Sari Real Time, il Garante per la Privacy boccia il sistema di riconoscimento facciale del Ministero dell’Interno

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di Corinna Pindaro

Il sistema, “oltre ad essere privo di una base giuridica che legittimi il trattamento automatizzato dei dati biometrici per il riconoscimento facciale a fini di sicurezza, realizzerebbe per come è progettato una forma di sorveglianza indiscriminata/di massa”, così l’ Autorità Garante per la protezione dei dati personali si è espresso in relazione all’utilizzo di “Sari Real Time” da parte del Ministero dell’Interno.

Il sistema sottoposto all’esame del Garante ma non ancora attivo consente attraverso una serie di telecamere, installate in una determinata area, di riconoscere i volti delle persone che vi transitano in quanto ricompresi in una watch list, una vera e propria banca dati che può arrivare a contenere dieci mila volti.  Nell’ipotesi in cui si generi un riscontro tra il viso inquadrato dalle telecamere e quelli enucleati nella watch list il sistema è in grado di determinare un vero e proprio alert per le Forze di Polizia che giungerebbero immediatamente sul luogo indicato.

E’ possibile installare il sistema in ogni luogo che si ritenga utile per coadiuvare le indagini, in relazione alle specifiche esigenze delle Forze di Polizia ,  attraverso la tecnologia del riconoscimento facciale .Il sistema svolge inoltre la funzione di videosorveglianza in quanto è strutturato per registrare le immagini riprese dalle telecamere.

L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, in linea con quanto previsto dalle direttive europee, esprime grande cautela in relazione all’utilizzo dei sistemi di riconoscimento facciale per la prevenzione e repressione dei reati. 

Secondo quanto afferma il Garante in una nota:” Va considerato, in particolare, che Sari Real Time realizzerebbe un trattamento automatizzato su larga scala che può riguardare anche persone presenti a manifestazioni politiche e sociali, che non sono oggetto di “attenzione” da parte delle forze di Polizia. Ed anche se nella valutazione di impatto presentata il ministero spiega che le immagini verrebbero immediatamente cancellate, l’identificazione di una persona sarebbe realizzata attraverso il trattamento dei dati biometrici di tutti coloro che sono presenti nello spazio monitorato, allo scopo di generare modelli confrontabili con quelli dei soggetti inclusi nella “watch-list”. Si determinerebbe così una evoluzione della natura stessa dell’attività di sorveglianza, che segnerebbe un passaggio dalla sorveglianza mirata di alcuni individui alla possibilità di sorveglianza universale”.

Per questi particolari connotati e, a causa della  forte interferenza del sistema con la vita privata delle persone, occorre ribadire che la normativa in materia di privacy stabilisce rigorose tutele per i trattamenti di dati biometrici e per particolari categorie di dati (ad esempio, quelli idonei a rivelare opinioni politiche, sindacali, religiose, orientamenti sessuali), i quali devono trovare giustificazione in una adeguata base normativa. Base normativa che non è stata rinvenuta nella documentazione fornita dal Ministero dell’Interno.

Secondo il Garante perché vi sia  una base normativa adeguata occorre necessariamente tener conto di un adeguato bilanciamento tra tutti i diritti e le libertà coinvolte e definire le situazioni in cui è possibile l’uso di tali sistemi, senza lasciare una discrezionalità ampia a chi lo utilizza. Ciò vale anche per aspetti fondamentali dell’impiego della tecnica di riconoscimento facciale, come i criteri di individuazione dei soggetti che possono essere inseriti nella watch list, le conseguenze in caso di falsi positivi o la piena adeguatezza del sistema nei confronti di persone appartenenti a minoranze etniche.