Toto Nomine: l’epoca post pandemica richiede guide capaci, ecco i nomi in lizza

di Giulio Talarico

“Dio è morto, Marx è morto e anche io non mi sento troppo bene”, diceva il primo, immenso, Woody Allen in una delle sue battute autoironiche più riuscite. Nell’Italia post pandemica sta accadendo qualcosa di simile: “Draghi è tornato, Letta è tornato e anche gli altri vogliono gli uomini migliori”. In questo clima un po’ da “Titanic” un po’ da “Ritorno al Futuro”, dove tutto sembra precipitare e di conseguenza tutto impone la ricerca del colpo di genio, la partita delle nomine e dei cambi di guardia nelle grandi istituzioni pubbliche e private, assume significati ulteriori rispetto al passato. Allora vediamo di capire cosa potrebbe accadere nelle prossime settimane.

In questa fase il domino comincia dall’Eni. E qui la parola definitiva l’hanno scritta i giudici di Milano con la loro sentenza di assoluzione sulla vicenda Eni-Nigeria. Il processo, per fatti verificatisi tra il 2009 e il 2014, verteva su un miliardo e 92 milioni di dollari pagati nel 2011 da Eni e Shell al governo della Nigeria, su un conto ufficiale, per acquistare la concessione petrolifera Opl-245. Tra gli imputati figuravano anche l’Ad di Eni Claudio Descalzi e l’ex Ad Paolo Scaroni, oltre ai due colossi dell’energia. L’accusa sosteneva che fosse di un caso di corruzione internazionale. L’assoluzione da tutte le accuse è una grande vittoria per Eni, e con lei per tutto il paese, ma di fatto sblocca anche la vicenda delle nomine. Se i giudici avessero infatti deciso per la condanna di Descalzi, che è in scadenza, il suo rinnovo non avrebbe potuto avere luogo.

L’assoluzione di Descalzi rende anche in qualche modo più salda la posizione di Alessandro Profumo, l’Ad di Leonardo, che di problemi giudiziari ne ha svariati e che in caso di condanne nel processo Eni sarebbe stato verosimilmente costretto alle dimissioni. Vedremo nelle prossime ore come il Governo vorrà comunque affrontare la sua vicenda.

Sul fronte delle nomine pubbliche di primo livello vi è poi Saipem. Il nome chiave in questo scenario è quello di Stefano Cao, un super manager di grande esperienza e solidità, passato da Saipem ad Eni e poi ritornato in Saipem come amministratore delegato. Il suo nome, nell’epoca in sui si ricercano i migliori, sembra essere il primo della lista. Lui sembra avesse altri programmi ma, ci dicono fonti bene informate, pare che sarà gentilmente pregato di restare al suo posto. E la ragione è molto semplice: Saipem è una società che lavora molto e bene nel settore della progettazione complessa e il suo ruolo sarà dunque cruciale per il paese nella fase di decarbonizzazione e di ricerca della migliore sostenibilità energetica che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi anni. Inevitabile dunque che il Governo punti a conservare alla guida di Saipem il suo uomo migliore.

Altra partita delicata è quella di Cdp. Il presidente Giovanni Gorno Temprini appare inamovibile. Lo vogliono sia il Presidente di Acri, Francesco Profumo, che il Ministro dell’Economia, Daniele Franco. Diverso il discorso per l’amministratore delegato in carica: Fabrizio Palermo ha fatto bene il suo lavoro, ma rischia di pagare la sua vicinanza all’ex premier Giuseppe Conte, che pare fosse stato intenzionato a spostarlo in Leonardo per lasciare Cdp a Domenico Arcuri. Ipotesi ormai del tutto tramontata.

Se il Governo opterà per la sostituzione di Palermo, l’uomo più accreditato per prenderne il posto è Dario Scannapieco, attuale Vicepresidente della Banca Centrale Europea. Vicinissimo a Draghi, al quale lo lega un’antica consuetudine professionale, Scannapieco, a quanto riferiscono diverse fonti, sarebbe il profilo più indicato, ma questa è una sostituzione che reca in sé un vulnus: se Scannapieco dovesse lasciare la BCE per dimissioni non è detto che quel posto rimarrebbe all’Italia.

In questo contesto il nome più accreditato sembra essere quello dell’attuale direttore generale del MEF Alessandro Rivera, un super professionista che gode della stima di tutti, a cominciare da Mario Draghi. In subordine si arriva ad altri nomi sempre di prima grandezza che però sono già seduti su comode poltrone. Ci riferiamo a due ever green, vale a dire Matteo Del Fante, attuale Ad di Poste, e Luigi Gubitosi di Tim. Va comunque detto che Palermo ha dalla sua il fatto di avere gestito con efficacia diverse partite e anche il fatto che i 5 Stelle sono ancora al Governo e sono la forza parlamentare più ampia. Insomma, Palermo è un manager che potrebbe ancora essere utilizzato.

Sul fronte delle banche e delle istituzioni finanziarie un nome che negli ultimi mesi è circolato spesso sui tavoli che contano è quello di Piero Montani. Un professionista forse poco conosciuto al grande pubblico ma ben noto nella comunità finanziaria. Tra i banker infatti è molto apprezzata la sua fama di uomo del fare. Una lunga carriera che lo ha portato dal Credito Italiano, alla Banca Popolare fino alla Banca Carige e che gli ha consentito di crearsi un percorso professionale molto solido ed apprezzato. A Piero Montani in particolare il mercato oggi riconosce doti molto ricercate e cioè di essere un manager con ottime capacità di riorganizzatore. Dove c’è stato da integrare strutture finanziarie diverse, dove c’è stato da avviare processi di crescita rapidi ed efficaci, dove è stato necessario organizzare il salto dimensionale per strutture già esistenti Montani ha sempre dimostrato di avere la mentalità giusta e le capacità professionali per raggiungere gli obiettivi. Ed è per questo che in un momento di grandi riorganizzazioni del sistema bancario il suo nome circola con insistenza.

Da non dimenticare poi che Montani è reduce da una vittoria giudiziaria importante. Carige la sua ex banca, ha infatti perso la causa che aveva intentato contro l’allora presidente Cesare Castelbarco Albani, e contro di lui, per la vendita di Carige Assicurazioni e Vita Nuova, effettuate all’epoca in cui ne era amministratore delegato. Il tribunale di Genova ha infatti spiegato che la vendita era giusta e congrua e che “tutta la fase successiva – di istruttoria, individuazione dell’acquirente e negoziazione – si ritiene compiuta con diligenza, tenendo conto delle condizioni di mercato che oggettivamente non erano favorevoli”. Una vittoria che comprova una volta di più di che pasta è fatto Montani.

Chiudiamo con la partita delle nomine alle Agenzie di stato. Alle Dogane dovrebbe restare Marcello Minenna, economista un po’ controverso, tentato da sortite politiche, così come all’Agenzia delle Entrate dovrebbe restare Ernesto Maria Ruffini. All’Agenzia del Demanio invece sembra che il Governo sia orientato per l’alternanza, anche per favorire la diversità di genere. Il che vuol dire che ad oggi danno in uscita Antonio Agostino ed in entrata Alessandra del Verme.

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