Riflessioni virali: Nichilismo, solidarietà e pandemia

di Aldo Runfola*

L’uomo è la malattia della Terra, dichiarava Nietzsche,  e il nichilismo è il suo destino, non una teoria fra le altre, ma l’esito fatale della sua traiettoria storica. Da questo punto di vista, il superuomo, o l’oltre uomo, è probabilmente un residuo teologico fisiologicamente annidato nel pensiero del filosofo, erede di una famiglia di pastori luterani.

Sarebbe una forma di rettitudine accelerare questo processo – si può fare molto di più, lamentava sempre Nietzsche -, anziché mettere ostacoli, favorire il nichilismo. Ma la solidarietà, invocata oggi unanimemente contro l’anarchia soggettivistica, se è qualcosa di autentico è disciplina e prassi severa esercitata come tale su se stessi in primo luogo; non può essere l’oggetto di fragili teorie o un vademecum di istruzioni per l’uso; sarebbe la dedizione impersonale che Proust scorgeva duramente incisa sul volto delle suore lungo le corsie degli ospedali.

Tra i politici, Berlinguer e Pertini si sono distinti come personale a servizio, oltre il proprio interesse o gli obiettivi di partito, oltre la bontà e l’altruismo. Forse erano degli ingenui, forse degli idioti, nel senso dato a questa parola da Dostojewski. Più recentemente, Gino Strada sarebbe una figura di questo tipo.

Solidarietà in forma di teoria è propaganda, e propaganda è anche ogni tentativo di edulcorare il futuro, così come presagire catastrofi, a causa dei cambiamenti climatici, degli allevamenti intensivi o quant’altro; davvero si vuol far credere che sia possibile tornare indietro, cambiare direzione? No, non basta, si fa ancora troppo poco, per non morire dal ridere quanto meno.

La solidarietà come cifra morale della libertà, secondo l’analisi di Massimo Recalcati, è il pathos melodico che accompagna le misure di uno Stato paternalistico quali si esprimono nelle impronte a terra per il distanziamento corretto o nell’esortazione a indossare la mascherina di protezione se si va a letto in due, coniugi, conviventi o amanti saltuari.

Regrediti all’asilo nido della democrazia solidaristica, siamo equidistanti tanto dall’etica quanto dall’estetica se è vero che nessun artista, tra gli alfieri dello chock, ha finora prodotto l’opera che inneggia alla pandemia, o almeno una timida apologia.

Quanto alla scienza, tra individualismo e vantaggi0 sociale, egoismo e solidarietà, un modello matematico per razionalizzare i comportamenti con l’obiettivo di ottenere il meglio da una situazione evitando il peggio, come si tenta di fare in maniera approssimativa in tutto il mondo quale argine all’epidemia, sarebbe pienamente applicabile, senza restrizioni, soltanto in un regime dittatoriale.

*Aldo Runfola è una artista italiano che vive e lavora a Berlino. E’ partito da Palermo dove è nato il 24 dicembre per poi venire affidato a due sconosciuti di nome Maria e Giuseppe (lui la chiama “La biografia perfetta”). Dalla Sicilia è arrivato in Germania via Istambul, Kabul, Londra, Milano e New York. Un viaggio non ancora finito. Le opere che corredano questo articolo sono sue. Il concetto “Mi piace non mi piace” è una sua invenzione dicotomica dei primi anni 90, quando Mark Zuckerberg, che con questa idea ha fatto la fortuna di Facebook, era ancora alla scuole elementari. Runfola, che della previsione o, se volete, della preveggenza ha fatto un tratto distintivo del suo lavoro è l’ennesima prova di quanto i grandi artisti siano avanti di 20/30 anni rispetto al pensiero comune. Vista la difficile epoca pandemica che stiamo vivendo, dove molti parlano ma pochi dicono, abbiamo pensato che fosse utile varare una rubrica filosofica visionaria e affidarla ad un esperto. (Guido Talarico)

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