati, il testo non sarà discusso dalla Commissione “almeno fino alla fine di questo mese”: “Tuttavia, i tempi sono sempre determinati dalla discussione parlamentare; non è certo il governo che impone un calendario. Abbiamo sempre dato ampio spazio anche da questo punto di vista”, sostiene.

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