Trent’anni dalla strage dei Georgofili: Meloni: “Nessun italiano e nessun fiorentino potrà dimenticare”

Il trentesimo anniversario della strage di via dei Georgofili si connota di un aspetto ulteriore: è il primo dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro

di Emilia Morelli

Oggi si celebra il trentesimo anniversario dalla strage di via dei Georgofili che ha causato la morte di 5 persone e 48 feriti. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha inviato un messaggio a nome del governo per commemorare le vittime e ricordare il tragico evento. “Nessun fiorentino, nessun italiano, potrà mai dimenticare la strage dei Georgofili. Così come nessuno potrà mai cancellare dalla memoria quegli anni così difficili per la nostra nazione, segnati da altri sanguinosi attentati e stragi. Il governo rivolge il suo pensiero commosso a tutti i famigliari delle vittime e rinnova il suo ringraziamento ai servitori dello Stato che, spesso nell’ombra e tra mille difficoltà, hanno lottato e lottano contro la mafia. E che con il loro instancabile lavoro avvicinano sempre di più il definitivo tramonto della criminalità organizzata”, ha affermato la premier.

Meloni ha poi voluto ricordare che si è trattato di “un feroce attacco allo Stato, una guerra dichiarata alla Repubblica per vendicarsi del carcere duro, una ferita gravissima inferta all’Italia e al suo patrimonio artistico e culturale”.Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha sottolineato che  “trent’anni segnano un anniversario a cifra tonda, che ci spinge a ripercorrere tutto quello che Firenze ha saputo fare da allora come città e anche coi processi che hanno permesso di individuare i responsabili”.

Secondo il primo cittadino occorre quindi porre in essere un’opera di sensibilizzazione costante. Occorre “andare nelle scuole e ricordare il tratto camaleontico della criminalità organizzata”, perchè parlare della strage dei Georgofili, significa “anche cosa ha significato lo scontro della mafia contro lo Stato e le istituzioni. La mafia c’è ancora e oggi si annida e attecchisce dove c’è economia sana”, ha detto Nardella.Il trentesimo anniversario della strage di via dei Georgofili si connota di un ulteriore significato, è il primo da quando è stato arrestato Matteo Messina Denaro che è ritenuto uno tra i mandanti. I processi, celebrati a Firenze, hanno portato alle condanne degli esecutori materiali (un commando di quattro persone che ebbe una sua base operativa a Prato, dove venne caricato di esplosivo il Fiorino rubato) e anche a chi volle quelle stragi. Totò Riina, Leoluca Bagarella, i fratelli Graviano, Giovanni Brusca, Matteo Messina Denaro e altri.

La strage dei Gerogofili

    • Il 27 maggio 1993 a Firenze, in via dei Georgofili che si trova in pieno centro, a pochi passi dal Museo degli Uffizi, di notte si è udita una grande esplosione in tutta la città. E’ stato fatto esplodere un furgone Fiat Fiorino carico di 250 chili di esplosivo. E’ stata distrutta la Torre dei Pulci, sede dell’Accademia da cui prende il nome.
    Nella torre hanno perso la vita Angela Maria Fiume, custode dell’istituto, e gli altri membri della sua famiglia: il marito Fabrizio Nencioni e le figlie Nadia di nove anni e Caterina di appena due mesi. A causa dell’esplosione è stato incendiato anche un altro edificio dove risiedeva Dario Capolicchio, uno studente universitario di 22 anni che è morto. Quarantotto le persone rimaste ferite.
    Ma non solo, oltre ai morti e feriti l’esplosione ha causato danni al patrimonio artistico-culturale della zona: sia alla Chiesa dei Santi Stefano e Cecilia sia al complesso monumentale degli uffizi.
    Secondo quanto ricostruito con la verità processuale i mafiosi avevano intenzione di iniziare una vera e propria guerra allo Stato con il preciso intento di provocare atti di terrorismo al fine di “costringere lo Stato alla resa davanti alla criminalità mafiosa”. Inoltre, dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio lo Stato aveva reagito introducendo il regime del carcere duro, il cosiddetto 41-Bis e al contempo favorendo collaboratori di giustizia e pentiti. Quest’atteggiamento punitivo  destrutturò la “presunzione di onnipotenza e di libertà” dei capimafia. Da qui la scelta di tentare di “ammorbidirlo”, minacciando i suoi organi con azioni che, “perseverando nella linea dura intrapresa, avrebbero provocato al Paese lutti e distruzioni a non finire”.

La strage di via Georgofili si inserisce all’interno di quello che è chiamato periodo delle stragi, cominciato con Capaci e via d’Amelio e in cui si inseriscono l’esplosione  al padiglione di Arte contemporanea di via Palestro, a Milano (27 luglio 1993), e – a distanza di cinque minuti l’una dall’altra – le esplosioni presso la Basilica di San Giovanni in Laterano e la chiesa di San Giorgio al Velabro, a Roma, a ventiquattrore dall’attentato di Milano.