Domenica 3 dicembre i venezuelani vanno alle urne per un referendum che ha inasprito la tensione tra il paese sudamericano e il suo vicino, la Guyana. Il governo venezuelano con questo voto vuole misurare il sostegno popolare alle sue rivendicazioni storiche su una zona di giungla contesa e ricca di petrolio, attualmente amministrata dalla Guyana.La regione di 159.500 chilometri quadrati (61.600 miglia quadrate) è conosciuta come Essequibo e costituisce due terzi del totale del territorio attualmente controllato dalla Guyana. Ospita 125.000 degli 800.000 cittadini della Guyana.
La disputa dura da più di un secolo. Nel 1899, un tribunale arbitrale internazionale assegnò l’area alla Gran Bretagna, che all’epoca era la potenza coloniale che governava la Guyana, o Guyana britannica, come era allora conosciuta.
Ma la sentenza, come ricorda la Bbc, che all’evento dedica una ampia analisi, é stata bollata come ingiusta dai governi venezuelani che si sono succeduti negli ultimi 60 anni.Nel 1966, la Gran Bretagna e il Venezuela raggiunsero un accordo – noto come Accordo di Ginevra – per istituire una commissione composta da rappresentanti della Guyana, diventata indipendente dalla Gran Bretagna quello stesso anno, e del Venezuela per rivedere la disputa territoriale. Ma dopo oltre mezzo secolo non é stata trovata ancora alcuna soluzione. E il contenzioso é tornato a inasprirsi nel 2015, pdopo che il colosso statunitense ExxonMobil ha scoperto il petrolio nelle acque offshore di Essequibo.
Nel 2018, la Guyana ha portato il caso davanti alla Corte internazionale di giustizia (ICJ), dopo aver ottenuto il via libera dal Segretario generale delle Nazioni Unite. L’ICJ, con sede a L’Aia, nei Paesi Bassi, è il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, e uno dei suoi ruoli è la risoluzione delle controversie legali tra stati. Ma possono volerci anni prima che emetta sentenze e il primo passo nella maggior parte dei casi è decidere se ha giurisdizione, cioè se ha l’autorità legale per pronunciarsi su una particolare controversia. Nel 2020, l’ICJ ha stabilito di avere giurisdizione sulla controversia, ma deve ancora decidere nel merito del caso, vale a dire se il lodo arbitrale del 1899 che assegna l’Essequibo alla Guyana è valido.
Il Venezuela non ha accettato la giurisdizione dell’ICJ, ma finora ha continuato a presenziare alle udienze della corte. La tensione è aumentata ulteriormente quando il governo della Guyana ha organizzato un’asta nel settembre di quest’anno in cui le compagnie petrolifere hanno presentato offerte per licenze di esplorazione nelle acque di Essequibo.
Questa mossa e un’ulteriore scoperta “significativa” di petrolio avvenuta in quelle acque poco più di un mese fa hanno aumentato la pressione sul governo venezuelano. Il Venezuela ha le riserve petrolifere accertate più grandi al mondo, ma gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni radicali al settore petrolifero del paese sudamericano nel 2019. Anche il governo venezuelano, guidato dal presidente Nicolás Maduro dal 2013, è sotto pressione internazionale affinché consenta elezioni libere ed eque nel 2024. Gli Stati Uniti hanno recentemente allentato le sanzioni imposte all’industria petrolifera venezuelana in cambio della revoca del divieto da parte del governo nei confronti della principale candidata dell’opposizione, María Corina Machado. Tuttavia, il divieto per la signora Machado di candidarsi alle elezioni rimane attualmente in vigore.
Molti analisti vedono il referendum di Essequibo come una risposta tattica del presidente Maduro per suscitare il fervore nazionalista e distrarre dalle richieste di elezioni libere ed eque. Anche se il referendum è solo di natura consultiva – cioè non avrà alcun valore legale al di fuori del Venezuela – la Guyana lo ha condannato come un tentativo aggressivo di “annessione”. Agli elettori venezuelani viene chiesto di rispondere “Sì” o “No” a cinque domande. I primi due sostanzialmente chiedono se i venezuelani sostengono la rivendicazione del paese sulla regione di Essequibo basata sugli argomenti venezuelani: la presunta invalidità del lodo arbitrale del 1899 e la validità dell’accordo di Ginevra del 1966.
La terza domanda chiede agli elettori se sono d’accordo con il rifiuto del governo Maduro di accettare che l’ICJ abbia giurisdizione sul caso. Questa è una questione controversa, dal momento che molti leader e osservatori dell’opposizione venezuelana affermano che snobbare la Corte Internazionale di Giustizia mina la posizione del Venezuela.
La domanda quattro chiede se i venezuelani “sono d’accordo ad opporsi con tutti i mezzi in conformità con la legge” all’uso “unilaterale” delle acque marine al largo di Essequibo da parte della Guyana – un riferimento alla Guyana che rilascia licenze petrolifere per questa area offshore.
Il quinto quesito é relativo all’approvazione della “creazione dello stato di Guayana Esequiba” e la sua “incorporazione nella mappa del territorio venezuelano”, linguaggio particolarmente contestato dalla Guyana che sostiene che ciò equivarrebbe ad una effettiva “annessione” del territorio che attualmente amministra.