Quirinale: il centrodestra con Berlusconi apre il valzer tra i no di Pd e M5S e l’indignazione del web

di Ennio Bassi

Il centrodestra invita Silvio Berlusconi a rompere gli indugi per il Quirinale e a “sciogliere la riserva”. L’altra metà della politica è divisa tra chi come il il Pd di Letta e i 5 Stelle di Conte che bocciano la candidatura come “irricevibile” e chi invece spera che questo sia un tentativo mascherato di Giorgia Meloni e Matteo Salvini di bruciare il Cavaliere, lavorando di fatto alla candidatura reale di Gianni Letta. Sullo sfondo un paese che sui social si indigna ritirando fuori il meglio del peggio del repertorio berlusconiano dal bunga bunga alle condanne, da Ruby rubacuori e le olgettine agli scherzi alla Merkel.

Fonti del Nazareno hanno detto che “Silvio Berlusconi alla Presidenza della Repubblica è per il Pd un’opzione irricevibile e improponibile. Mentre su Twitter Conte ha scritto “il centrodestra non blocchi l’Italia. Qui fuori c’è un Paese che soffre e attende risposte, non possiamo giocare sulle spalle di famiglie e imprese”.

Nel comunicato emesso dalle forze del centrodestra al termine dell’ultimo vertice romano tra le righe si legge come la scelta di indicare Berlusconi  sia una passo dovuto, inevitabile: “Il centrodestra, che rappresenta la maggioranza relativa nell’assemblea chiamata a eleggere il nuovo capo dello Stato, ha il diritto e il dovere di proporre la candidatura al massimo vertice delle istituzioni. I leader della coalizione hanno convenuto che Silvio Berlusconi sia la figura adatta a ricoprire in questo frangente difficile l’alta carica con l’autorevolezza e l’esperienza che il Paese merita e che gli italiani si attendono. Gli chiedono pertanto di sciogliere in senso favorevole la riserva fin qui mantenuta”.

A questo punto la palla è nelle mani del Cavaliere che prima di scigliere definitivamente le sue riserve dovrà fare bene i conti sui voti a sua disposizione, un lavoro contabile che sta svolgendo con i suoi fedelissimi adiuvati nei calcoli da Vittorio Sgarbi che è l’uomo sul fronte dei “corteggiamenti” parlamentari e che ha l’obiettivo di portare a casa a consensi “disponibili”.

Salvini oltre a chiedere a Berlusconi di sciogliere le sue riserve, ci ha tenuto a ribadire che l’unità rimane una priorità, che Draghi deve restare al suo posto e che semmai si potrà rafforzare il governo con un rimpasto che porti i segretari dentro l’esecutivo.  “Il centrodestra deve essere compatto dall’inizio alla fine, qualunque cosa accada – ha detto Salvini -dopo 30 anni abbiamo una occasione storica di fare una scelta di assoluto livello che non sia necessariamente di sinistra. Per 30 anni è stata la sinistra a dare le carte, diciamo che dopo 30 anni anche al Quirinale il centrodestra penso che abbia tutti i titoli, oltre che i numeri per fare la sua partita. Nessuno – ha concluso il segretario della Lega – può dire ‘Berlusconi no, tu no’ perché è stato Presidente del Consiglio per tre volte. Io sono al lavoro perché voglio dare agli italiani una immagine di efficienza”.

Di tutt’altro avviso Matteo Renzi, uno che come king-maker se la cava bene, visto che Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi sono opera prevalentemente sue. “Ciò che è accaduto oggi nella riunione del centrodestra con una indicazione di Berlusconi è a metà, perché hanno detto che deve verificare se ha i numeri – ha detto Renzi – è una indicazione a metà, è un passo indietro per loro nella strada della candidatura di Berlusconi. Oggi Berlusconi ha fatto un passo indietro, non un passi in avanti”.

“La strategia elettorale sul Presidente della Repubblica – ha proseguito Renzi, che con Italia Viva di voti ne ha a sufficienza per condizionare la nomina del nuovo capo dello stato – caratterizza chi è capace di fare politica da chi non lo è: Bersani non lo è stato nel 2013 e invece noi lo siamo stati nel 2015. Questo messaggio ha due nomi e cognomi come destinatari: Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Loro rischiano l’effetto Bersani, la sindrome di Bersani, perché i numeri ce li hanno loro, se sono capaci portano a casa il risultato se non lo sono vengono colpiti dalla sindrome Bersani”.

Renzi ha poi aggiunto: ‘Un candidato di centrodestra può ottenere un consenso di parte del M5s e del Pd, che non lo ha escluso. E se risponde all’interesse degli italiani anche da parte nostra. Se c’è da votare un candidato che fa gli interessi dell’Italia e degli Italiani, credibile, siamo pronti a farlo. Bisogna vedere chi è e qual è il suo profilo. Il centrodestra deve portare un nome diverso da quello di Silvio Berlusconi. Saranno in grado di farlo?. Io penso che Draghi sarebbe un ottimo presidente della Repubblica e del consiglio. Se Draghi va al Colle, si apre l’ipotesi: ‘cosa fa Salvini?’. Se se ne va dal governo c’è lo schema Ursula, con Salvini e Meloni all’opposizione. Io se fossi Salvini l’errore di uscire dal governo non lo rifarei. Sennò ci sarà il governo dei leader, sono due schemi che funzionano”.

Con l’uscita su Berlusconi il valzer ha ora veramente cominciato a girare. La settimana che inizia è quella decisiva sia per portare eventualmente ad esaurimento i candidati di bandiera sia per testare i nomi di riserva: Gianni Letta, Marta Cartabia, Giuliano Amato, Enrico Franceschini, Pier Ferdinando Casini, tanto per intenderci. Poi finito anche questo giro resteranno in pista i nomi più forti, vale a dire Draghi e Mattarella o anche qualche riserva della Repubblica come nel 2015 fu proprio Mattarella.

(Associated Medias)