Riforma delle pensioni, i sindacati: età pensionabile 62 anni o 41 di contributi e un sistema solidale

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di Corinna Pindaro

Al via la riforma delle pensioni. Con una consapevolezza, la Fornero, una delle riforme più odiate e mal riuscite della storia della previdenza italiana sarà presto solo un ricordo. I sindacati hanno chiesto al Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, uno schema e un programma d”impegno realistico e concreto, una riforma completa e non a compartimenti stagni di cui si è colta l’inefficienza attraverso Quota 100. Cgil, Cisl e Uil hanno quindi esposto le loro prerogative di fronte al Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, che ha dato la disponibilità ad aprire un tavolo di confronto: bisogna fare presto perché, come sottolineato dai sindacati, le pensioni “non sono un lusso, ma un giusto riconoscimento dopo una vita di lavoro”.

Oltre quota 100 il Ministero del lavoro ha, quindi, accolto il dialogo sulla previdenza. Già a Luglio potrebbe venire a delinearsi un testo base per la riforma degli ammortizzatori sociali. I sindacati, però, hanno ben chiari gli obiettivi: pensione a 62 anni di età o con 41 anni di contributi. “Vogliamo rilanciare i temi della piattaforma sindacale con maggiore flessibilità”, affermano le sigle sindacali annunciando che sarà presentata l’iniziativa “Cambiare le pensioni adesso”.

L’intento verso cui si muovono Cgil, Cisl e Uil è andare oltre alla nozione di “quota” ed evitare che prenda piede l’idea della pensione al raggiungimento dei 67 anni di età. Per le parti sociali “un sistema previdenziale solido e sostenibile deve avere radici salde nell’occupazione di qualità e noi stiamo lavorando in questo senso consapevoli che senza lavoro non c’è previdenza e che la previdenza è strumento di coesione sociale e non solo una voce della spesa pubblica”.  Nelle premesse che muovono l’azione sindacale vi è la consapevolezza che oggi l’Italia ha bisogno di coesione e solidarietà sociale. In proposito anche il Ministro del Lavoro Orlando evidenzia: “Abbiamo riattivato i meccanismi per discutere su come gestire la fine di Quota 100, con le riunioni dei gruppi tecnici. Dobbiamo essere laici e costruire meccanismi che tengano conto della fase che viviamo”.

In proposito l’Inps avanza una proposta: per scongiurare una “quota 102” al raggiungimento di 64 anni di età e con almeno 38 anni di contributi il  Presidente Inps, Pasquale Tridico, propone di dividere la pensione in due quote: retributiva e contributiva. Si potrebbe, secondo Tridico,  prevedere per quanto imputato alla quota contributiva un anticipo pensionistico con solo parte contributiva a 62/63 anni e 20 anni di contributi. La quota retributiva, invece la si otterrebbe a 67 anni con un anno in meno per ogni figlio per madri lavoratrici, oppure con l’aumento del coefficiente di trasformazione corrispondente. In quest’ipotesi non sarebbe escluso un anno in meno di occupazione per ogni 10 anni di lavori usuranti/gravosi.

Luigi Sbarra, il Segretario generale della Cisl avverte: “Con la fine di Quota 100 non è possibile pensare di tornare senza colpo ferire al modello pensionistico Monti-Fornero, che per molti implica un salto anagrafico di almeno cinque anni, significa non essere sintonizzati sulla vita reale delle persone. Occorre evitare il rischio di reiterarsi di situazioni come quella degli esodati che non sono accettate”. Per Sbarra è necessario improntare la riforma sulla flessibilità partendo dai 62 anni come età pensionabile ponendolo come “un traguardo assolutamente sostenibile sotto il profilo finanziario. 

I sindacati stanno, inoltre, aspettando una convocazione da Mario Draghi in relazione al Recovery Plan. Secondo le parti sociali finora il dialogo con il Governo circa gli obiettivi, le priorità e le risorse del Pnrr è stato del tutto inadeguato e insoddisfacente. I sindacati reclamano, quindi, la volontà di avere un ruolo attivo e determinante nella messa in opera di uno strumento considerato fondamentale per il rilancio del Paese e per l’occupazione dei giovani e delle donne e per ridurre il divario tra nord e sud.

I sindacati auspicano che il tutto sia fatto in tempi brevi, in proposito il Segretario Generale della Cgil ha ribadito: “Un  sistema puramente contributivo non esiste al mondo se non in Cina. Un sistema contributivo che riconosca discontinuità e differenze tra i lavori più e meno gravosi non può essere puramente contributivo ma deve prevedere elementi di solidarietà. E’ evidente che qualsiasi sistema pensionistico deve avere un impianto di questa natura e un’idea in cui la creazione di un lavoro stabile sicuro e con diritti è la condizione per reggerlo. Al Governo stiamo chiedendo anche di fare una riforma fiscale per combattere l’evasione e aumentare le entrate; stiamo chiedendo di rendere esegibile l’applicazioen dei ccnl, di combattere il lavoro nero, di avviare investimenti che creino nuovo lavoro e diano prospettive ai giovani. Allo stesso tempo vogliamo modificare la riforma Fornero, anche perchè l’età media con cui un giovane oggi rischia di andare in pensione è di 70 anni”.

Secondo Landini la riforma delle pensioni deve essere prodromica all’idea di superamento della precarietà del lavoro. Sul punto Landini sottolinea: “la Legge Fornero più che una riforma fu un taglio chiesto allora dall’ Europa”, mentre oggi continua il Segretario Cgil, “abbiamo bisogno di collocare la vera riforma del sistema pensionistico con il tema del lavoro precario e della lotta all’evasione fiscale e contributiva”. Quello che si aspetta Landini è che all’indomani della riforma si guardi ad un sistema in grado di riconoscere le diversità in base ai lavori gravosi, alla maternità, all’inserimento nel lavoro dei giovani e che sia pertanto solidale e fondato su un mercato del lavoro stabile e garantito.

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